L’approccio ai mercati emergenti e le modalità e le strategie per trovare le migliori opportunità sono state il tema portante della prima parte della tavola rotonda di Franklin Templeton targata FundsPeople.
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L’approccio ai mercati emergenti e le modalità e le strategie per trovare le migliori opportunità sono state il tema portante della prima parte della tavola rotonda di Franklin Templeton targata FundsPeople.
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Sotto la definizione ‘mercati emergenti’ rientra una molteplicità di Paesi, appartenenti a continenti diversi e molto differenti tra loro sotto numerosi punti di vista, dagli aspetti geopolitici a quelli culturali, a quelli settoriali e socio-economici. Affrontarli in modo disgregato potrebbe essere un modo per fare emergere le caratteristiche vincenti dei singoli, ottenendo dei vantaggi dal punto di vista degli investimenti.
L’approccio ai mercati emergenti e le modalità e le strategie per trovare le migliori opportunità sono state il tema portante della prima parte della tavola rotonda di Franklin Templeton targata FundsPeople.
I commenti sono relativi al contesto del 15 dicembre 2022.
“Negli ultimi anni abbiamo assistito a una fortissima evoluzione dei mercati emergenti, che ormai non sono più visti come un unico grande blocco soggetto a effetti di contagio in caso di crisi” esordisce Marco Mazzetti, responsabile portafogli Fixed Income di Optima Sim, che aggiunge: “E sebbene permangano episodi indiscriminati di acquisto o vendita nelle fasi di mercato risk-on e risk-off, in Optima SIM seguiamo una diversa filosofia. Privilegiamo infatti un approccio selettivo, per fare risaltare le differenze geografiche, settoriali e valutarie, che sono emerse negli ultimi 20 anni tra i diversi paesi, pilotando così l’asset allocation. Ad esempio” prosegue l’esperto, “negli ultimi 18 mesi abbiamo mantenuto elevato l’investito negli emergenti, ma diversificando in particolare sulla Cina e sul renminbi. Mentre la maggioranza dei paesi emergenti è stata impattata negativamente dai rialzi dei tassi operato dalle banche centrali dei paesi sviluppati, dati la sensibilità alle politiche monetarie dei paesi sviluppati e il rafforzamento del dollaro che ne consegue, la Cina si è posta in maniera diversa rispetto agli altri paesi emergenti. Grazie a un bilancio delle partite correnti positivo, uno sviluppo economico più dinamico e un’inflazione contenuta, la Banca Centrale cinese ha potuto permettersi di non alzare i tassi, rendendo pertanto Cina e renminbi particolarmente difensivi”.
1/4“Ritengo che la definizione mercati emergenti sia quanto mai eterogenea, e ospiti al suo interno paesi profondamente diversi” è l’osservazione di Mario Baronci, CAIA, head of Multi Asset di Quaestio Capital SGR, che sottolinea come, a suo avviso, i mercati emergenti si stiano avvicinando sempre di più ai paesi sviluppati per tutta una serie di dinamiche. “Ad esempio, un tempo si riteneva che sotto il cappello dei mercati emergenti si trovassero paesi caratterizzati da forte rischio politico o estrema volatilità. Il 6 gennaio 2021, però, abbiamo assistito all’assalto al Congresso degli Stati Uniti, la democrazia più importante dell’occidente. In Gran Bretagna, dopo la Brexit si sono succeduti cinque cambi di governo e a settembre 2022 la Boe è dovuta intervenire per salvare, letteralmente, il sistema pensionistico inglese causando un inusitato apprezzamento del benchmark Linker 2068 pari a 141% in due giorni. Ma ci sono altri aspetti per cui possiamo confrontare i paesi emergenti con i paesi sviluppati. Ad esempio”, prosegue “c’è una chiara simmetria tra dollaro e renminbi, che in un futuro, magari non prossimo, rivaleggeranno come riserva di valore, cosi come franco svizzero e dollaro di Singapore si contrappongono come safe haven. Per quanto riguarda il carry, i paesi sviluppati hanno la sterlina e il dollar block (Nuova Zelanda, Australia e Canada), gli emergenti hanno Brasile, Messico e Sudafrica, mentre lato funding, lo Yen si contrappone al Won sudcoreano. Vediamo una sorta di convergenza tra i due mondi, pur con le rispettive eterogeneità all’interno. La vera partita, nel prossimo decennio, si giocherà tra chi ha le commodity e chi no, e al momento gli emergenti sono decisamente favoriti” conclude.
