Consob: investitori italiani meno interessati alla sostenibilità

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Simone Hutsch (Unsplash)

I numeri sono chiari: nel 2022 il 15% degli italiani si è detto interessato a investire in prodotti finanziari sostenibili (SRI) “anche a costo di accettare rendimenti più bassi rispetto a quelli prospettati da altre forme di investimento”. Nel 2021 il dato era del 17 per cento. Un calo di due punti percentuali che emerge dall’VIII Rapporto Consob sulle scelte di investimento degli italiani (e che sarà oggetto di un approfondimento sul prossimo numero della rivista FundsPeople) nello specifico della sezione dedicata alle scelte in tema di investimenti socialmente responsabili. Cala anche la percentuale di quanti si dicono disposti a investire in ESG “solo a condizione che i rendimenti siano pari o addirittura superiori a quelli offerti da investimenti non sostenibili”: è il 48% nel 2022, contro il 57% del 2021. Per contro aumenta di tre punti (dal 14 al 17%) la quota di quanti si dicono non interessati a investire ESG.

Fonte: Consob.

Dati questi che si sommano ad altri risultati emersi nella ricerca, presentata lo scorso 26 gennaio dalla Commissione nazionale per le società e la borsa e approfondita, nel dettaglio sulla sostenibilità, nel corso di un seminario che si è tenuto online il 7 febbraio.

Un processo di "affinamento continuo"

“Come osservatorio Consob seguiamo gli investimenti sostenibili dal 2017”, specifica Nadia Linciano, responsabile dell'ufficio studi economici dell’Autorità, sottolineando come il primo rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane che ha affrontato questo tema abbia censito informazioni “basilari” come “la conoscenza percepita della sostenibilità e l’interesse potenziale” in questi investimenti. Nel corso degli anni, tuttavia, il focus si è ampliato e si è trasformato in una sezione stabile del rapporto. E il report “esprime questo processo di affinamento continuo”. Che rientra nell’analisi del lavoro compiuto tra 2019 e 2021 illustrato da Monica Gentile e sui risultati dell’analisi 2022 presentati da Daniela Costa, entrambe della divisione studi Consob.

Evoluzione del quadro normativo

Gentile, nell'approfondire l’obiettivo del lavoro, l’approccio metodologico, le principali evidenze e le conclusioni, ricorda come la ricerca nasca appunto “dall’osservazione dell’evoluzione del quadro normativo”, e sottolinea che il Regolamento delegato 2021/1253 “introduce nella valutazione di adeguatezza nell’ambito del servizio di consulenza e di gestione del portafoglio la rilevazione delle preferenze di sostenibilità”. Un percorso lungo e “complesso” (il tema della complessità si ripresenta più volte e con diverse sfumature nel corso del seminario) e che parte da un’analisi, focalizzata sull’interesse degli investitori verso gli investimenti ESG e non sul possesso in quanto “sono ancora pochi gli investitori che li detengono, quindi si sarebbe creato un problema di dimensione ridotta del campione”. Quello del retail è dunque il perimetro in cui si concentra il discorso, e su cui incidono diversi fattori, dalle variabili socio-demografiche alla presenza o meno di un consulente finanziario.

Da queste premesse prendono le mosse i risultati, che vedono diverse “associazioni positive”, come ricorda Costa, connesse alla presenza di una maggiore educazione finanziaria nei rispondenti, ossia maggiore conoscenza dei temi della finanza sostenibile, la presenza di un consulente e la comunicazione delle preferenze di sostenibilità.

Preferenze di sostenibilità

Se si va nel dettaglio delle singole preferenze ESG, il rapporto rileva come, nell’ambito dei fattori ESG, gli investitori si orientino “in via prioritaria verso i profili ambientali (36% dei casi) e sociali (34%). Il 22% degli intervistati non esprime alcuna valutazione in merito all’importanza relativa dei suddetti fattori”. Qui emerge la prima associazione positiva, in quanto “il dato scende al 16% nel sotto-campione degli investitori con elevata alfabetizzazione finanziaria e all’11% tra coloro che hanno alte conoscenze in materia di finanza sostenibile”.

Fonte: Consob.

Il nodo greenwashing

Chiara Mosca, commissaria Consob, sottolinea alcune considerazioni generali. In primis i freni ascrivibili al tema della conoscenza finanziaria che, “se carente è sempre un elemento di fragilità del settore”, e rappresenta “il principale deterrente anche nella scelta di prodotti di investimento connotati da caratteristiche di sostenibilità”.

A questo fa da contraltare un’altra considerazione legata alle "associazioni positive" illustrate da Costa: “Al crescere della domanda di consulenza, aumentano gli investimenti sostenibili”. Infatti, mentre sul totale degli intervistati l’11% dichiara di detenere investimenti sostenibili, questa percentuale passa al 17% nel caso di soggetti assistiti da un consulente finanziario o da un gestore. Infine c’è il tema del greenwashing, elemento che “può minare la fiducia” degli investitori. Per questo “il contrasto del greenwashing è una priorità globale ed è nell’agenda dei regulator internazionali”, sottolinea Mosca.

Il verde non perde appeal

Tuttavia, malgrado la flessione registrata nel 2022, il “verde” in finanza non perde appeal. Il 57% degli intervistati è infatti propenso a modificare nei prossimi due anni le proprie scelte di investimento, rafforzando la componente della sostenibilità (74% tra gli interessati e 93% tra coloro che già li posseggono).

Fonte: Consob.