Il debito emergente è un’asset class che sta acquisendo sempre più importanza all’interno dei portafogli degli investitori, questo perché, al momento, offre le migliori opportunità in termini di rischio/rendimento nell’ambito dell’universo obbligazionario. Tuttavia, un tema fortemente dibattuto è l'utilizzo di filtri ESG in questo segmento del reddito fisso, dato che questi implicherebbero l’esclusione di molti Paesi con un peso significativo all’interno degli indici di riferimento. Come riuscire a preservare un profilo ESG in tal caso? È la domanda che abbiamo posto ad alcuni professionisti del risparmio gestito nell’ultima parte della tavola rotonda sulle diverse sfaccettature della sostenibilità nel mondo fixed income.
Debito emergente ESG, opportunità ancora piene di criticità
“Se si vuole mantenere una certa coerenza nei portafogli ESG non si può prescindere dal fare queste riflessioni anche nell’ambito del debito emergente”, è così che apre la discussione Mauro Giangrande, head of Passive Sales EMEA South di Xtrackers, DWS Group sul tema. Il rischio per i provider di ETF è però quello di lanciare sul mercato o prodotti che non siano realmente rappresentativi dell’asset class, oppure che non abbiano un punteggio ESG sufficiente. “È tutta questione di equilibrio”, spiega. Nel caso del Xtrackers ESG USD Emerging Markets Bond Quality Weighted la soluzione che abbiamo adottato è quella di escludere il 20% dei Paesi con rating ESG peggiore. Inoltre vengono assegnati pesi maggiori agli Stati caratterizzati da una maggiore solidità dei fondamentali economici.
1/4Dalla Cop26 è emerso quanto sarà decisivo anche lo sforzo dei Paesi emergenti nella lotta globale al cambiamento climatico. “Gli investitori non possono pensare, però, di selezionare i Paesi emergenti con le stesse logiche di crescita sostenibile usate per quelli sviluppati, ma bisogna guardare a loro in un’ottica di miglioramento della governance per individuare le vere opportunità”, ha dichiarato Michele Bovenzi, head of Discretionary Portfolio Management di Deutsche Bank. “Questo può voler dire minimizzare temporaneamente la copertura dei mercati emergenti, nonostante i rendimenti siano più soddisfacenti e rinunciare a delle opportunità importanti, ma preferiamo mantenere un certo grado di coerenza nei confronti della nostra clientela in termini di sostenibilità dei portafogli”, conclude. Si tratta di un mercato ancora immaturo da questo punto di vista, ma anche in evoluzione. È solo questione di tempo.
2/4Anche Adele Mantegazza, analyst e fund Selector di Banca Patrimoni Sella & C conferma le difficoltà nell’applicare un approccio ESG nel debito emergente. “C’è un problema di raccolta dati, trasparenza e completezza delle informazioni”, ha chiosato la fund analyst. I dati forniti dai data provider ESG sono molto discordanti, dipende dal peso che viene dato a ciascuno dei tre fattori. “In quest’asset class è importante monitorare maggiormente il rischio di credito. C’è poca correlazione tra il rating creditizio e lo score derivante dal fattore E, mentre questa aumenta nel caso della governance e in questa fase iniziale ha senso guardare al punteggio ESG complessivo”, sottolinea la Mantegazza. “Nel caso dei governativi emergenti ha più senso considerare il rating ESG, perché una maggiore stabilità del Paese è indicatore di solidità dal punto di vista finanziario”, conclude.
3/4Federico Mondonico, portfolio manager e Sustainable Investment specialist di BCC Risparmio&Previdenza ritiene, invece, che sia fondamentale guardare al debito emergente anche dal punto di vista della sostenibilità. “Siamo consci che l’applicazione di filtri ESG vada a ridurre l’universo investibile, ma l’analisi dei 3 pilastri è ancora più importante nei Paesi emergenti, sia a livello di titoli governativi, che societari”, ribadisce il fund selector. “Allargare il perimetro ad aspetti non finanziari può mettere al riparo da dinamiche societarie che altrimenti verrebbero ignorate, andando ad approfondire l’intera catena del valore in cui le singole aziende sono coinvolte”, continua. Pertanto il ruolo del fund selector diventa ancor più cruciale nell’analizzare i processi di investimento.
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