La relazione annuale della Commissione di vigilanza certifica una ripresa del settore della previdenza complementare dopo l’andamento “complesso” del 2022. Attenzione al gap di genere e di età.
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Le obbligazioni governative si confermano, anche nel 2023, l’investimento principale dei fondi pensione italiani. Tuttavia sono i comparti azionari a certificare, nell’anno, la ripresa delle performance del risparmio previdenziale, evidenziando un netto stacco nei confronti del TFR. I dati emergono tra quelli elencati ieri, 19 giugno, nella Relazione Annuale sull’attività svolta dall’Autorità nel 2023, presentata da Francesca Balzani, presidente facente funzione della Covip, nella cornice della Sala della Regina della Camera dei Deputati.
Le note positive non si limitano a rendimenti e prestazioni: a ben guardare si assiste a un aumento dell’interesse da parte dei risparmiatori, alla crescita (seppur lieve) della quota “under 34” nel risparmio previdenziale (non accompagnata, tuttavia, da una riduzione del gender gap) e al rafforzamento dell’attenzione degli attori istituzionali nei confronti del sistema Paese.
Per riassumere brevemente i numeri esposti dalla Covip: a fine 2023, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 224,4 miliardi di euro (+9,1% sul 2022), incremento, sottolinea la Commissione, “determinato prevalentemente dalla dinamica positiva dei mercati finanziari”. Le risorse accumulate sono pari al 10,8% del PIL e al 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. E la cifra lievita a 338 miliardi se si sommano nel computo le risorse delle casse di previdenza.

Rendimenti, performance a doppia cifra nell’azionario
Sul fronte rendimenti, come detto il 2023 ha assistito a un forte recupero rispetto ai 12 mesi precedenti, impattati dalle turbolenze dei mercati con dati negativi a doppia cifra. Ebbene, lo scorso anno la doppia cifra è stata preceduta dal segno più. I migliori risultati, rimarca Covip, “si sono osservati nelle linee d’investimento con una maggiore esposizione verso i titoli di capitale”. Emerge, infatti, la performance dei fondi azionari con rendimenti in media pari al 10,2% nei fondi negoziali, all’11,3% nei fondi aperti e all’11,5% nei PIP; nei comparti bilanciati i guadagni sono stati inferiori.
Andamento positivo anche per i comparti obbligazionari. Gli obbligazionari misti hanno ottenuto il 7,2% nei fondi negoziali e il 4,4% nei fondi aperti. Risultati positivi, ma inferiori, si sono registrati in media anche nei comparti obbligazionari puri e in quelli garantiti.
La relazione della Commissione inserisce questi risultati nel perimetro, più ampio, dell’ultimo decennio (da fine 2013 a fine 2023) in cui sono incluse anche le performance negative del 2022. Emerge come l’azionario confermi la sua forza nel lungo periodo: “I rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario – si legge nella nota – si collocano, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,2 e il 4,5%, superiori al rendimento medio delle linee obbligazionarie e anche al tasso di rivalutazione del TFR (pari al 2,4% nel decennio)”. Più contenute le performance delle linee bilanciate, con rendimenti medi che vanno dall’1,9% dei PIP di tipo unit linked al 2,7% dei fondi negoziali e al 2,9% dei fondi aperti.
Gli investimenti
L’allocazione dei fondi pensione, dicitura che comprende i 33 fondi negoziali, 40 fondi aperti, 161 fondi preesistenti e 68 piani individuali pensionistici (PIP), come detto, va per il 56% (il 54,6% nel 2022) del totale in direzione di obbligazioni governative (il 14,1% sono titoli del debito pubblico italiano) e altri titoli di debito. Segue un 21,4% di allocazione in titoli di capitale mentre il 15,8% è investito in quote di OICR. I depositi si attestano al 5%, prosegue Covip, mentre gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, si attestano all’1,8% del totale.
Cala in termini percentuali ma aumenta in termini assoluti, la quota di investimenti nell’economia italiana, ossia gli investimenti in titoli di Stato, titoli emessi da soggetti residenti nel Paese e immobili, che si posiziona a 36,5 miliardi di euro: il 19,4% del totale. Nel 2022 era il 20,8% ma per 35,5 miliardi di euro investiti.
