Negli ultimi due anni il Paese è stato capace di diversificare i propri investimenti. Il vero problema, secondo alcuni osservatori, è la mancanza di fiducia nell’economia. Resta sullo sfondo la tensione con gli USA.
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L’economia della Cina non va male come sembra. Anzi, i consumi interni, nonostante tutte le difficoltà, continuano a guidare la crescita e gli analisti si aspettano che il PIL possa toccare un +5,5% nel 2024. “Il Paese, negli ultimi due anni ha sopperito alla mancanza di investimenti del settore immobiliare, con investimenti e ammodernamento del settore manifatturiero, diventando leader mondiale in certi settori ad alte potenzialità”, fa notare Giovanni Buffa, portfolio manager, AcomeA SGR, sottolineando come la Cina esporti di più verso i Paesi emergenti rispetto a quelli sviluppati.
Il vero problema, secondo l’esperto, rimane la mancanza di fiducia nell’economia. “Il governo, per la prima volta da due anni a questa parte, si sta muovendo con decisione al riguardo, prioritizzando il settore immobiliare”. Al riguardo Pechino ha per la prima volta varato un programma centralizzato, “con il coordinamento della banca centrale, tramite il quale i governi regionali potranno acquistare direttamente dalle società edili appartamenti finiti usufruendo di tassi agevolati forniti dalla banca centrale attraverso le banche commerciali”.
China Loan Prime rate
Tensioni con gli USA
Non bisogna dimenticare che l’escalation delle tensioni tra Cina e USA rimarrà un tema dominante nel corso dell'anno, con gli USA che andranno alle urne a novembre. La direzione di marcia è chiaramente verso una deglobalizzazione, a prescindere da quale dei due candidati vincerà.
Nel frattempo, la Cina ha adottato la contro-tattica di consentire il deprezzamento del renminbi accumulando Treasury statunitensi, cercando così di accrescere la propria competitività nei settori manifatturieri. “In questo modo, gli USA non solo pagheranno cedole sufficienti a coprire la maggior parte delle spese militari cinesi in futuro, ma tutto questo ha anche consentito alla Cina di incrementare la quota di mercato delle sue esportazioni manifatturiere”, spiega Malin Rosengren, portfolio manager, RBC BlueBay Asset Management. “Così le economie con maggiori importazioni dalla Cina beneficeranno di un'ulteriore disinflazione importata, che aumenterà la differenziazione sui mercati globali”.
Parlando di mercati a sconto, Álvaro Sanmartín, chief economist, Amchor IS ritiene che “oltre il segmento delle piccole imprese negli Stati Uniti, dovremmo avere anche una certa esposizione all'azionario dell'Asia emergente, senza escludere la Cina”.
Obbligazionario emergente
Sul fronte obbligazionario, la preferenza resta sempre per i titoli a corta scadenza ove vi è maggior rendimento senza assumersi rischi di duration essendo ancora prematuro. Come riporta Livio Spadaro, senior portfolio manager di Frame Asset Management, “geograficamente i titoli obbligazionari dei Paesi emergenti sono appetibili visto il carry offerto, anche dal punto di vista azionario Paesi come la Cina o l’India restano nello spettro d’interesse mentre in Europa i titoli dei Paesi periferici dovrebbero continuare la sovraperformance rispetto ai Core”.
Ritu Vohora, investment specialist, capital markets, T. Rowe Price conclude: “Nonostante il continuo scetticismo nei confronti della Cina, la forza fondamentale di ciascun settore obbligazionario dei mercati emergenti e le loro interessanti caratteristiche di diversificazione del portafoglio sono sufficienti a giustificare un'allocazione strutturale sui mercati emergenti".