Brexit, più benefici sul mattone di Parigi e Francoforte. Seguono Madrid e Milano

londra

La Brexit potrebbe aiutare il mercato immobiliare delle principali capitali europee. Anche se non nell’immediato. Il risultato viene da un sondaggio organizzato da Scenari Immobiliari tra cento gestori immobiliari in Europa (60) e in Italia (40). La larga maggioranza del panel prevede “un notevole impatto sui mercati immobiliari britannici soprattutto di Londra per quanto riguarda domanda e quotazioni”. Il rallentamento è attribuibile soprattutto al probabile spostamento delle istituzioni finanziarie nell’Europa continentale con i riflessi su forza lavoro e domanda di uffici e immobili residenziali. Di conseguenza l’aumento degli investimenti dovrebbe comportare un aumento di domanda e quotazioni di uffici a Parigi, Francoforte, Madrid e Milano.

Ma il quadro è ancora pieno di incertezze. “La Brexit è un ulteriore elemento di incertezza in un contesto già fragile”, commenta Luca Dondi, direttore generale di Nomisma. Secondo l’esperto, per il momento, l’immobiliare non sarà percepito come potenziale bene rifugio perché troppo connesso alla dinamica degli investimenti: “l’idea che l’immobiliare possa rappresentare in questo quadro un settore rifugio al riparo dalle turbolenze è superata dalle interdipendenze tra mercati e dal peso delle componenti finanziarie nelle dinamiche di investimento”. Tutto o molto dipenderà dalle decisioni di Mario Draghi e dalla tenuta complessiva della Comunità.

Sta di fatto che se nel medio termine il Vecchio Continente potrà avere beneficio da tutta questa turbolenza, nel breve sarà la Gran Bretagna a trarne vantaggio. Oltre tre quarti del campione utilizzato da Scenari Immobiliari, infatti, ritiene che “il deprezzamento della sterlina, il conseguente calo dei prezzi e la minore concorrenza tra investitori dovrebbe comportare un notevole aumento degli investimenti opportunistici a breve termine nel Regno Unito”. Più contraddittorie le opinioni relative all’impatto sugli investimenti long term in un arco temporale di medio periodo. Quasi la metà del campione prevede un calo di entità modesta, mentre un terzo ritiene che, dopo un breve periodo di incertezza e di posticipazione delle decisioni di investimento, il mercato ritroverà il suo equilibrio e gli effetti saranno modesti. Percentuali più basse, infine, ipotizzano un crollo degli investimenti nel Regno Unito o un lieve aumento. È opinione unanime, tuttavia, che gli effetti reali saranno valutabili solo alla fine dei due anni di transizione, essendo fortemente legati al modo in cui il processo di uscita dall’Unione Europea verrà negoziato.

Già nel primo trimestre del 2016 gli investimenti nei settori residenziali nel Regno Unito sono calati di un terzo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Circa il settanta per cento degli intervistati si aspetta lo spostamento di una parte dell’interesse degli investitori europei ed extra-europei dal Regno Unito ad altri Paesi europei. È convinzione comune che “i maggiori benefici andranno ai mercati più liquidi, soprattutto tedesco e francese, che da diversi anni seguono il Regno Unito nella classifica delle nazioni che attirano la quota più consistente di investimenti. Nell’Europa del Sud si prevede un forte afflusso di capitali in Spagna e, in misura minore, in Italia. D’altra parte, è consistente la percentuale di operatori che non prevede variazioni significative nell’asset allocation, ritenendo più probabile un generalizzato rallentamento delle strategie di investimento delle società più importanti”. La larga maggioranza del panel prevede un notevole impatto di Brexit sui mercati immobiliari britannici, soprattutto di Londra, per quanto riguarda sia la domanda che le quotazioni. Il rallentamento è attribuibile soprattutto al probabile spostamento delle istituzioni finanziarie nell’Europa continentale e delle sedi di un alto numero di società europee, con riflessi importanti sulla forza lavoro, soprattutto straniera e, dunque, sulla domanda di uffici e immobili residenziali.

All’effetto Brexit si aggiunge la flessione della domanda da parte dei fondi sovrani dei Paesi produttori di petrolio, che avevano guidato gli investimenti nella capitale inglese per un lungo periodo mentre recentemente hanno ridotto l’esposizione a causa del crollo dei corsi petroliferi. “L’aumento degli investimenti, ma soprattutto lo spostamento delle sedi delle società europee, dovrebbero comportare un aumento della domanda locativa, e dunque delle quotazioni, di uffici in altre città e, anche in questo caso, è opinione comune che Parigi, Francoforte, Madrid e Milano trarranno i maggiori benefici. In seconda battuta sono citate le capitali del nord Europa”. Gli effetti sul mercato residenziale sono più difficili da anticipare, date le molte variabili in gioco (ad esempio i tassi sui mutui). Comunque la maggioranza degli operatori intervistati ritiene che la domanda residenziale di lusso crescerà a Parigi, Berlino, Madrid e Roma. Infine, in Italia le transazioni tra privati non dovrebbero subire danni da questo evento. Diversa la situazione per le grandi transazioni, che potrebbero rallentare in attesa della risposta delle istituzioni europee.