COP27: Ninety One, cruciale il finanziamento della transizione verso il net zero nei mercati emergenti

John Green News
John Green, immagine concessa (Ninety One)

In questi giorni a Sharm El-Sheikh si sta svolgendo la COP27, la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Il summit avviene in un momento estremamente difficile per l’economia globale, alle prese con la guerra in Ucraina, l’inflazione e il timore dell’arrivo di una recessione. In questo senso, l’incontro rappresenta un’occasione cruciale per tenere alta l’attenzione sui rischi legati al clima, e per i leader mondiali per discutere delle risposte concrete a questa sfida epocale. Un punto di vista interessante su questo argomento proviene da John Green, chief commercial officer di Ninety One, che invita gli investitori a soffermarsi sulla centralità, spesso trascurata, dei Paesi emergenti nel processo di transizione verso un mondo a zero emissioni di carbonio. “Nel mondo ogni anno vengono emesse circa 50 miliardi di tonnellate di gas serra. E circa la metà di queste emissioni proviene dai mercati emergenti”, spiega John Green. “Nei prossimi 15 anni, è probabile che il 90-100% della crescita delle emissioni di gas serra avrà origine da questi mercati”, afferma. Perciò secondo l’esperto per affrontare questa sfida e rendere possibile un cambiamento reale occorre investire ingenti capitali del settore privato nei mercati emergenti. “Altrimenti si rischia di non riuscire a raggiungere le zero emissioni nette”, dice.

Il ruolo dei gestori

Molti asset owner e gestori di patrimoni hanno fissato obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio del portafoglio. Ma secondo Green, quando questo approccio è applicato in modo meccanico, la conseguenza è spesso un disinvestimento che affama i mercati emergenti e lascia che il problema delle emissioni elevate si aggravi. “Il settore privato ha l’opportunità di svolgere un ruolo sempre più significativo nel processo di decarbonizzazione dei mercati emergenti”, dice Green. “Il finanziamento alle aziende di queste economie per sostenere i loro piani di transizione ne è un esempio”, continua. “Per soddisfare gli investitori, il sostegno potrebbe essere subordinato alla definizione di piani di transizione credibili e alla comunicazione delle tappe di attuazione del piano”, spiega.

Ninety One ha recentemente realizzato una ricerca sul tema dal titolo “The rise of transition finance”. Secondo questo studio, il 60% degli asset owner afferma che la lotta al cambiamento climatico è un obiettivo strategico e il 51% dichiara che il proprio fondo ha obiettivi di riduzione delle emissioni. Per quanto riguarda l'impatto sul mondo reale, tuttavia, solo il 19% ricorre alla finanza di transizione nei propri portafogli. Un numero ancora inferiore (16%) dichiara che il proprio fondo investe in attività legate alla finanza di transizione nei mercati emergenti. Tuttavia, l'86% di questo 16% è convinto che l'espansione della finanza di transizione nei mercati emergenti sia una priorità. “I proprietari e i gestori di patrimoni che si limitano a disinvestire dai produttori di emissioni elevate, in particolare nei mercati emergenti, si allontanano da potenti leve di cambiamento nella lotta per il raggiungimento dello zero netto”, afferma Green. “Il cambiamento climatico è un problema per tutta l'umanità. Dobbiamo affrontare la sfida e mettere il capitale al lavoro in modo da contribuire a una transizione positiva nel tempo. Se non affrontiamo la questione in modo ordinato, inclusivo e collaborativo, non riusciremo a risolvere il problema”, conclude.