Cometa: un fondo di fondi per investire nell’economia reale italiana

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Riccardo Realfonzo, foto ceduta (Fondo Cometa)

Favorire gli investimenti diretti dei fondi pensione nelle imprese e nelle infrastrutture italiane con una misura di politica economica che introduca uno strumento a protezione dei capitali investiti. È quanto suggerisce Riccardo Realfonzo, presidente di Fondo Cometa, che nel corso dell’audizione tenutasi presso la Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha proposto la costituzione di uno strumento di investimento diretto (per cui ha ipotizzato la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti) “che raccolga quote di risparmio versate dai fondi pensione indirizzandole verso il tessuto produttivo italiano grazie alla presenza di un meccanismo di protezione dei rendimenti”, si legge in una nota.

Previdenza complementare: 223 miliardi raccolti, ma solo il 5% investito in Italia

“La previdenza complementare potrebbe essere uno straordinario volano per lo sviluppo dell’Italia, ma si tratta di un potenziale sin qui poco sfruttato”, commenta Realfonzo, ricordando come il Paese abbia “un mercato di borsa poco sviluppato, un tessuto produttivo composto essenzialmente di piccole imprese, e uno scarso sviluppo di strumenti di investimento diretto come private equity, private debt e fondi infrastrutturali”. Motivi questi, che (“nonostante alcune iniziative positive per spingere a investire in Italia”) hanno spinto negli anni gli enti di previdenza complementare a investire per lo più all’estero. “È giunto il momento di ribaltare questo paradigma e provare ad attivare il risparmio previdenziale delle famiglie per promuovere maggiormente lo sviluppo del Paese, considerando che, come mostrano i dati OCSE, all’estero alcuni fondi pensione arrivano a investire addirittura fino al 50% delle risorse nelle economie nazionali”.

La proposta, evidenziano dal fondo, parte dalla constatazione che la previdenza complementare investe poco nel Paese e la gran parte del risparmio previdenziale viene investito all’estero. I dati Covip evidenziano infatti che il sistema della previdenza complementare (fondi negoziali, casse, fondi aperti e PIP) raccoglie circa 223 miliardi di euro ma (oltre un 15% allocato nel debito pubblico italiano) solo il 5% viene investito nelle aziende del Paese, percentuale che scende al 3% per i fondi pensione negoziali.

Il fondo di protezione

Realfonzo ha mostrato che il meccanismo di protezione dei rendimenti può essere concepito tecnicamente con almeno due soluzioni diverse (fondo rotativo e partecipazione di CDP all’investimento diretto con una attribuzione differenziata dei rendimenti). In entrambi i casi, il fondo pubblico posto a base dell’operazione va ad integrare i rendimenti nei casi in cui essi fossero inferiori a un valore soglia di rendimento che potrebbe essere la rivalutazione del TFR, e al contrario ne risulterebbe alimentato in presenza di extarendimenti. Il fondo di protezione dei rendimenti non avrebbe la natura tecnica di garanzia assicurativa poiché opererebbe nei limiti della dotazione stanziata e sarebbe dipendente dalla dinamica di mercato.

Con questo meccanismo, le risorse della previdenza complementare potrebbero essere utilizzate per favorire la crescita economica e occupazionale del Paese, con le opportune forme di monitoraggio dei tempi, delle modalità e dei rendimenti degli investimenti.

La proposta in esame (secondo quanto illustrato nel documento “Attivare la previdenza complementare per lo sviluppo del Paese. Un fondo per investimenti diretti con protezione del rendimento” messo a disposizione della Commissione bicamerale), è stata discussa e condivisa dalle parti sociali dell’industria metalmeccanica ed è stata anche introdotta (in forma di auspicio) nel contratto nazionale dei metalmeccanici siglato nel 2021 da Federmeccanica, Fim, Fiom e Uilm. Pertanto, un primo progetto pilota potrebbe essere studiato con riferimento all’industria metalmeccanica.