2/4“L’approccio disgregato ai mercati emergenti ha sicuramente pagato in questi anni, e pensiamo lo farà anche in futuro. In Generali, per investire su questi mercati facciamo riferimento a tre pillar: solidità dei fondamentali, ad esempio i mercati di frontiera sono solitamente approcciati solo su mandati specialistici, relative value e, infine, sostenibilità, che non si è mai rivelata importante come in questo momento nell’approccio ai mercati emergenti” commenta Enrico Scarin, head of Asset Allocation and Quantitative Solutions di Generali Insurance Asset Management. “Anche la tipologia di cliente rappresenta un input di rilievo. Lato fondi pensione, unit linked e mandati assicurativi liability-driven, gli investimenti obbligazionari diretti sugli emergenti sono estremamente selettivi, con forte focus sui fondamentali, un approccio che si è rivelato ancora più valido in un contesto di politiche monetarie restrittive e di rischio geopolitico. Storicamente abbiamo preferito focalizzarci su paesi con ampia capacità di assorbire shock esterni” prosegue il manager, “quali ad esempio l’area CEE, mentre Asia e America Latina sono stati affrontati con approccio più opportunistico e tattico. Per quanto riguarda i corporate bond sui mercati emergenti, ci basiamo su analisi indipendenti, sia da parte del team di ricerca interna, sia da provider esterni. Il nostro modello di ricerca proprietaria stima il rating interno del paese con un approccio forward-looking e oggi copre circa 70 paesi con rating da AAA a C, supportando i gestori in modo indipendente con giudizi quantitativi basati sui dati della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. Integra fattori ESG e include diverse variabili come ricchezza pro capite, politiche fiscali, indipendenza delle banche centrali, disequilibri esterni”.
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Secondo Demis Todeschini, senior ETF sales specialist per l’Italia di Franklin Templeton, negli ultimi 20 anni i mercati emergenti sono cambiati profondamente, “in particolare i Paesi di grandi dimensioni come Cina e India, che ora presentano una classe media più abbiente, consumi interni più robusti e una minore dipendenza dalle esportazioni verso i paesi industrializzati. Storicamente, sono Paesi accomunati da diversi fattori, e fino agli anni ‘90 la decorrelazione con il blocco dei mercati emergenti dava un valore aggiunto. Via via, però, i mercati emergenti hanno iniziato a somigliare sempre più a quelli sviluppati, in particolare in ambito tecnologico, tanto che oggi guardiamo Taiwan e Corea se cerchiamo i campioni nei semiconduttori o negli smartphone. Gli indici tradizionali” prosegue l’esperto, “la cui asset allocation è basata soprattutto sulla capitalizzazione delle società, rappresentano di fatto questi paesi come un blocco, sempre più correlato ai paesi sviluppati. Pertanto, per ottenere maggiore diversificazione è opportuno fare emergere le differenze. Quest’anno abbiamo visto performance nettamente diverse all’interno dei differenti Paesi. E ci sono state anche diverse reazioni rispetto al conflitto Russia-Ucraina: se da un lato la questione energetica ha avuto impatti differenti tra paesi produttori di commodity come Brasile e paesi importatori come Cina e India, dall’altro lato Corea e Taiwan sono bisognosi di materie prime legate all’industria di chip e semiconduttori, come il neon, i cui primi produttori al mondo sono Ucraina e Russia”. Per Todeschini, le differenze si estendono anche ad altri ambiti, dall’intensità di capitale alle dinamiche demografiche, all’utilizzo della tecnologia, e influenzano le performance sui mercati sia azionari sia obbligazionari. “Esiste la possibilità di investire in maniera parcellizzata sui singoli paesi, senza seguire pedissequamente la rappresentazione che ne danno gli indici onnicomprensivi di tutti i paesi emergenti, ma servono strumenti in grado di investire in modo preciso su ciascun paese. Oggi noi proponiamo ETF azionari che replicano gli indici dei singoli paesi, in grado di offrire l’efficienza tipica degli ETF inserendosi in uno spazio non ancora esplorato da questi strumenti”.
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