Oggi si celebra la prima riunione annuale della BCE. Alcuni esperti di SGR esaminano le attuali condizioni economiche e fanno una previsione su quello che potrebbe fare nel 2017.
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Oggi si celebra la prima riunione annuale della principale autorità monetaria dell’Eurozona. Quest’inizio dell’anno è un po’ diverso dallo scorso, principalmente per tre motivi: anche se sotto l’obiettivo del 2%, l’inflazione sta salendo nella zona euro; per la prima volta da anni si evidenzia la possibilità di dare più spazio alla politica fiscale piuttosto che monetaria e infine c’è quasi un implicito riconoscimento della limitata efficacia dei tassi negativi per rilanciare l'economia reale. Alcuni esperti delle società di gestione esaminano le attuali condizioni economiche e fanno una previsione su quello che potrebbe fare la BCE nel 2017, o almeno nella prima metà dell'anno.
Un QE più lungo, ma più piccolo
Da Vontobel, il gestore Mondther Bettaieb afferma che, se anche “i rischi di deflazione si sono certamente dissolti”, il suo parere è che "il QE non si concluderà quest’anno, visto che le dinamiche di inflazione generale rimangono ancora molto deboli in Europa." Bettaibeb ritiene che "l'espansione fiscale dovrebbe essere più difficile in Europa nel 2017 ed è improbabile che a causi pressioni inflazionistiche, dato che quest’anno in Europa si verificheranno molti eventi politici".
Bettaieb fa notare un fatto particolare - anche se non tanto quanto la modifica del formato di QE - che si è verificato durante la riunione della BCE di dicembre: "Ai primi di dicembre, la BCE ha fissato le sue previsioni di inflazione per il 2019 per la prima volta all’1,7%, che sarebbe comunque sotto il suo obiettivo, sottolineando che questa stima è legata alla prosecuzione di una politica monetaria espansiva". La conclusione raggiunta dal manager è che "la BCE potrebbe ridurre ulteriormente i propri acquisti, a circa 25 miliardi al mese nel 2018, forse qualcosa in più nella prima metà dell'anno e meno nella seconda parte". Tuttavia, Bettaieb avverte che questa decisione "dipenderà dai progressi di inflazione quest'anno o la mancanza di progressi, e di certo la BCE non metterà fine al suo programma in maniera repentina”.
Il parere di Cosimo Marasciulo, responsabile del comparto obbligazionario europeo di Pioneer Investments, introduce un aspetto in più: "È probabile che la BCE ridurrà il numero di titoli sovrani che acquista, ma non di corporate bond perché il programma CSPP ha avuto molto successo. Crediamo che nel corso del 2017 e del 2018 seguirà il tapering". Nonostante il miglioramento dell'inflazione, Marasciulo non crede che i tassi di interesse verranno toccati. "La BCE può permettersi di alzare i tassi quest'anno, o per lo meno non farà nulla nel primo semestre". Secondo l'esperto c’è uno motivo che spiega perché Draghi sembra più disposto a modificare il programma di acquisti piuttosto che i tassi d’interesse: "Non c'è alcun problema con i tassi, ma ne esiste uno con il QE (cioè il PSPP, l’acquisto del debito sovrano). In questo programma d’acquisto c’è una pressione politica. Se si riduce il numero di obbligazioni sovrane che acquistano non ci saranno influenze dirette sull’euro, ma se il tasso d’interesse si avvicinasse un altra volta a 0 si potrebbe avere un impatto sulla moneta unica, perché si insaprirebbero le condizioni finanziarie".
Cosa aspettarsi oggi?
Per Franck Dixmier, global head of fixed income di Allianz Global Investors, la BCE non cambierà politica monetaria, ma manterrà “una linea d’azione che confermerebbe l'impegno della BCE in un orizzonte a lungo termine sui mercati obbligazionari”.
Per Dixmier questa strategia è spinta principalmente dalla “debolezza dell'inflazione dell'Eurozona che, attestandosi secondo le ultime pubblicazioni allo 0,9%, rimane lontana dall’obiettivo a medio termine del 2%. Inoltre, la dinamica di crescita positiva evidenziata dai principali indicatori non è sufficiente a cambiare approccio in modo significativo. In particolare, i numeri circa la creazione di posti di lavoro sono troppo deboli per determinare un incremento salariale sufficiente ad accrescere l'inflazione di base”. In questo contesto, secondo l’esperto il discorso di Mario Draghi “confermerà una linea dovish, mantenendo aperta la possibilità di ricorrere a qualsiasi opzione la situazione potrebbe rendere necessaria”.