ESG, l’esclusione di titoli controversi genera indici di Sharpe più elevati

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Nel processo di selezione degli emittenti è diventato imprescindibile prendere in considerazione gli asset intangibili. Ma cosa sono questi asset intangibili? A spiegarlo è stato Simona Merzagora, country head Italy of NN Investments Partners, che “definisce queste attività, come un indicatore di rischio dell’investimento stesso. Sono tutte quelle caratteristiche che esulano dell’analisi finanziaria tradizionale ma concorrono a creare valore”.

Secondo uno studio dell’ Ocean Tomo, tra il 1975 e il 2015, il peso degli asset intangibili sull’S&P 500 è salito dal 17% al 87%. “Diventa fondamentale per un’azienda utilizzare indicatori per misurare il proprio impatto sociale e ambientale, quindi la definizione delle modalità di utilizzo delle materie prime, la valorizzazione del capitale umano, le politiche in tema di smaltimento dei rifiuti”, commenta Merzagora.“Leggendo questo dato al contrario, si può dedurre che, se fino al 1975 i bilanci finanziari hanno catturato quasi il 90% del valore di mercato delle grandi società americane, ora solo poco più del 10% può essere spiegato dall’analisi finanziaria tradizionale basata su principi contabili”.

Immaginiamoci che l’analisi tradizionale non sia altro che la punta di un iceberg. Sotto di questa, ci sono una serie di asset intangibili che contribuiscono al successo di un’azienda e rappresentano una superficie molto più estesa rispetto a ciò che vediamo fuori dall’acqua. 

In collaborazione con l’Università di Maastricht, l’European Centre of Corporate Engagement (ECCE) ha realizzato uno studio sulla relazione tra i fattori ESG e le performance. Dalla ricerca sono stati evidenziati i seguenti risultati:

Sull’azionario: I titoli che sono stati oggetto di studio sono più di 3000.  I portafogli creati sono stati corretti in base al settore e alla capitalizzazione di mercato sulla base di dati mensili. L’indagine ha portato ai seguenti risultati:

  • I titoli azionari con momentum positivo in base al punteggio ESG hanno sovraperformato quelli con momentum negativo
  • L’esclusione dei titoli azionari controversi hanno determinato indici di Sharpe più elevati e non sono specifici del settore. “La riduzione del rischio, ha portato un effetto positivo a numeratore sul calcolo del ratio”.

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Sull’obbligazionario: sono stati presi in esame circa 12.800 obbligazioni da 1.280 emittenti sulla base di dati annuali. E’ stato monitorato l’andamento del tasso d’indebitamento, il rating creditizio e la durata residua. Dalle analisi è stato riscontrato che:

  • Il passaggio da un punteggio ESG medio a punteggi massimi comporta una comprovata riduzione dello spread. “Questo è particolarmente dimostrabile per il fattore Governance, che influisce in modo particolare su numerose tipologie di bond e di emittenti”.

Sulla base di questi risultati l’investimento tradizione è incompleto senza l’inserimento dell’analisi di asset intangibili. “Integrare i fattori ESG nel processo d’investimento riduce i rischi e amplia le opportunità di catturare la crescita futura in un orizzonte temporale di medio lungo termine”, conclude la manager.