Nell’industria del risparmio gestito in Italia, il patrimonio in mano ai gruppi esteri rappresenta il 24% del totale ed è pari a circa 447 miliardi di euro (con un incremento del 31% rispetto all’anno precedente). A dirlo è l’ultimo rapporto AIBE, associazione banche estere in Italia. Che dice: “negli ultimi anni il trend di crescita degli AUM ha riguardato la maggior parte dei comparti della gestione collettiva e di portafoglio in alcuni dei quali gli operatori esteri detengono quote forti (il 36% nei fondi aperti, il 46% nella gestione di patrimoni previdenziali). Negli ultimi anni è cresciuta anche la quota di mercato degli intermediari esteri nel comparto dei fondi pensione. A fine 2015 detenevano circa 21 miliardi di euro di AUM con un aumento di 3,5 miliardi di euro nell’anno, con una percentuale forte nei fondi pensione negoziali (52%).
Quanto a private equity e venture capital, la raccolta complessiva del comparto è raddoppiata nel 2015 rispetto al dato 2014 (2,8 miliardi di euro). La dimensione del mercato italiano dell’M&A, stabile rispetto al 2015 (50 miliardi di euro), conta su più investitori esteri (55% in volume e 35% in numero). Se si guarda al numero degli intermediari esteri coinvolti nelle operazioni di M&A con ruolo di advisor, nel 2015 il controvalore è di circa il 47% del mercato italiano dell’M&A. Anche nei mercati dei capitali di debito e di rischio la partecipazione dei soggetti esteri nel 2015 è stata molto elevata. Le emissioni di strumenti di debito da parte di emittenti italiani, sebbene in calo (105 miliardi euro con una riduzione del 16%) hanno visto una stabilizzazione del ruolo dei soggetti esteri. Nell’ultimo decennio la loro quota è stata in media pari al 76%, salita all’80% nel 2015.