Cataldo (Pioneer): “L’absolute è un concetto che funziona sempre, non solo nell’attuale contesto”

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Il 2014 è stato l'anno del multi-asset. Quest’anno fare performance è più complesso, a cominciare dalla grande volatilità di mercato e dal fatto che i rendimenti in ambito fixed income sono sempre più bassi,  se non negativi. I principali asset manager stanno quindi puntando su nuove strategie, come le smart beta, o appunto quelle absolute return UCITS dove si sfruttano i vantaggi dell'investimento alternativo. Ecco la view di Pioneer Investments illustrata da Davide Cataldo, head of absolute return multi strategy.

È il momento di investire in absolute return?

L’absolute è un concetto che funziona sempre, non solo adesso. Si basa su un principio semplice: non perdere soldi in un momento in cui il mercato è cresciuto molto e i rendimenti sono stabili. Per un investitore che ha in mente di capitalizzare quanto fin’ora accumulato, i fondi absolute return possono essere la soluzione giusta. Data la loro natura, tali fondi sono oggi al centro dell’attenzione perchè molti investitori, persino quelli più evoluti, cercano soluzioni alternative per generare rendimenti, soprattutto con l’attuale livello di rendimenti compressi. La risposta “absolute” è corretta nel momento in cui l’investitore non ricerca solamente la direzionalità dei mercati. Nei nostri fondi, c’è una componente che è allocata in modo tradizionale, in base a quella che è la nostra view sul ciclo ecomonico e sui mercati finanziari,  ma gran parte del nostro budget di rischio è allocato su strategie non direzionali, le cosidette alpha strategies. Si tratta di posizioni  relative value, tattiche , più di breve termine.

Qual è la soluzione di investimento più coerente in questo contesto di mercato?

Una cosa che teniamo in considerazione quando costruiamo i portafogli in questa fase è la grande distorsione che hanno introdotto le Banche centrali con l’intervento di QE. In America dove il QE è stato portato a termine, i titoli che scadono vengono reinvestiti. In Europa siamo solo all’inizio e per il momento l’effetto prodotto è quello dei bassi rendimenti, mentre in Giappone, dove siamo a metà strada, abbiamo assistito a una risalita dell’equity. Mantenere le curve dei rendimenti a livelli così compressi ha conseguenze su tutte le attività, perchè i tassi di interesse influenzano i premi per il rischio sull’equity, sul credito e sugli emerging markets: questo genera asset inflation. Riassumendo, le Banche centrali hanno cominciato il QE per motivi di sostentamento dell’economia reale ma l’effetto principale in realtà lo si vede sugli asset finanziari. Sull’ecomonia reale tendo a concordare con quelli che dicono che il QE ha un effetto limitato, però sicuramente ha evitato il disastro. 

Cosa si aspetta dal QE di Draghi? Funzionerà? 

Il QE ha già un effetto inmediato: nel 2011 l’Europa veniva accusata di non avere una Banca Centrale. Con l’azione di Draghi, sviluppatasi nel corso dei mesi con diversi interventi,  fino ad arrivare al QE, l’Europa ha adesso una Banca Centrale in grado di monetizzare il debito. Per questo motivo il QE si può quindi considerare un successo. Si comincia a parlare di crescita migliore anche se non ancora sostenuta in Europa, in particolare nei paesi periferisci e questo dovrebbe creare quel circolo virtuoso e favorire lo sviluppo. Il rischio maggiore, evidenziato da molti osservatori, è che quando tutte le economie ripartiranno, la Banca centrale potrebbe perdere il controllo di tutta questa massa di moneta iniettata nel sistema e ciò, presto o tardi, potrebbe creare inflazione.

I fondi devono aiutare l’economia reale?

