Catalexit, quale potrebbe essere l’effetto sui mercati finanziari?

catalogna
Marc Sendra Martorell, Unsplash

Una domenica di grande tensione, oltre che di rammarico per gli episodi di violenza perpetrati nel confronti della popolazione catalana e che hanno fatto il giro del mondo, è quella che ci lasciamo alle spalle e che ha rappresentato il culmine della vicenda Catalexit. Una partita molto sentita sia sul piano politico sia su quello economico, considerato che la Catalogna, regione più ricca della Spagna, contribuisce alle entrate fiscali per il 17% e ha un’economia estremamente florida.

Non è bastata la chiusura di 319 seggi a frenare i 2,2 milioni di catalani (su un elettorato di 5,3 milioni) che lo scorso 1° ottobre sono riusciti a recarsi alle urne per partecipare a una consultazione illegale - lo stesso premier Mariano Rajoy non ha esitato a definirla “una messa in scena” - nella quale è stato chiesto loro di pronunciarsi a favore o meno di una Catalogna indipendente. Lo spoglio parziale del referendum vedrebbe i SÌ al 90% ma come fa notare Brendan Lardner, active fixed income portfolio manager di State Street Global Advisors, “la partecipazione ha riguardato solo il 43% dell'elettorato, il che suggerisce che la maggioranza di quelli che si oppongono all'indipendenza non ha votato”.

Tra le principali conseguenze del referendum di domenica, l’esperto cita il sell-off dei titoli di stato spagnoli e dell’euro all’apertura dei mercati lunedì mattina. Inoltre, le modalità utilizzate dalle forze dell’ordine per ostacolare il voto hanno generato dure critiche sulla gestione delle elezioni da parte del Governo di Rajoy, mettendo ulteriormente in discussione la sua stabilità. “Meno di una settimana fa il governo era stato costretto a ritirare il bilancio del 2018 dal Parlamento perché non aveva i voti sufficienti per l’approvazione”, ricorda Lardner.

“Questa instabilità e la questione catalana hanno supportato la decisione di Standard & Poor’s di non rivedere al rialzo il rating sovrano della Spagna venerdì, il che ha contribuito alla delusione del mercato. I rendimenti dei titoli di stato spagnoli a dieci anni sono aumentati di 10 punti base rispetto ai bund tedeschi lunedì mattina e l'euro si è indebolito di circa lo 0,7% rispetto al dollaro”, spiega l’esperto di SSGA. Inoltre l'incapacità per il governo di presentare un bilancio e chiarire i piani fiscali potrebbe causare un ulteriore ampliamento degli spread delle obbligazioni spagnole.

Concordano gli analisti dell'Ufficio Studi di Marzotto SIM, secondo cui “una secessione indebolirebbe i governativi spagnoli il cui rendimento è già passato da circa l'1,6% all'1,67% odierno, l’IBEX (indice azionario spagnolo) sarebbe percepito come maggiormente rischioso ed oggetto di vendite e l’euro perderebbe terreno se la situazione dovesse riportare alla mente degli investitori il timore dell’euro brake up". Tutte e tre le asset class citate dagli esperti hanno iniziato a muoversi in senso negativo, seppure in maniera modesta. “Per capire, però, quale potrà essere il trend più duraturo bisognerà attendere ancora qualche giorno per valutare tempi e modalità di implementazione di una eventuale secessione", spiegano da Marzotto SIM.

Per Alberto Biolzi, responsabile Direzione Wealth Management di Cassa Lombarda "è probabile che il contestato esito del referendum della Catalogna determini moderate pressioni sull’euro e sugli attivi spagnoli (azioni e bond), anche se il consensus prevede un impatto limitato nel tempo e nell’intensità".