Secondo l’esperto si tratta di un concetto mal interpretato, così come “l’inflazione che viene vista come un problema mentre in realtà è la soluzione”.
Il rischio è un concetto mal interpretato. “Di solito gli si dà una connotazione negativa ma in realtà si tratta di uno scostamento rispetto ad un valore che può rappresentare un’opportunità di investimento”, spiega Fabrizio Fiorini, CIO di UBI Pramerica SGR. “Si tratta di un concetto che va ridefinito e individuato in entrambe le sue accezioni (quella positiva e quella negativa) da parte dei gestori e non solo evitato”. Per il manager “bisogna ridare la giusta dignità al rischio ma soprattutto va affrontato con una gestione attiva”. In UBI Pramerica Fiorini cerca di individuare, attraverso la stretta relazione con i suoi collaboratori, i fattori di rischio, sia quelli che possono portare effetti positivi sia quelli che possono portare effetti negativi cercando di isolarli e correlarli. “Isolarli vuol dire capire quale sarebbe la dinamica di questi fattori presi singolarmente e quale, invece, la loro interrelazione. Una certa correlazione, infatti, potrebbe creare opportunità in una determinata asset class. Si tratta di un lavoro che deve essere principalmente legato alla costruzione di un approccio top down che ti permette di avere un quadro generale e definire nella sua totalità quelli che sono i rischi, in particolare quelli con configurazione negativa.
In UBI Pramerica abbiamo un risk management che si occupa di valutare gli scostamenti dal benchmark non solo in termini di performance ma anche in termini di volatilità con cui si ottiene quella performance. A livello operativo quello che cerchiamo di fare è ipotizzare non solo le direzioni del mercato ma anche l’entità dei movimenti e la probabilità di realizzazione, in modo da definire ex ante quale potrebbe essere uno scenario di perdita massima e uno di guadagno massimo”. Attualmente quali sono i fattori di rischio da tenere sott’occhio? “Un esempio di rischiosità positiva è l’azionario che è stato spostato dal suo valore di equilibrio da fattori esogeni, che hanno ricevuto un eccesso di attenzione che ne ha proiettato gli sviluppi reali, ad esempio quello che è successo di recente con i dazi, per paura di una escalation”, spiega Fiorini. “Questa proiezione ha portato il mercato lontano dal suo fair value, quindi questo è un fattore di rischio positivo nel senso che c’è opportunità di performance. Una rischiosità negativa, invece, è quella legata alla dinamica del mercato obbligazionario in quanto è valso come bene rifugio negli anni mentre oggi questa valenza ha meno ragion d’essere in funzione di una inflazione che sta emergendo”.
Se l’inflazione è la soluzione
Per Fiorini “l’inflazione non è un problema ma una soluzione al problema più grave del debito. C’è un errore nella valutazione delle dinamiche inflattive ed una memoria corta da parte degli investitori: tre anni fa avevano paura della deflazione e la vedevano come uno spettro e oggi che abbiamo un po’ di inflazione ne sono spaventati”. Per il CIO delle due è molto più preoccupante la deflazione, soprattutto per i Paesi con debito elevato come il Giappone, dove a causa della combinazione alto debito/bassa inflazione non si riesce ad uscire dalla crisi. “Non possiamo spaventarci di avere una Banca centrale che accetta un po’ di inflazione e che -conscia di questo- sarà molto più cauta in Europa e in America a fare azioni restrittive in presenza di inflazione che può salire oltre il 2%”, conclude.