Fondazioni, prosegue l’avvicinamento tra attività istituzionali e investimenti SRI

Joel Filipe, Unsplash

La sostenibilità come obiettivo primario delle attività istituzionali passa anche per la gestione patrimoniale. Un percorso che denota un progressivo avvicinamento di intenti tra attività filantropiche delle Fondazioni di origine bancaria e scelte di investimento. Il dato emerge dalla ricerca che il Forum per la Finanza Sostenibile, in collaborazione con Acri e MondoInstitutional, dedica per il secondo anno consecutivo, alle politiche SRI delle Fondazioni. La ricerca, presentata nell’ambito della Settimana SRI, ha coinvolto 33 Fondazioni pari all’83% dell’attivo totale (circa 37 miliardi di euro), ed è stata realizzata con il sostegno di BlackRock, DPAM, Etica Sgr e Natixis Investment Managers.

A oggi, tra le entità di dimensioni medio-grandi, già due su tre scelgono gli investimenti socialmente responsabili, e tra queste il 60% ha anticipato l’intenzione di aumentarli a seguito della pandemia. I motivi di questa scelta sono appunto da ricercare nella ricerca di “coerenza” tra gli investimenti e gli scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico delle Fondazioni, in particolar modo nel contesto territoriale di riferimento. Ciononostante, l’indagine segnala ancora uno “scollamento” tra adozione di strategie SRI e patrimonio in gestione. “L’impegno per uno sviluppo sostenibile e inclusivo dei territori fa parte del DNA delle Fondazioni di origine bancaria”, afferma Francesco Bicciato, segretario generale del Forum che sottolinea come, in quest’ottica, la finanza sostenibile rappresenti “uno strumento fondamentale per allineare ai principi dello sviluppo sostenibile le strategie di investimento e le finalità istituzionali con l'obiettivo di generare un impatto positivo sui territori”. Bicciato ricorda come le Fondazioni abbiano già dato il proprio contributo nel corso della pandemia e rappresentino “un attore fondamentale per il rilancio del Paese anche attraverso partenariati con le Istituzioni centrali e le autorità locali”.

Aumenta l’integrazione dei criteri ESG

Come anticipato, i risultati indicano un aumento dell’interesse nei confronti dello SRI: ben 20 entità su 33 (il 61%), principalmente concentrate nelle aree Nord Ovest (sette) e Nord Est (sette) dichiarano di effettuare investimenti sostenibili, in crescita del 52% rispetto al 2020. Tra le 20 Fondazioni attive in termini di investimenti sostenibili, la metà sono di grande dimensione (gestiscono complessivamente 27 miliardi, cioè il 62% del totale attivo degli enti inseriti nel campione) e cinque sono medio-grandi. Le motivazioni principali alla base della scelta di integrare i criteri ESG sono, in 15 casi su 20, la coerenza degli investimenti sostenibili con le finalità istituzionali e, a seguire, la possibilità di coniugare l’impatto socio-ambientale con un congruo ritorno economico e di gestire più efficacemente i rischi finanziari (dieci su 20).

Le fondazioni che non investono SRI

Tra le Fondazioni che non applicano, a oggi, alcuna strategia di investimento sostenibile, in otto dichiarano di aver già avviato valutazioni in merito (quattro sono grandi, con un patrimonio in gestione equivalente al 7% del totale attivo), e in tre casi il processo di valutazione potrebbe concludersi tra sei mesi e un anno. Le criticità rilevate riguardano in particolare la difficoltà di misurare gli impatti ambientali e sociali generati, e la mancanza di dati di sostenibilità affidabili e standardizzati. Tra le opportunità indicate la già citata coerenza tra investimenti e finalità istituzionali, la possibilità di coniugare l’impatto socio-ambientale con un congruo ritorno economico e l’impulso proveniente dal contesto normativo di riferimento.

Le restanti cinque entità che, invece, non solo non hanno ancora integrato la sostenibilità nelle proprie scelte di investimento e non la stanno valutando, nessuna ha motivato la mancata adozione con la presunta rischiosità, scarsa redditività o eccessiva onerosità (elementi che numerose ricerche accademiche e di mercato hanno dimostrato essere pregiudizi privi di fondamento).

Tasso di copertura degli investimenti sostenibili

Come nella prima edizione dello studio, anche quest’anno gli investimenti sostenibili risultano circoscritti a una quota minoritaria del patrimonio in gestione: sulle 20 Fondazioni attive in termini di SRI, 14 applicano tale approccio a una percentuale compresa tra lo zero e il 25 per cento. Rispetto alla precedente edizione, il numero di enti che estende gli investimenti sostenibili a una quota del patrimonio compresa tra il 50 e il 75% passa da due a tre. In merito alle strategie SRI adottate (in base alla classificazione indicata da Eurosif), quelle che riscuotono più successo tra le Fondazioni di origine bancaria sono le esclusioni (14 su 20, in particolare con riferimento a produzione e commercio delle mine anti-persona e pornografia) e impact investing (12 su 20, soprattutto nel settore dell’housing sociale in cui sono attive 10 Fondazioni su 12). Continua a risultare poco diffusa, invece, la strategia dell’engagement.

Impatto della pandemia

Infine il dato sull’impatto della pandemia sulle scelte sostenibili evidenzia come il 60% (12 su 20) degli enti attivi in termini di SRI abbia in programma di aumentare la quota di patrimonio destinata agli investimenti ESG a seguito dell’emergenza sanitaria, in quanto quest’ultima ha reso manifesta la rilevanza finanziaria dei rischi di sostenibilità. Nonostante tra le conseguenze socio-economiche della pandemia vi sia l’aumento delle disuguaglianze a livello sia globale, sia nazionale, dalla ricerca è emerso che il tema, pur essendo centrale nell’attività istituzionale delle Fondazioni, è integrato nelle gestioni patrimoniali in misura limitata. Oltre la metà delle rispondenti ha però avviato valutazioni in merito.