Se prima del Covid rappresentava un trend in ascesa, oggi il tema della gestione passiva deve essere affrontato in una duplice ottica di diversificazione di portafoglio e allineamento al mercato.
Per accedere a questo contenuto
Nel 2000 contavano 80 miliardi di dollari in gestione a livello globale. Oggi sono a quota 6 trilioni. Un exploit senza precedenti, merito della semplicità, efficacia, trasparenza e certamente dei costi alquanto contenuti, rispetto al settore. “La forza degli Etf risiede nella capacità di adeguarsi all’evoluzione di mercato”, dice Lorenzo Alfieri, vicepresidente di Assogestioni. Basti guardare a come questi prodotti abbiamo saputo affrontare un mercato mai così volatile come quello vissuto a inizio anno. Tra febbraio e marzo la volatilità è stata a dir poco “epocale” ricorda l’esperto. “Gli Etf hanno superato brillantemente la prova, mantenendo sempre fede alla promessa di pronta liquidabilità dell’investimento verso i sottoscrittori, che è una delle caratteristiche peculiari e più apprezzate dello strumento”.
Una crescita esponenziale
Per questo sono sempre di più gli attori che utilizzano fondi-indice ed Etf per rendere i propri portafogli più efficienti e diversificati. L’argomento, che ha caratterizzato il quarto appuntamento del ciclo R-Evolution targato Assogestioni-FocusRisparmio, è poi confermato dai dati presentati da Deborah Fuhr, managing partner & founder di ETFGI, società di ricerca e consulenza strategica attiva nel mondo degli Etp. “Parliamo di un prodotto molto speciale ed estremamente democratico: oggi è l’unico disponibile per tutti allo stesso costo e con la stessa quota d’investimento minima”. Un vantaggio che certamente si riverbera in una raccolta sempre più in crescita. “Registriamo ben 16 mesi di raccolta netta positiva straordinaria (ricordiamo che la gestione attiva dei fondi comuni è stata caratterizzata, nello stesso periodo, da deflussi). A fine settembre l’industria degli Etf contava 6,88 trilioni di dollari gestiti, con 488 provider su 73 borse in 59 paesi nel mondo”.
Numeri di un certo rilievo se consideriamo che nella sola Europa il mercato degli ETF esiste solo da vent’anni. “In America ci sono voluti ben 18 anni affinché raggiungessero il trilione di AUM”, ricorda Fuhr. Il mercato europeo ha già superato quella cifra e vanta sempre più investitori internazionali, grazie anche al fatto che questi prodotti sono Ucits. Non a caso nei primi 9 mesi dell’anno la raccolta si attesta a 498 miliardi, con un incremento di oltre il 40% rispetto allo scorso anno. Inoltre, secondo la ricercatrice, gli ETF sono un ottimo barometro per capire il sentiment degli investitori. “Abbiamo notato, per esempio, come i commodities abbiamo fatto un balzo in avanti durante il periodo di crisi da pandemia. In Europa poi, c’è più una canalizzazione dei flussi verso il reddito fisso rispetto al resto del mondo”. In grado di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e alle preferenze degli investitori, costituiscono inoltre “un modo per esporsi a mercati che altrimenti sarebbero difficilmente accessibili e possono essere inclusi in portafogli modello”.
L’evoluzione degli Etf in Italia: più soluzioni, più consulenza
Guardando al mercato nazionale, c’è certamente un grande interesse anche da parte degli investitori italiani, come spiega Luca Giorgi, Head of iShares and Wealth BlackRock Italy. “Siamo già a 8 miliardi di raccolta, dopo gli 11 del 2019 e i 7 del 2018. È un trend già in atto che ci indica come oggi questo prodotto sia sempre più utilizzato dalla pluralità degli investitori, dagli istituzionali, passando per gli asset e i wealth manager”. Soprattutto, poi, in un contesto volatile. “Non è un caso che la Fed e le altre banche centrali abbiano comprato proprio Etf per immettere liquidità nel sistema”, spiega il manager. “Quando a marzo c'è stata una situazione di forte stress e non c'era liquidità sui mercati finanziari, gli Etf trattavano con volumi cinque volte superiori rispetto ai sottostanti. Penso questo sia un passaggio epocale nella storia dello strumento e per la percezione che ne ha il pubblico”.
Anche per Emanuele Bellingeri, Head of Asset Management Italy Credit Suisse AM, il mercato italiano mostra sempre più il proprio interesse in questi prodotti. Ma servono più e diverse soluzioni d’investimento. “Con la crisi abbiamo visto aumentare la liquidità dei conti correnti degli italiani. Parliamo di masse quasi vicine al Pil nazionale. Ritengo che sul mercato ci sia perciò una forte esigenza di pensare e proporre soluzioni di asset allocation in etf e fondi passivi, costruite unendo le competenze della fabbrica prodotto e del distributore. Prodotti che magari poi puntino anche sui trend del momento: ESG e tematici, come sottolinea Vicenzo Saccente, Managing Director, Head of Sales per i Lyxor Etf in Italia. “La parola Etf sottintende una gamma di strategie molto ampia. Nel mondo ci sono dei trend in atto e nuove tematiche che creano nuove opportunità. Penso alla sostenibilità, al clima, all’evoluzione tecnologia ma anche a mega trend come l’invecchiamento della popolazione o le nuove generazioni. L’Etf è in grado di cogliere questi trend in modo veloce, efficiente e con costi bassi”.
Infine, a far una parte importante nell’evoluzione della gestione passiva futura c’è anche il mondo della consulenza, non sempre ancora in grado di offrire il giusto supporto. “Tutto dipende dall’architettura del sistema di distribuzione e da come viene proposto il servizio di consulenza”, dice a riguardo Simone Rosti, country head Italy Vanguard, analizzando il rapporto non sempre facile tra questi prodotti e il mondo della consulenza. “Noi riceviamo sempre più richieste di formazione da parte di consulenti che vogliono capire come inserire i prodotti passivi nei portafogli dei loro clienti, ora però è necessaria un’evoluzione di tutta l’industria”. Come a dire, i tempi sono più che maturi per un cambio di paradigma.