Contrordine: il commercio globale gode di ottima salute

Roberto Rossignoli
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Se le minaccie sui social corrispondono a vere e proprie azioni, venerdì Donald Trump imporrà ulteriori dazi su beni importati dalla Cina per un valore di 50 miliardi. La Cina prepara misure di ritorsione che potrebbero a loro volta scatenare delle rappresaglie da parte degli Stati Uniti. Le tensioni commerciali hanno già iniziato a pesare sulla fiducia delle imprese e ora, l’incertezza rischia di pesare anche sugli investimenti, mentre le borse reagiscono nervosamente. “Le perplessità che riteniamo più giustificate in merito alle mosse del governo statunitense riguardano la strategia negoziale e comunicativa adottata, e più in generale l’approccio politico”, spiega Roberto Rossignoli, portfolio manager di Moneyfarm.

“La sensazione che viene continuamente trasmessa agli operatori economici è che l’amministrazione USA, seppur nella chiarezza degli obiettivi perseguiti (ridurre il deficit commerciale e favorire il ritorno delle aziende negli Stati Uniti), non agisca secondo un piano ma tramite azioni estemporanee annunciate via Twitter”. Una sensazione che non vale solo per il commercio ma anche per altre importanti iniziative politiche, come per esempio attuare dei controlli sugli azionisti cinesi di società americane. “Non sorprende che il livello di incertezza riguardo alla situazione commerciale abbia raggiunto i massimi dal 1994”, continua Rossignoli avvalendosi del grafico sottostante.

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Non guerra ma tensione commerciale

“A questo nodo si legano gli sviluppi più di breve termine, legati alle performance delle asset class finanziarie. Già il momento non è dei più distesi, con l’economia globale che dopo un 2017 stellare inizia a crescere al di sotto delle attese, tassi d’interesse in crescita e Banche centrali ormai leste sulla via verso l’uscita dall'ebbrezza monetaria dell’ultimo decennio. In questa fase, un po’ di chiarezza non guasterebbe: il quadro generale invita comunque alla cautela”, consiglia il portfolio manager. Che poi rimarca la differenza tra “guerra” e “tensione” commerciale. “Crediamo sia opportuno distinguere il piano economico con quello più legato all'andamento dei listini globali, due piani assolutamente rilevanti e legati, ma che hanno tempi di reazione e orizzonti diversi. Dal punto di vista economico, per ora le indicazioni che riceviamo sono miste. Le misure prese finora coprono solo una parte marginale del commercio mondiale. Per quanto riguarda l’Unione Europea, i dazi imposti su alluminio e acciaio riguardano meno del 3% del totale delle esportazioni verso gli Stati Uniti” precisa Rossignoli.

Come a dire, in fondo nonostante gli Stati Uniti siano una potenza economica mondiale, il commercio nel resto del mondo continua il suo corso positivo: “Il commercio globale gode di ottima salute, con il volume degli scambi che secondo WTO ha raggiunto il picco nel 2017 e continua a crescere nel 2018. La maggior parte della crescita è dovuta all'attività asiatica, ma anche i Paesi sviluppati hanno fatto registrare volumi in aumento” dice l’esperto. Per questo, in fondo, è difficile prevedere quelle che potrebbero essere le conseguenze delle misure protezioniste a stelle e striscie. Ad esempio “ha fatto molto scalpore la notizia di Harley Davidson di accrescere la propria produzione in Europa in seguito ai dazi annunciati da Trump, denotando quindi una flessibilità globale che aumenta il contenuto di imprevedibilità delle conseguenze di queste tensioni. Per queste ragioni è molto presto per prevedere quali potranno essere gli effetti di medio termine del nuovo corso sul commercio mondiale. Non crediamo sia oltraggioso pensare che la Casa Bianca si adoperi per correggere alcuni squilibri macroeconomici, soprattutto riguardo alcune delle distorsioni create dalla globalizzazione che si sono abbattute in maniera sproporzionata, tra gli altri, sul ceto medio manifatturiero dei Paesi occidentali”, conclude il gestore di Moneyfarm.