Donne in finanza, solo il 7% è nei CdA delle SGR italiane

Cinzia tagliabue
Cinzia Tagliabue, AD di Amundi Italia

Tutta questione di numeri. La presenza femminile nel management delle società di gestione italiane si attesta al 7%. Aumenta al 30% nei ruoli di secondo livello e al 40%, invece, nelle posizione più basse. Come a dire il talento delle donne piace ma solo fino ad una certo grado. Il concetto, in soldoni, è quello che emerge dalla prima fotografia sul livello attuale di diversity nell’industria del risparmio gestito, presentata al Salone del Risparmio da Cinzia Tagliabue, amministratore delegato Italia di Amundi e responsabile del gruppo di lavoro sulla diversity istituito da Assogestioni.

Secondo la prima indagine condotta sulla gender equality nel settore finanziario italiano sembra proprio che l’effetto soffitto di cristallo sia presente, eccome. In generale, coi dati raccolti su 14 società di gestione che hanno partecipato all’indagine, la presenza femminile sfiora il 18%. Ma quando si analizza il dato guardando ai livelli professionali, la maggioranza di questa percentuale resta ancorata ai piani inferiori delle SGR: solo il 7% delle donne riesce varcare la soglia dei comitati esecutivi. “Nei Cda riscontriamo una certa rappresentanza di donne come amministratori non esecutivi e nei comitati non esecutivi. Mentre è molto scarsa nei comitati esecutivi e così come accade in tutto il mondo bancario e finanziario è bassa la presenza di donne nelle posizioni apicali. C’è dunque un evidente gap”, sottolinea la Tagliabue.

Guardando poi al dato anagrafico, in nessuna delle SGR che ha partecipato all’indagine è presente un professionista inferiore ai 36 anni all’interno dei comitati esecutivi e non esecutivi. I tre quarti dei componenti dei Consigli di Amministrazione ha, infatti, un’età media di circa 55 anni. Anche questo fattore andrebbe guardato con attenzione, assieme ad una bassa inclusione in campo professionale. Da questi primi risultati, dunque, la promozione dell’inclusione nell’industria finanziaria e, in particolare, nel settore del risparmio gestito è senza dubbio un tema centrale e di rilevanza sempre maggiore, a detta degli interlocutori.

Alla tavola, rotonda, introdotta da Roberta D’Apice, direttrice del settore legale di Assogestioni, che ha tracciato il quadro normativo vigente circa la gender equality, hanno partecipato accanto alla responsabile di Amundi Italia anche Anna Chiara Lucchini, del Gruppo Generali, Chiara Pastorino di Intesa Sanpaolo, Francesco Branda di UBS AM, Isabella Fumagalli di Bnp Paribas Cardif e Costanza Ramorino di UniCredit. Tutte le società hanno avviato un percorso virtuoso sul tema, analizzando, aziende per azienda, le esigenze e le carenze di ciascuna e proponendosi di sensibilizzare le SGR all'adozione di politiche di diversità per assicurare parità di trattamento e di opportunità. D’altronde recentemente la Presidenza del consiglio dei ministri - Dipartimento Pari opportunità, la Consob e la Banca d'Italia hanno istituito un Osservatorio interdisciplinare sulla partecipazione femminile negli organi di amministrazione e controllo delle società italiane. Inoltre Valore D ha pubblicato il Manifesto per l'occupazione femminile e lanciato la campagna #NoPayGap sulla discriminazione salariale.

Tutte tematiche che sono state racchiuse nel primo ETF lanciato su Borsa Italiana a marzo sulla Gender Equality, l’UBS ETF Global Gender Equality, che investe sull'indice Solactive Equileap Global Gender Equality 100 Leaders e che riflette le 100 società leader a livello mondiale con un forte track record nella diversità di genere e nella sostenibilità. Secondo la recente ricerca della stessa società le aziende con donne che rappresentano almeno il 20% del CdA e dell'alta dirigenza (superiori alle medie segnalate del 17% e dell'11% per l'indice) hanno ottenuto rendimenti più elevati rispetto a società a loro comparabili ma meno diversificate per genere. Lo stesso dicasi per le aziende che hanno più del 30% di donne in posizioni manageriali complessive (maggiore della media del 25%) e una popolazione femminile che conta il 40-60% del totale dei dipendenti (media del 36%). Numeri, anche questi, da tener a mente e non dimenticare.