Alcune evidenze emerse in occasione della tavola rotonda conclusiva della VI edizione del Salone SRI. Cinque esperienze di asset manager internazionali.
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Alcune evidenze emerse in occasione della tavola rotonda conclusiva della VI edizione del Salone SRI. Cinque esperienze di asset manager internazionali.
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Quando si tratta di sostenibilità non è più solo una questione di singolo prodotto bensì di identità delle società che li propongono al cliente. La ricerca presentata al panel conclusivo del Salone SRI 2021, si divide in due momenti, l’assesment e l'analisi e offerta dei prodotti ESG fino a trovare una sintesi nei risultati finali. Per la prima parte sono state coinvolte 111 case di gestione guardando a 4 aspetti presenti sui siti web delle case di gestione: stewardship e commitment, team ESG, sito e comunicazione e infine l’engagement.
I risultati della ricerca evidenziano che, nel caso di stewardship e commitment, c’è stato un arretramento per coloro che hanno ottenuto uno score top, ma un netto miglioramento per quelle società che avevano già score alti con voto complessivo tra 7 e 10 nel 2021 registrando un miglioramento rispetto allo scorso anno. Guardando invece al team ESG e quindi ai professionisti che concorrono alla buona riuscita dell’analisi di sostenibilità, il 55% campione delle SGR ha fatto registrare un voto complessivo tra 7 e 10 nel 2021 rispetto allo scorso anno.
Nel 2021 il 54% delle SGR prese in esame ha registrato un voto tra 7 e 10 per quanto concerne l’engagement, ancora una volta si tratta di un miglioramento strutturale e una difficoltà in termini di leader. Infine per sito e comunicazione, c'è un generale miglioramento verso la parte alta ma un abbassamento per i leader. Tenuto conto di questi dati, i quattro pillars registrano dunque, complessivamente, un miglioramento rispetto al 2020.
La seconda parte del report sviluppato sull'Atlante SRI si è focalizzata sul tema dell’analisi e dell’offerta dei prodotti ESG, tenendo in considerazione sia fondi attivi che ETF. Sviluppata sui documenti e i siti web delle società monitorate l’analisi fa emergere quanto incidano sette approcci sostenibili quando viene fatta la comunicazione di un determinato prodotto. Si evince che il 21% delle società dichiara di utilizzare più di 5 criteri ESG per un singolo prodotto, il 51%, più della metà delle SGR analizzate, si ferma tra 3 e 5 criteri, il 27% utilizza da 1 a 3 criteri.
I risultati complessivi conferiscono il 60% del peso complessivo all’assesment integrato ponderandolo al 40% con l’analisi e l’offerta dei criteri ESG e ne emerge che: più del 20% delle SGR si posiziona nel range più elevato e si tratta di società definite "ESG confident", il 56% si trova nei primi due range e vengono invece definite come società “responsabili”.
Su questi risultati si sono confrontati cinque professionisti in occasione della tavola rotonda che hanno raccontato la propria esperienza, in particolar modo qui sottolineiamo l’importanza dell’engagement e dell'ESG improvers. Un tema chiave per capire come orientare le scelte degli emittenti.
Non bisogna però guardare soltanto alle società già avanzate dal punto di vista della sostenibilità ma anche a quelle che sono su una strada virtuosa di sviluppo. L'engagement deve avere tre caratteristiche secondo Antonio Volpe, head of External Distribution, Amundi SGR. "Noi di Amundi teniamo molto al cambiamento climatico e alle diseguaglianze sociali per questo crediamo in un approccio tematico. L'engagement deve anche essere continuo, il dialogo con le aziende è costante così da orientare verso comportamenti virtuosi e infine deve essere un engagement pragmatico e concreto attraverso il nostro diritto al voto. Come Amundi siamo presenti su 1.000 aziende, 4.200 assemblee, registrando anche un 20% di voto contrario. Questo engagement ci aiuta dal punto di vista gestionale a generare dell’alpha attraverso l'“implementazione ESG”, selezioniamo in sostanza i campioni di domani. Abbiamo inoltre dei fondi ESG improver, azionari e obbligazionari che si basano su questo tipo di approccio".
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L'engagement è inoltre uno strumento per comunicare e arrivare a una certa tipologia di azienda. Fabrizio Salvi, responsabile Clienti Istituzionali, Groupama AM spiega che "la nostra identità si esprime al meglio nella gestione azionaria small mid cap europea, dove l'attività ESG passa in “azione” proprio con l'engagement. Servono dati soprattutto nel caso delle PMI, un settore in cui troviamo scarsa consapevolezza rispetto a questi temi e una difficoltà a raccogliere le informazioni giuste. Le società di rating tendono a declassare questi emittenti così da allontanare gli investitori da queste società. Un aspetto importante della nostra identità di gestore è attuare un dialogo continuativo con gli emittenti che hanno performance non finanziarie poco adeguate, spiegando le nostre best practice e cosa ci aspettiamo da loro. Raccogliamo, strutturiamo e comunichiamo i dati che gli chiediamo di produrre, in questo modo l'obiettivo è quello di migliorare il loro profilo non finanziario riuscendo così ad aumentare il materiale di ritorno su questa tipologia di investimento".
2/5Integrare la sostenibilità all’interno di un gruppo anche particolarmente grande può essere complesso e articolato ma necessario. "Per farlo non c'è bisogno di andare a toccare in modo significativo i modelli già esistenti. Sulla integrazione dei modelli organizzativi, analisi e commercializzazione abbiamo pensato di portare avanti questa attività su più filoni: da una parte integrando il modello organizzativo esistente, attribuendo alle persone una funzione di sostenibilità su tre livelli, la prima sono le soluzioni da fornire al cliente, con la ricerca e i dati per costruire ricerche in ambito ESG che siano in linea con le nostre valutazioni, infine un terzo fattore quello della stewardship, esercitando la nostra attività attraverso l'engagement e il voto attraverso la governance, l'allineamento a lungo termine, la gestione del capitale umano, il coinvolgimento dei soci e infine il climate change" spiega Lorenzo Alfieri country head, J.P. Morgan AM. Si tratta quindi di un innesto nell'intera struttura per modificarne, con il tempo, il DNA.
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Essere passivi non vuol dire non influire sulla governance come azionista. "Ci sono due ambiti di sostenibilità quando questa si inserisce in un contesto di gestione passiva, da una parte la stewardship il fatto che un asset manager investa su titoli più o meno buoni o su titoli ESG non esclude il fatto che la società stessa possa intervenire da un punto di vista di voto.. Il secondo aspetto è quello relativo alla creazione di prodotti nuovi, ci sono i classici indici che ben conosciamo MSCI, ma il punto di forza è quello di creare degli indici ad hoc che rispondano a esigenze specifiche degli investitori, i tematici in questo senso aiutano molto l’investimento che va in questa direzione di sostenibilità e aiuta inoltre anche il risparmiatore finale, gli dà la possibilità di avere un tema in cui viene toccato un tema specifico come ad esempio batterie idrogeno, clear energy, temi semplici da spiegare e che per il risparmiatore abbiano una certa redditività" commenta Giancarlo Sandrin, country head Italy, LGIM.
4/5Quanto si parla di Net-Zero il tema è tutt’altro che collegato meramente al marketing. Marcello Matranga, country head Robeco Italia ricorda che la società ha firmato la Net Zero Asset Managers Initiative a fine 2020, con l'obiettivo chiaro della neutralità carbonica da qui al 2050. "Abbiamo condotto un sondaggio su poco meno 150 investitori, per capire quanto sia di interesse questo tema per chi investe così da capire se ci sia coerenza tra quello che ci apprestiamo a fare e alle esigenze della clientela finale. I risultati della ricerca dimostrano che l'86% degli intervistati, da qui a due anni, porrà il cambiamento climatico al centro del proprio processo di investimento e due anni fa poco più di un terzo aveva già mostrato questo tipo di sensibilità".
L'obiettivo di Robeco è quello di una roadmap a breve medio termine per cercare di raggiungere l'obiettivo al 2050, "il primo punto è quello di decarbonizzare la nostra attività, abbattere le emissioni in funzione della attività gestita e la condotta aziendale di cui ci facciamo carico. Stiamo abbattendo del 7% su base annua, così da arrivare nel 2025 al 30% di abbattimento di anidride carbonica, fino al 50% da qui al 2030" spiega Matranga. "Il secondo punto è quello di accelerare la transizione, rafforzare l’attività di persuasione attraverso engagement e azionariato attivo, significa ingaggiare i soggetti che inquinano di più. Abbiamo individuato 200 aziende su cui lavoreremo in maniera specifica per trovare soluzioni più compatibili con la decarbonizzazione e lo stesso faremo anche con gli Stati Sovrani. Il terzo e ultimo punto è orientare l'attenzione verso soluzioni di investimento pro-clima. Arriviamo da un’esperienza che ci ha portato ad ampliare la nostra offerta, andando a orientarla in questa direzione, considerando attentamente questi temi. Per l'azionario abbiamo arricchito la nostra piattaforma di soluzioni tematici dando spazio ai grandi problema globali, come ad esempio economia circolare e mobilità elettrica" conclude il country head. L'identità ESG è molto più importante di prima, serve però uno sforzo ancora maggiore per essere percepita nel suo complesso da tutti player in campo.
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