Ecco le inattese conseguenze del Bail-in a regime

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Le vendite sui titoli bancari italiani dipendono anche dall’entrata in vigore della normativa europea. Ne parliamo con Jacopo Ceccatelli, ad di Marzotto SIM.

Si può dire che il Bail-in è alla base dei grossi crolli di questi primi giorni dell’anno?
E’ certamente azzardato, e probabilmente esagerato, affermare che il Bail-in Regime possa essere la causa scatenante della partenza disastrosa dei mercati nel 2016. Ma se restringiamo il campo di osservazione al settore bancario italiano, sui quali si è abbattuta una pesante ondata di vendite, è indubbio che le conseguenze di validità di questa normativa sono notevolissime.

Ce la spiega in breve?
Il Bail-in Regime è la normativa europea entrata in vigore il 1° gennaio che impone perdite ai correntisti e agli obbligazionisti “senior” delle banche, presenta solide basi logiche. In linea di principio, è giusto infatti che i cosiddetti “contribuenti” smettano di pagare per gli errori o le leggerezze altrui, ed è altrettanto giusto che gli investitori e i grandi risparmiatori (quelli con conti correnti sopra ai 100mila euro) sopportino le conseguenze di scelte sbagliate o semplicemente non sufficientemente ponderate.

A volte però, anche una normativa giusta in linea di principio può essere applicata in maniera sbagliata, o con una tempistica inopportuna…
Corretto. Prima di gennaio si pensava che la grande mano protettrice della Bce avrebbe attenuato gli effetti su correntisti e investitori, in effetti così non è stato. Gli istituti più deboli (o almeno quelli percepiti tali) hanno fin da subito visto un flusso di depositi in uscita molto significativi, che nella fase attuale rischia di creare situazioni pericolosissime di crisi di liquidità. Anche per questo si sono innescati timori e movimenti di borsa impensabili fino a poche settimane fa.

Quello bancario italiano è un comparto piuttosto fragile, quindi?
Sì. Il settore bancario italiano è purtroppo l’anello più debole a livello europeo, una condizione a metà tra il paradossale e l’ironico, se pensiamo che l’Italia è stata pressoché l’unico paese europeo a non intervenire direttamente a sostegno del sistema bancario dopo la crisi del 2008 (se non coi Tremonti Bond che di fatto non erano che un prestito, e anche a condizioni molto onerose). Ai tempi ne andavamo fieri, adesso potremmo arrivare a rimpiangere di non aver fatto interventi più decisivi.