Nel riportare il dettaglio degli investimenti degli istituzionali italiani, la Commissione di vigilanza registra “una crescente attenzione da parte del settore sulle tematiche connesse all’investimento nel sistema Paese”. Sono numerose le entità che “ampliano” le proprie strategie di investimento su titoli non quotati (private equity e private debt), “spesso attraverso iniziative congiunte e appropriatamente strutturate. Resta infatti ancora ampio, nel complesso, lo spazio che il quadro normativo consente per questo tipo di investimenti”, si legge in una nota, con riferimento al tetto del 20% per l’investimento alternativo a cui devono sottostare i fondi pensione.
Si conferma il gap di genere
Dal punto di vista demografico, gli iscritti alla previdenza complementare si confermano ancora una volta uomini. Dei 9,6 milioni di aderenti (+3,7% sul 2022) quelli che si identificano nel sesso maschile sono il 61,7 per cento. Tuttavia il gap di genere è maggiore tra i fondi negoziali, dove la presenza maschile si allarga al 72,7%, rispetto alle forme di mercato dove le donne raggiungono il 42,6% nei fondi aperti e il 46,6% nei PIP. "Il gap di genere ricalca necessariamente la minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro nei negoziali mentre nei prodotti di mercato risulta meno marcato”, sottolinea Balzani.

Resta anche ancora elevata l’età di quanti aderiscono alla previdenza complementare, con il 47,8% degli iscritti ha un’età compresa tra 35 e 54 anni, mentre il 32,9% ha almeno 55 anni.
Tuttavia Covip rileva una tendenza positiva tra gli under 34 passati dal 17,6% sul totale degli iscritti nel 2019 all’attuale 19,3 per cento. La motivazione addotta dalla Commissione è da ricercare nell’aumento della quota di soggetti fiscalmente a carico, la cui iscrizione viene indirizzata prevalentemente a favore delle forme di mercato. “Ciò rispecchia decisioni familiari di aprire una posizione previdenziale per i propri figli in vista di una successiva alimentazione con versamenti autonomi una volta che essi entreranno nel mondo del lavoro”.
Nel dettaglio dei fondi negoziali gli aderenti sono 3,9 milioni (+5,4% sull’anno) con la metà delle nuove adesioni da ricondurre al meccanismo dell’adesione contrattuale, seguono i PIP con 3,9 milioni di iscritti (+1,7%) e i fondi aperti con 1,9 milioni di iscritti (+5,9%). In 656 mila risultano invece sottoscrittori di fondi preesistenti.
Casse di previdenza
Nel dettaglio delle casse di previdenza, su cui Covip è chiamata a vigilare dal 2011, alla fine del 2023, le attività complessivamente detenute sono pari a 114,3 miliardi, contro i 103,8 miliardi dell’anno precedente. Anche in questo caso la variazione è determinata principalmente dall’andamento positivo dei mercati finanziari.
Si conferma il peso dei titoli di debito in qualità di quota più rilevante delle attività pari a 43,1 miliardi (il 37,8% del totale; +1,7% sul 2022).
Nel caso delle casse si conferma poi la “cospicua presenza di investimenti immobiliari”, per 18,8 miliardi (16,5% del totale; in diminuzione di 1,3 punti percentuali rispetto al 2022). Gli investimenti in titoli di capitale sono pari a 21,7 miliardi (il 18,9% del totale). Gli investimenti nell’economia italiana (titoli di Stato, titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) ammontano a 44 miliardi (il 38,5% del totale). La componente immobiliare rimane predominante (17 miliardi); seguono i titoli di Stato (13,8 miliardi). Gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane ammontano a 8,4 miliardi (il 7,3% delle attività totali contro il 6,5% dell’anno precedente). Di questi, circa 800 milioni sono titoli di debito e 7,6 miliardi titoli di capitale (che comprendono 1,95 miliardi di quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia).