La portfolio manager Alexandra Christiansen presenta gli elementi chiave della strategia alla base del Nordea 1 – Global Climate Engagement Fund e il posizionamento del portafoglio nell’attuale momento di incertezza sui mercati.
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La crisi tra Russia e Ucraina ha spinto i mercati azionari globali in un contesto estremamente difficile e ha messo in luce molte criticità, tra cui l'eccessiva dipendenza dell'Europa dai combustibili fossili russi. Ha anche causato un impatto economico più ampio, facendo salire i prezzi delle materie prime a livello mondiale. Si aperta così una fase di forti incertezze per il mercato dell’energia, con il rischio di passi indietro nel percorso di riduzione delle emissioni di carbonio e di transizione energetica a livello globale. Ne è un recente esempio il fatto che per fronteggiare la crisi i governi occidentali si siano mobilitati per assicurarsi fonti energetiche alternative, molte delle quali ancora legate ai combustibili fossili, facendo nuovamente affidamento alle importazioni di carbone o di gas naturale liquefatto. Ma secondo Alexandra Christiansen, portfolio manager del Nordea 1 – Global Climate Engagement Fund, non bisogna solo soffermarsi sui rischi e sulle difficoltà, al contrario sul lungo termine questa fase di incertezza potrebbe rappresentare un punto di svolta positivo.
“La crisi ha rafforzato la convinzione che il mondo debba dipendere meno dai combustibili fossili nel lungo periodo e ha accelerato le politiche e le ambizioni di transizione energetica di molte aziende e governi”, spiega. “Se nel breve termine i governi faranno pressione sulle aziende per procurarsi l'energia, crediamo che nel medio termine questi vareranno programmi sul clima che incentiveranno le aziende a investire nelle energie rinnovabili”, continua. L’esperta di Nordea AM crede che l'attuale situazione spingerà le aziende a procurarsi energia in modo più razionale nella conduzione delle loro operazioni economiche. “Consumare meno energia non è solo un bene per gli imprenditori, in quanto contribuisce a proteggere i profitti delle aziende nei momenti di rincaro dei prezzi dell'energia, ma migliora anche il loro profilo di decarbonizzazione”, osserva. “In questo scenario, il risultato positivo dalla prospettiva della decarbonizzazione va di pari passo con la redditività economica e con la capacità di rimanere competitivi nel lungo periodo rispetto ai competitor con maggiori emissioni di anidride carbonica”, dice. Per tutti questi motivi la portfolio manager continua a individuare significative opportunità d'investimento derivanti dal passaggio globale a un'economia verde. “Le nostre previsioni generali sul potenziale a lungo termine della strategia non sono cambiate”, afferma Christiansen.
La strategia
Anziché investire nei leader climatici e nei provider di soluzioni già riconosciuti, il Nordea 1 - Global Climate Engagement Fund mira a generare alfa e impatto impegnandosi con i team di gestione per ridurre i rischi di transizione e accelerare le opportunità derivanti da un futuro a basse emissioni di carbonio. Ciò include il miglioramento delle prestazioni ambientali delle operazioni e l'allineamento dei modelli aziendali a un'economia a basse emissioni di carbonio. “Ricerchiamo aziende la cui valutazione è eccessivamente penalizzata dai rischi legati alla transizione energetica o non ne riflette il potenziale prospettico”, spiega Christiansen. “Ci sono diverse aziende che attualmente sono percepite come arretrate nel contesto della transizione energetica, ma che hanno il potenziale per essere ancora rilevanti nella futura green economy o addirittura fondamentali per realizzare le ambizioni net zero”, dichiara. Per costruire un portafoglio concentrato di idee ad alta convinzione, il fondo segue un approccio disciplinato di investimento di tipo bottom-up in cui l'engagement è al centro del processo.“Selezioniamo le società in base ai loro fondamentali sottovalutati, alla fattibilità dell'engagement e al valore che può essere sbloccato aiutandole a ridurre le emissioni di carbonio”, dice Christiansen. “Poiché l'impegno è al centro di questa strategia, abbiamo utilizzato la mappa di Sustainability Accounting Standards Board (SASB) per definire il nostro universo d'investimento, concentrandoci sui settori che hanno un maggiore impatto materiale sulle questioni di sostenibilità legate all'ambiente”, continua. “Le tematiche possono essere raggruppate in cinque grandi temi che crediamo siano i più critici: emissioni di aria e gas serra, gestione dell'energia, gestione dell'acqua e dei rifiuti, gestione delle risorse naturali e modelli di business sostenibili”, aggiunge.
Elementi chiave del processo di engagement
Il processo di engagement del fondo può essere suddiviso in quattro elementi chiave su cui si basa la valutazione delle aziende. Il primo è la fattibilità dell'impegno con una specifica azienda su un tema mirato. Il secondo è l'obiettivo di coinvolgimento, con la determinazione di quali KPI utilizzare per valutare i progressi futuri. Terzo step è il monitoraggio, che consente di tenere traccia dei progressi di un'azienda verso il raggiungimento dell'obiettivo di coinvolgimento. Infine vi è la strategia di escalation. “Se riteniamo che una società non riesca a raggiungere i suoi obiettivi di engagement, non esiteremo a intensificare i nostri sforzi di engagement”, afferma Christiansen.
Portafoglio e performance
Il fondo si rivolge a società a media e grande capitalizzazione. A fine settembre 2022, il portafoglio contava circa 40 partecipazioni. La maggiore esposizione settoriale del fondo è rappresentata dai Materiali (circa 18%), seguiti da Industriali e Utilities. In termini di ripartizione geografica, l'esposizione maggiore è quella del Nord America (circa il 50% del fondo), seguita dall'Europa ex Regno Unito (circa il 20%) e dal Giappone (circa l'11%). Per quanto riguarda la performance YTD (a fine settembre), il fondo è stato abbastanza resiliente in questo contesto difficile e ha sovraperformato il mercato complessivo (MSCI All Country World - Net Total Return Index). “Questa sovraperformance relativa rispetto all'indice è dovuta principalmente a una selezione positiva dei titoli nei settori finanziario e dei beni di consumo, con Munich Re (settore finanziario) che ha ottenuto buoni risultati e Pan Pacific e TJX (settore dei beni di consumo) che hanno aggiunto performance”, spiega la portfolio manager.
Anche l'allocazione settoriale ha contribuito alla performance dall'inizio dell'anno. “Il principale fattore positivo che ha contribuito alla sovraperformance è stato il sottopeso in IT e Comunicazioni, mentre il sovrappeso in Materiali e il sottopeso in Sanità hanno determinato un'attribuzione negativa della performance”, spiega Christiansen. “I segmenti difensivi del mercato, tra cui i beni di consumo e l'assistenza sanitaria, hanno resistito meglio, mentre i settori più ciclici e sensibili ai tassi d'interesse, tra cui l'immobiliare, l'informatica e i servizi di comunicazione, hanno guidato il calo da inizio anno”, conclude.