Chi pagherà il costo dell’analisi esterna sotto la MiFID II?

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Tra gli obiettivi della MiFID II c’è quello di rafforzare la tutela degli investitori, per i quali la direttiva europea ha focalizzato l’attenzione sul miglioramento della trasparenza e sull’eliminazione dei conflitti di interesse. È questa l’idea alla base di novità come il divieto di pagare retrocessioni ai distributori o del concetto di unbundling (letteralmente, scomposizione) con il quale le autorità europee richiederanno alle SGR comunitarie di suddividere i singoli concetti per cui richiedono commissioni ai propri clienti.

A tal proposito, un aspetto che ha fatto venire l’orticaria a molti è che le società di gestione non potranno più includere nei costi di gestione, senza ulteriori dettagli, le somme di denaro destinate ai brokers e agli analisti esterni per le idee di investimento e l’analisi correlata. Ancora una volta, l’obiettivo è quello di limitare i conflitti di interesse – evitando, ad esempio, gli intermediari che offrono le proprie analisi gratuitamente a patto che la SGR operi con loro, anche se l’operazione non finisca per beneficiare necessariamente l’investitore – e migliorare la trasparenza in modo da rendere l’investitore consapevole di quanto spende la società in analisi esterne e che quest’ultima possa controllare e giustificare meglio la spesa (che, se non suddivisa, tenderebbe ad aumentare).

Nel Regno Unito, dove il mercato è un passo avanti rispetto al resto d'Europa grazie all'introduzione del Retail Distribution Review (RDR) nel gennaio 2013, le società di gestione si occupano di questi problemi ormai già da diverso tempo. Sebbene molte stiano aspettando la versione finale della direttiva (la cui applicazione è stata posticipata fino al 2018) altre hanno deciso di rimboccarsi le maniche da subito e sembrano essere tre i modelli che potrebbero imporsi in Europa nei prossimi anni, come spiega dettagliatamente FTAdviser (Financial Times).

Il modello Baillie Gifford: il costo dell’analisi è a carico della società

Dagli inizi del 2016, Baillie Gifford si fa carico dei costi di analisi dei fornitori esterni, non riversandoli sui propri clienti. In questo modo, le commissioni di negoziazione richieste dal 1 gennaio di quest’anno comprendono solamente il costo di intermediazione. Anche altre società, come Woodford Investment Management (la boutique di Neil Woodford), hanno annunciato che applicheranno lo stesso modello e alcuni esperti ritengono che questa sarà l’opzione più scelta.

Il modello Majedie: scomporre e riscuotere

Da tre anni la boutique britannica separa le spese di esecuzione e analisi nei suoi rapporti  trimestrali e mette a disposizione sul proprio sito internet i costi delle sue commissioni. Quest’ultimo modello, dove la SGR si limita ad offrire informazioni trasparenti sui suoi costi ma li fa comunque ricadere sul cliente, è da considerarsi quello meno applicabile.

Il modello LGIM: stabilire un preventivo di analisi

Legal and General Investment Management ha optato per un modello misto in cui ogni fondo azionario ha un preventivo definito per l’analisi esterna il cui costo si aggiunge alla commissione della gestione del fondo (il che, nella maggior parte dei casi, ha rappresentato un incremento di 10-15 bps).