Azionario Russia in caduta: qual è la risposta dei gestori di fondi?

Cremlino News
Michael Parulava, immagine ceduta (Unsplash)

L'invasione russa dell'Ucraina e la relativa risposta dei Paesi occidentali attraverso delle sanzioni economiche hanno sconvolto i mercati. E questo drammatico conflitto sta rappresentando un vero e proprio stress test in tempo reale per i gestori di fondi azionari attivi, i cui portafogli sono esposti alla Russia. “Come previsto, le azioni russe sono state vendute pesantemente quando la notizia della crisi è stata diffusa”, spiega Samuel Meakin, associate director of Equity Fund Strategies di Morningstar.

La società di analisi e consulenza, alla luce delle vendite di titoli russi e delle sanzioni occidentali, ha esaminato i cambiamenti nei portafogli dei fondi sui mercati emergenti più esposti all’asset class e che detengono l’Analyst rating di Morningstar.

Inoltre, si è messa in contatto diretto con i gestori per sentire le loro opinioni sull’andamento del mercato e per conoscere le misure che hanno intrapreso. “Alcuni gestori con esposizione alle azioni russe hanno ridotto significativamente le allocazioni. Altri possono aver aggiustato le ipotesi delle loro idee d'investimento e le stime di valutazione, ma hanno mantenuto le loro partecipazioni. In alcuni casi, si tratta di entrambe le cose, con decisioni prese su base settoriale o aziendale”, continua Samuel Meakin.

Tuttavia, quello che risulta chiaro al momento della stesura di quest’articolo è che la capacità di negoziare queste azioni è ora praticamente impossibile. MSCI ha anche annunciato che, a partire dal 9 marzo 2022, il mercato russo sarà rimosso dai suoi indici dei mercati emergenti.

Impatti sull'asset class

I principali gestori azionari dei mercati emergenti globali tendono ad avere un'esposizione limitata alle azioni russe. “Per questo motivo, non è stato necessario sospendere le negoziazioni e i gestori hanno segnalato condizioni di negoziazione relativamente normali in termini di afflussi e deflussi di capitale”, continua Samuel Meakin. Tuttavia, siccome i fondi con negoziazione giornaliera devono produrre NAV giornalieri, il prezzo delle partecipazioni russe è ora diventato un problema. “Laddove non sono disponibili i prezzi dei fornitori per le azioni russe o per i corrispondenti GDR, alcuni asset managers hanno dichiarato che cercheranno di applicare la variazione percentuale degli ETF (exchange-traded funds) russi, come indicatori delle performance di tali posizioni”, spiega l’esperto.  

Timore per uno shock inflazionistico

Gli analisti di Morningstar si sono messi in contatto con i gestori dei fondi che la società prende in esame sui mercati emergenti globali per conoscere i loro pensieri sulle implicazioni di mercato e le azioni che hanno intrapreso nei loro portafogli. “C'è un chiaro consenso sul fatto che la situazione rimane molto fluida e incerta”, dice Meakin. “Le sanzioni imposte alla Russia sono considerate significative e potrebbero seguirne altre, quindi i gestori rimangono attenti a dove potrebbero esserci ulteriori impatti”, continua. “C'è anche accordo sugli effetti inflazionistici globali, data la quota globale di produzione di petrolio e gas della Russia, e il potenziale di uno shock inflazionistico significativo che potrebbe persistere più a lungo di quanto precedentemente previsto”, osserva. “Per quanto riguarda i titoli russi, i gestori hanno ruotato i loro portafogli in base alle loro particolari posizioni e punti di vista di partenza, assimilando e applicando nuove informazioni man mano che gli sviluppi tracciano il loro corso attualmente incerto”, dice.

Le azioni intraprese dai gestori

GQG Partners Emerging Markets Equity, ha ridotto drasticamente la propria esposizione alla Russia. La quota del fondo era pari a circa il 16% delle attività nel dicembre 2021, secondo le informazioni sul fondo, ma recentemente, l'azienda ha riferito di avere solo circa il 3,7% degli asset in Russia.

Fidelity Emerging Markets è arrivata alla crisi Russo-Ucraina con una sovraesposizione alla Russia rispetto al benchmark MSCI Emerging Markets (7,6% contro 3,3% a fine gennaio 2022). Da quel momento, sono riusciti a ridurre la loro esposizione sull’azionario russo che ora ammonta a circa il 2% e proviene da cinque partecipazioni: Sberbank, Gazprom, TCS Group, Novolipetsk Steel e Phosagro.

James Syme, gestore del JOHCM Global Emerging Markets Opportunities ha ridotto sostanzialmente l'esposizione alle commodities. A fine gennaio, l'allocazione del fondo in Russia era di circa il 4,7%, rappresentando una sovraponderazione dell'1,4% rispetto all'indice, attraverso posizioni in Gazprom GDRs (2,3%), Sberbank GDRs (1,7%) e Globaltrans GDRs (0,7%). Da allora l'esposizione è diminuita: ad esempio, Sberbank è stata venduta e il gestore ha dichiarato di non avere esposizione a titoli sospesi (nel momento in cui l’analisi è stata compilata).

Alcuni gestori sono arrivati alla crisi Russo-Ucraina con posizioni sottoesposte in Russia, come il fondo JPM Emerging Markets, gestito da Leon Eidelman. La strategia è stata storicamente sottoesposta alle società energetiche e materiali di base rispetto all'indice. “Questi nomi tendono ad essere evitati perché sono sensibili al prezzo delle materie prime, quindi privi di potere di determinazione dei prezzi e sono considerati poco attraenti dal punto di vista della governance aziendale”, spiegano da Morningstar. A fine gennaio, l'unica esposizione del fondo alla Russia era la sua posizione dell'1,1% in Sberbank; alla fine di febbraio, il fondo non aveva esposizione al Paese.

La quota di Invesco Developing Markets in Russia è scesa a circa il 4% a fine febbraio, dal 9% di fine 2021. “Nonostante le turbolenze, al gestore del fondo piacciono ancora i due titoli che rappresentavano l'80% dell'esposizione del fondo alla Russia: Yandex e Novatek, che sono entrambi precipitati”, rivelano da Morningstar.

Il caso di Sberbank

Sberbank, una delle azioni russe più detenute, è uno dei maggiori obiettivi delle sanzioni perché lo Stato ne possiede la metà. La banca è riuscita a operare entro i limiti delle sanzioni imposte dopo l'annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014. “Le restrizioni stabilite la scorsa settimana impediscono all'istituto di effettuare transazioni con le banche statunitensi (le banche europee potrebbero ordinare ingiunzioni simili), il che potrebbe incidere sul suo valore intrinseco. Tale valore potrebbe diminuire ulteriormente se la banca fosse una delle istituzioni rimosse da SWIFT”, analizza Morningstar.

Tuttavia, il comitato d'investimento del fondo Brandes Emerging Markets Value non crede necessariamente che il valore del titolo di Sberbank sia stato definitivamente alterato, dato che la banca è tuttora dominante nel mercato russo, con un forte bilancio supportato per lo più da depositi locali e un rendimento del 22% sul patrimonio netto. “Come alternativa a SWIFT, la Russia potrebbe ricorrere al suoproprio sistema di pagamento o alla rete cinese”, rivela. Oltre a Sberbank, il fondo possedeva una grande compagnia petrolifera e alcune aziende locali che dovrebbero essere meno vulnerabili alle sanzioni dirette, come le telecomunicazioni come la società di telecomunicazioni Mobile TeleSystems, la holding Sistema e il rivenditore di giocattoli e prodotti per bambini Detskymir.