Fund selector italiani: ecco quali sono le principali sfide dell’industria

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Giorgio Fata

Diverse sono le sfide che ogni anno i vari segmenti dell’industria del risparmio gestito si trovano ad affrontare, tra cui quello della fund selection, componente di principale importanza per garantire ai clienti delle SGR i migliori investimenti possibili da effettuare. Ma quali sono queste sfide? Funds People l’ha chiesto ai fund selector di quattro realtà italiane del settore, nella seconda parte della round table sulla selezione dei fondi in Italia.

Luca Anzola, head of Fund Research and Alternative Investments – Gestioni Multimanager di Fideuram Investimenti SGR, le divide in due tipi: una è legata alla crescita di soggetti passivi, non soltanto di gestione ma anche di selezione, come ad esempio i robo advisor, in un contesto caratterizzato da un numero sempre maggiore di fondi e case di gestione. “Sarà sempre più importante cercare quindi di avere un processo di investimento sempre più strutturato per muoversi all’interno di un’offerta sempre più ampia”, afferma Anzola.

La seconda sfida, visto il contesto di cambiamento in termini di politiche monetarie, che secondo l’esperto arriva da una prolungata fase di crescita, stabilità, bassa volatilità, ecc., è il monitoraggio degli investimenti in essere, soprattutto nell’ambito obbligazionario. “In questo contesto è importante impiegare tempo nel guardare all’interno dei portafogli dei fondi investiti, per esempio con un rafforzamento della granularità delle informazioni detenute nei loro siti internet, nei factsheet e nella documentazione fornita, oltre che ad una maggiore frequenza di incontri e conference call con gestori su cui si hanno investimenti importanti in essere”, spiega il manager.

Sul fatto che una sfida principe sia quindi l’analisi e il monitoreggio degli investimenti obbligazionari del 2018, è d’accordo anche Giorgio Mastropietro, fund selector di Sofia GP SGR: “A livello di struttura del portafoglio, il fixed income è infatti la componente da analizzare per il prossimo periodo, dove bisognerà davvero uscire dagli standard. Questo perché chi era long di duration, di volatilità, di conseguenza può essersi spostato per allegerire il rischio sulla short duration, dove, probabilmente, qualcosa poteva ancora dare. Ora bisogna valutare quanto queste strategie potranno essere ancora profittevoli o meno, a quel punto si potrà ‘switchare’ sul long-short credit o simili, aree che potranno dare un po’ di respiro a quella componente di portafoglio”.

Secondo il fund selector, un modo in cui quest’asset class possa essere sostituita è quello di “cercare all’interno di strategie alternative, nel quale logicamente cambia il sottostante, per cercare quindi un qualcosa che abbia una finalità simile. In questo contesto, personalmente, mi viene in mente una strategia di tipo event driven. Per il resto, credo che sarà ancora un anno di asset allocation”, spiega Mastropietro.

Concentrarsi nel trovare delle nuove forme di premio rappresenta invece la priorità per David Karni, responsabile Selezione Fondi e Consulenza di BCC Risparmio&Previdenza: “Il premio della liquidità rappresenterà un tema caldo del 2018, data la carenza di cash che caratterizzerà tutti i mercati (vedi fondi PIR), soprattutto nell’azionario, e ciò è un qualcosa che si sta iniziando a vedere. Più in generale, a monte, il problema principale per i prossimi anni, magari non nel 2018, sarà la prorompenza dei fondi passivi, che sulla fund selection può avere un impatto importante. A mio parere, la vera sfida della nostra attività è quella di trovare fondi realmente attivi, perché secondo la mia visione più pessimista i portafogli, per i prossimi anni, saranno composti da fondi passivi per la componente direzionale, e da fondi molto attivi per creare alfa”, spiega il manager.

Karni sottolinea inoltre cosa, a suo parere, si dovrebbe migliorare nelle analisi quantitative e qualitative nella selezione dei fondi: “Dal punto di vista quantitativo, ognuno dovrebbe valutare i propri processi interni; da quello qualitativo invece, vedo sempre più una chiusura verso il gestore, quindi tutta la nascita di figure quali investment professional, product specialist, ecc. Questi profili lavorano effettivamente a stretto giro con il gestore, ma alla fine non sono i fund manager a prendere le decisioni finali. Notiamo che spesso, in molti eventi in giro per l’Europa organizzati dalle fund house, a presentare i prodotti sono investment specialist, che a mio parere sono di un livello inferiore rispetto ai fund manager, al fondamento che questo possa avere sul fondo. Per quanto ci riguarda, infatti, non compriamo un fondo se non parliamo in primis col gestore”, afferma.

Come ogni anno, anche per il prossimo, il principale challenge dell’industria sarà quello di creare del reale valore per i clienti, cosa che il risparmio gestito, a detta di Mario Unali, senior analyst di Kairos Investment Management, in molti casi non ha fatto. “Se guardiamo alla nostra esperienza, ciò che abbiamo fatto è stato muoverci da un modello basato sulla diversificazione, il contenimento della volatilità e del rischio, ad un modello in cui la priorità assoluta è la performance. Un modello basato quindi sull’individuazione dei termini di investimento, la gestione attiva del portafoglio e la capacità di assumersi dei rischi in alcuni contesti che presentino opportunità nel mercato. Personalmente credo che debba essere questo il giusto percorso da intraprendere, altrimenti si rischia che l’industria possa scomparire sotto la pressione di tassi a zero, della gestione passiva e di quella quantitativa, altra grande minaccia del settore”, spiega Unali.

Secondo l’analista, quello attuale si presenta come un contesto in cui l’industria gestita attivamente farà la differenza rispetto a quella passiva. “Con tassi auspicabilmente in una direzione di rialzo in mercati maggiormente complessi, si può davvero fare la differenza, ma solo assumendo il rischio in maniera attiva”, afferma.

Un ultimo aspetto dove l’industria potrebbe ulteriormente migliorare, a detta dell’esperto, è l’analisi dei fattori. Unali spiega infatti come questa sia un’area difficile da interpretare in maniera corretta dato che, soprattutto nel mondo alternativo, è difficile capire dove si è posizionati in termini di fattori di mercato. “Dare una ‘picture’ chiara al cliente, per capire dove si è seduti esattamente, è quindi difficile. Noi stiamo infatti cercando di evolverci in questo senso. Credo che ciò sia collegato anche ad altri temi, come quello della riduzione delle commissioni, che in questi anni va molto per la maggiore”, conclude Unali.