Il sostegno all’economia reale e la creazione di  un collegamento ancora più stretto tra risparmio e finanziamento alle imprese sono alcuni dei temi che stiamo affrontando già da qualche anno sia come società di gestione che a livello di industria. Con la nascita dei fondi che investono in “minibond”, un segmento nel quale operiamo già da più di un anno, siamo andati incontro a due esigenze: quella di diversificazione in prodotti innovativi manifestata dai clienti e quella di finanziamento delle piccole e medie imprese. Proprio nell’ultimo mese, abbiamo diversificato ulteriormente il portafoglio del nostro fondo specializzato in minibond “Pioneer Progetto Italia”  con la sottoscrizione di due emissioni di due eccellenze nel panorama delle PMI italiane che operano rispettivamente nel settore vinicolo (Cantine Moncaro) e della meccanica ad alto contenuto tecnologico (CMD). I fondi minibond sono però sottoscrivibili da investitori qualificati o istituzionali. Per allargare la platea di risparmiatori, guardiamo con interesse agli ELTIFS, strumenti finanziari europei che, nel rispetto di specifiche condizioni, potranno essere sottoscritti anche da investitori retail e che consentiranno di canalizzare su nuovi prodotti una domanda di investimento in strumenti, come i “loans”, che oggi non è possibile inserire nei fondi tradizionali.

In quali asset ci sono le maggiori opportunità?

È rimasto valore nelle parti extra lunghe delle curve e nell’equity. Poi ci sono gli high yield e gli emerging market, con il rishio però che queste asset class potrebbero presentare problemi di liquidità. Tanto più bassa è la volatilità, tanto più ha senso giocarsi il carry, ovvero comprare rendimento fine a se stesso. Tanto più prolungato è il periodo di bassa volatilità, tanto più probabile è che questa aumenti e che si crei così il bisogno di liquidare le posizioni. Nei nostri portafogli non ci sentiamo quindi di esagerare con la ricerca di rendimento su strumenti poco liquidi, como gli high yield e gli emerging markets. L’equity rimane un asset interessante, perchè ha dimostrato sempre di avere una buona liquidabilità. 

Altro elemento di rischio è rappresentato dalle possibili azioni della Fed. Storicamente ogni volta che la Fed ha alzato i tassi ci sono state correzioni sui mercati più o meno accentuate. Nel ‘94, molto accentuate, nel 2004 più contenute, ma lì eravamo in una fase di crescita impetuosa con la Cina che creava domanda globale, soprattutto di commodities. C’è da capire in questa situazione quale sarà l’impatto dell’aumento dei tassi, ma di sicuro è un fattore di rischio. L’abbiamo visto a maggio e giugno 2013 con il famoso ‘tapering scare’. Per quanto riguarda l’asset allocation, puntiamo cautamente su equity sulle scelte di duration.  Quanto agli emerging market, siamo piuttosto selettivi e attualmente abbiamo concetrato i nostri investimenti sul Far East, in particolare Cina, India e Hong Kong. Importante è avere un  portafoglio molto diversificato per non essere esposto a rischi specifici. È compito di noi asset manager andare a trovare il valore nascosto, con degli strumenti di analisi che difficilmente un investitore individuale possiede.

Come viene gestita la volatilità all’interno delle vostre strategie?

La prima regola di risk management è quella di una buona diversificazione. Questo è un principio base a cui ci si deve sempre ispirare. Nei momenti di bassa volatilità è possibile, ad esempio, comprare opzioni perchè sono relativamente convenienti e possono essere utilizzate per proteggere i portafogli. In questo modo raggiungiamo il doppio obiettivo di smussare la volatilità di breve periodo poichè le opzioni si aggiustano in base ai movimenti del mercato e, in secondo luogo, se ben strutturate, le opzioni possono proteggere anche da eventi estremi. 

Su che tipo di strategia state puntando esattamente?

Abbiamo un  portafoglio in cui abbiamo ridotto diverse posizioni. Cominciando dalla duration. 
Abbiamo poi una buona esposizione in azioni, soprattutto sui mercati europei. Siamo posizionati sia a livello direzionale che in termini di relative value. Anche l’esposizione al dollaro americano è stata più che dimezzata. Sull’equity preferiamo i settori un po’ più ciclici, poichè crediamo nel recupero dell’economia europea.  Poi ci piacciono  anche il settore finanziario e quello delle small cap. Tra le tematiche più di lungo periodo, abbiamo in portafoglio la robotica, lo shale gas (non i titoli legati direttamente all’estrazione ma piuttosto titoli che possono beneficiare dell’energie più economiche), il turismo in Giappone e il real estate.