Dopo quello che è successo in Turchia, gli investitori si chiedono se possono fare affidamento sugli altri mercati emergenti e di frontiera.
La Turchia ha fatto tremare gli investitori per tutto il mese di agosto, tanto da far riflettere sulla solidità degli investimenti nei Paesi emergenti. Inoltre, un rafforzamento del dollaro e l'irrigidimento delle politiche monetarie globali stanno incrementando i deflussi dai mercati emergenti. Da non dimenticare anche il brusco rallentamento della crescita in Brasile e la caduta del peso argentino che ha costretto il Paese a cercare un accordo con il FMI. Di fronte a tutto questo, possiamo ancora fidarci dei mercati emergenti?
Innanzitutto è fondamentale capire che ogni Paese emergente ha una storia a sé stante e le dinamiche che muovono l’economia sono diverse a seconda del singolo caso. La crisi in Turchia è stata provocata da una serie di incertezza di natura politica ed economia. “La concentrazione del potere, la mancanza percepita di un sistema adeguato di controllo delle istituzioni e l’intolleranza del presidente Erdogan nei confronti dei propri oppositori hanno scosso profondamente i mercati”, commenta Sam Finkelstein, co-deputy CIO Global fixed income team di Goldman Sachs Asset Management e global head Emerging Markets. “Inoltre, la Banca centrale da inizio anno ha alzato i tassi di interesse dal 9,75% al 17,75% per cercare una soluzione all’elevata inflazione del Paese.
Secondo James Barrineau, head of emerging markets debt relative di Schroders, “ci sono tre i segnali di vendita nel ciclo dei mercati emergenti che devono materializzarsi prima che gli investitori possano iniziare a comprare nuovamente l’asset class”:
- Il rafforzamento del dollaro: il dollaro statunitense si è rafforzato di oltre il 7,5% dal 16 aprile 2018.

Fonte: Schroders.
- L’aumento della turbolenza nei mercati internazionali: ciò avviene quando i Paesi emergenti con i maggiori fabbisogni di finanziamento esterni, misurati principalmente dai deficit delle partite correnti, subiscono le pressioni del mercato. La Turchia e l’Argentina sono due di questi Paesi.
- Una risposta politica per affrontare lo stress da liquidità: l’Argentina ha ricevuto i finanziamenti da parte del Fondo Monetario Internazionale e rinnovato l’impegno a livello di politica monetaria. La Turchia ha imposto delle restrizioni ai creditori turchi che utilizzano la lira nelle transazioni di scambio valutario, con l’effetto di aumentare i costi di trading per gli speculatori esteri e operare un giro di vite sugli investitori che shortano la lira. L’Indonesia, seppur esclusa dall’occhio del ciclone, ha alzato i tassi di interesse per rallentare la crescita e affrontare proattivamente alcuni timori di mercato.
“Se le turbolenze internazionali o tra gli emergenti dovessero iniziare a impattare gli Stati Uniti a livello di fondamentali, allora la Federal Reserve farebbe intendere di voler rallentare il ciclo di inasprimento della politica monetaria. È questo che ha innescato la ripresa molto solida degli emergenti a inizio 2016 e lungo tutto il 2017”.
Peter Elam Håkansson, chairman and chief investment officer di East Capital, conclude con una riflessione: “l'ambiente attuale è davvero sfidante, ma ci piace concentrarci su ciò che indica la bussola: i mercati emergenti e di frontiera sono valutati in modo attraente, con multipli di circa 25% di sconto sui mercati sviluppati, mentre i fondamentali macroeconomici, inclusi crescita, inflazione ed equilibri esterni nella maggior parte dei mercati rimangono sani. Sul campo, continuiamo a trovare investimenti entusiasmanti e sostenibili che costituiscono il nucleo dei nostri portafogli”.