Secondo la quarta indagine conoscitiva condotta da Banca d’Italia le banche costituiscono i principali soggetti investitori, con il 95% della spesa. Società di gestione all’1,1 per cento.
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La spesa per investimenti in fintech nel sistema finanziario italiano è stata pari 600 milioni di euro nel biennio 2021-2022. La quota, secondo le stime di Banca d’Italia, lievita a 901 milioni nel 2023-2024, e sono previste spese per ulteriori 380 milioni a partire dal 2025. Il termine non è noto, ma finora il dato si attesta intorno a 1,88 miliardi di euro di spesa per 430 progetti (il 63% dei quali totalmente nuovo), con un andamento dal biennio 2017-2018 (anno in cui è stata fatta la prima rilevazione) che vede nell’attuale periodo di tempo una prima contrazione degli investimenti rispetto ai ricavi attesi, che si attestano a 340 milioni di euro nel biennio 2021-2022 e a 709 milioni in quello successivo. “A partire dal 2025 i progetti dovrebbero generare ulteriori ricavi per quasi 1,1 miliardi”.

L’impegno (anche in termini di investimento) del settore è rilevabile dalla quarta indagine conoscitiva condotta da Palazzo Koch nel 2023 sul fintech nel sistema finanziario italiano, che ha coinvolto, oltre all’intero sistema bancario del nostro Paese anche 67 intermediari non bancari (incluse, tra le altre SGR e SIM) selezionati in base a volumi di attività e modello di business.
Attese su consulenza e gestione dei portafogli
E proprio l’ambito della consulenza e della gestione dei portafogli finanziari guadagna interesse nelle dinamiche del fintech quando si vanno ad analizzare gli effetti degli investimenti del settore sulle singole aree di business. In particolare se si guarda all’evoluzione dei progetti di robot process automation (RPA) le principali ricadute sono attese sui rischi operativi. Da un lato con una riduzione delle frodi e delle spese legali, che avranno come conseguenza anche un miglioramento dei profili reputazionali dell’intermediario; dall’altro, tuttavia, si prevede un aumento del rischio legato all’outsourcing ICT in considerazione del crescente ricorso a fornitori in cloud. “La gestione del rischio di terze parti diventa pertanto un aspetto fondamentale in un ecosistema caratterizzato da frequenti collaborazioni con partner tecnologici”, scrive Bankitalia.
Dove vanno gli investimenti
Tra le aree di business cha hanno attratto le maggiori risorse economiche, quelle dell’intermediazione e dei pagamenti attraggono rispettivamente il 43,7 e al 39,4% del totale degli investimenti. Mentre in termini di numerosità dei progetti l’area prevalente è quella delle operation (un quarto dei progetti). Tuttavia, resta limitata l’incidenza della spesa in tecnologie fintech in rapporto ai costi operativi, così pure l’impatto dei ricavi attesi sul margine di intermediazione che non superano l’1 per cento.
I progetti più rilevanti nell’area dell’intermediazione hanno avuto come obiettivo prevalente la digitalizzazione e l’automazione del processo del credito, dalla richiesta del prestito alla sua erogazione sino all’eventuale gestione dei crediti problematici e in sofferenza (digital lending). Nei pagamenti le innovazioni più ricorrenti hanno riguardato gli instant payments e l’integrazione degli strumenti di pagamento all’interno di wallet digitali. I progetti legati alle operations, basati principalmente sull’AI e sulla RPA, hanno interessato i processi di back office e le interazioni con la clientela (attraverso i chatbot).
Polarizzazione in atto
Bankitalia rileva tuttavia come il processo di trasformazione digitale del sistema finanziario, per quanto in espansione, risulti “quantitativamente limitato e polarizzato”. Il riferimento va alla percentuale di 5 punti nel 21-22 (ridotta sul totale, dunque) di spesa relativa all’acquisto di software, hardware, impianti tecnologici e per il funzionamento dei sistemi IT. “Questo andamento – scrivono gli analisti – potrebbe indicare sia una minore propensione degli intermediari a intraprendere progetti innovativi in un contesto di generale rallentamento dell’economia sia una maggiore capacità degli intermediari di selezionare progetti innovativi verso cui destinare maggiori risorse”.
Chi investe di più? Le banche
Le banche costituiscono i principali soggetti investitori, con il 95% della spesa complessiva (il 76,5 nella precedente indagine), seguono le società finanziarie (2,4%), le società di gestione (1,1%), gli IP e gli IMEL (1,4%), infine le SIM, con una quota marginale (0,2%). Inoltre, la quota di spesa riconducibile ai primi dieci investitori è ulteriormente cresciuta, raggiungendo l’87,5 per cento del totale e il peso dei primi cinque intermediari è cresciuto anche più intensamente: dal 61,9 al 81,0%. Si rileva anche minore varietà tra questi soggetti, tra cui non figurano intermediari non bancari, come le SGR, gli IMEL e le finanziarie ex art. 106 TUB.
Aumentano le collaborazioni
L’istituto rileva anche un aumento delle collaborazioni con soggetti terzi (come imprese e provider tecnologici) rispetto alla precedente rilevazione biennale. Negli ultimi due anni è aumentata sia la percentuale di intermediari che ha stretto un rapporto di collaborazione (dal 46 al 51%) sia il numero di accordi (da 330 a 470). Un’ulteriore opzione per realizzare i progetti fintech è rappresentata dall’acquisizione diretta di partecipazioni in aziende specializzate nella fornitura di servizi tipici dell’information technology: il valore nominale delle quote ammonta a 1,11 miliardi, pari a cinque volte quello osservato nel 2021.
Le tecnologie
Nel dettaglio delle tecnologie, la maggior parte dei progetti va in direzione di piattaforme web-mobile (20,5%). L’intelligenza artificiale veicola il 16,5% degli investimenti, seguita dalle application programming interfaces (API) con il 14,9 per cento. Emerge uno spostamento di interesse (e di investimento), dunque, verso le piattaforme web-mobile e sull’AI, ma anche sulle firme digitali, sulle DLT e i sui big data. Calano per numero e valore i progetti dedicati a API (che pure costituiscono le tecnologie di riferimento su cui si basano poco più della metà dei progetti). I progetti legati al cloud computing, pur divenendo meno numerosi, sono cresciuti in termini di spesa.
Il tema dell’open banking
Calano le risorse indirizzate a nuovi progetti di open banking, passate da 156 milioni della precedente rilevazione agli attuali 46 milioni. Le nuove iniziative sono riconducibili, oltreché ai servizi di pagamento, all’impiego delle identità digitali, allo sviluppo di portafogli digitali e di soluzioni tecnologiche di supporto del business. Ancora limitati i progetti per l’open finance.
Il contrasto al riciclaggio
Sale la quota di intermediari che impiega o sviluppa tecnologie per adempiere agli obblighi di antiriciclaggio (AML) passando dal 62 all’80 per cento. Le soluzioni più ricorrenti, rimarca Bankitalia, riguardano l’adeguata verifica a distanza, per cui si osserva un crescente utilizzo delle identità digitali (SPID e CIE), e una maggiore automazione nella raccolta dei dati della clientela attraverso tecnologie come il riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) e le firme digitali. Un incremento significativo ha interessato anche le tecnologie cloud, impiegate per la conservazione dei dati, mentre più contenuti sono stati gli incrementi relativi all’utilizzo dell’AI e alla condivisione delle informazioni nell’ambito dell’adeguata verifica e del monitoraggio dell’operatività della clientela.