Gestione flessibile del rischio: l'approccio dei fund selector

In un contesto di incertezza economica e finanziaria, il ruolo dei fund selector diventa ancor più essenziale. Questi professionisti devono navigare in acque tumultuose per individuare i fondi di investimento che offrono la migliore opportunità di rendimento, ma allo stesso tempo mitigano il rischio. “Il nostro processo di selezione si declina in varie fasi, a seconda del grado di complessità della strategia ricercata”, spiega a riguardo Stefano Anesi, senior analyst del team di Investment Oversights di Quaestio Capital SGR. “In primo luogo, dopo aver definito l’universo investibile, effettuiamo uno screening di tipo quantitativo utilizzando i dati, costantemente aggiornati, del nostro database proprietario, che include tutti i fondi disponibili sul mercato per ogni tipologia di asset class. Attraverso l’utilizzo del nostro modello quantitativo, cerchiamo quindi di individuare le strategie più affini al profilo di rischio-rendimento target, creando così una short-list di 10-15 gestori. A tal punto, dopo un’attenta analisi dei rendimenti e dell’alpha generato, la short-list verrà ulteriormente scremata per poi essere soggetta ad una due diligence qualitativa particolarmente approfondita, così da valutare nel dettaglio ogni singola società di gestione”, evidenzia l’esperto. “Queste analisi - prosegue Anesi - si pongono come obiettivo primario quello di comprendere, nel dettaglio, vari elementi, tra cui: filosofia di gestione, processo di investimento, esperienza e track record dei vari team e funzionamento del Comitato degli Investimenti. Abbiamo dunque cercato di sviluppare un processo di manager selection particolarmente robusto con l’obiettivo di selezionare l’asset manager più adatto alle nostre esigenze, così da strutturare mandati segregati ad-hoc ed arricchire la nostra piattaforma multi-asset e multi-manager. Questo approccio ci permette anche di personalizzare le linee guida di investimento di ogni strategia: se un determinato fattore di rischio non ci convince, siamo in grado di isolarlo ed eliminarlo dalla struttura”.

L’expertise di un fund selector nella valutazione dei gestori, delle strategie di investimento e della gestione del rischio è fondamentale per guidare gli investitori attraverso periodi di turbolenza e incertezza. La capacità di adattarsi rapidamente alle mutevoli condizioni di mercato e di rivedere costantemente le strategie di allocazione dei fondi diventa essenziale per preservare e aumentare il valore degli investimenti dei clienti. “Il nostro processo di selezione è lo stesso in tutti i mercati alternativi, liquidi o meno, e rappresenta un elemento essenziale della nostra modalità di investimento. Cerchiamo di selezionare le migliori opportunità applicando un approccio rigoroso basato sull’analisi dei dati, delle performance storiche e delle prospettive future di ogni strumento”, afferma Michael Daffinà, Institutional Investors & Pension Fund manager di Arca Fondi SGR. Per Daffinà è fondamentale “anche valutare il team di gestione in termini di esperienza, capacità di generare opportunità e pratiche di gestione del rischio, sulla base di vari incontri diretti e dell’esame di tutti i documenti disponibili. Ci concentriamo sugli investimenti italiani, sia perché riteniamo che i grandi fondi pensione e clienti istituzionali debbano svolgere un ruolo di primo piano a sostegno dell’economia reale nazionale investendo e immettendo capitali nel nostro mercato, sia perché gli investimenti in società italiane effettuati nell’ambito dei piani individuali di risparmio (PIR) e detenuti per almeno cinque anni danno diritto a un notevole beneficio fiscale. In generale, comunque, deteniamo un portafoglio globale, sempre in un’ottica di diversificazione, e abbiamo una certa preferenza per gli Stati Uniti e l’Europa”.

Il fund selector deve adottare un approccio analitico e flessibile, adattando le scelte agli sviluppi del mercato e alle mutevoli condizioni economiche. La ricerca accurata e la comprensione dei rischi sottostanti consentono loro di guidare gli investitori attraverso l'incertezza con consapevolezza e competenza. “La nostra selezione dei fondi si basa su un processo sistematico che parte da una analisi quantitativa che ha lo scopo principale di valutare l’andamento registrato da un fondo o da una strategia in diverse condizioni di mercato (rialziste e ribassiste)”, evidenzia Gabriele Montalbetti, responsabile ufficio investimenti Consultinvest AM SGR. “Successivamente effettuiamo un’analisi qualitativa e procediamo alla costruzione del portafoglio, che dipende dallo scenario economico. In base alle circostanze selezioniamo le asset class e quindi i migliori gestori all’interno di ciascuna di esse, con attenzione anche alla complementarietà delle strategie. Gli investimenti tematici meritano un discorso a parte per via della vasta gamma di temi disponibili. Cerchiamo innanzitutto di identificare i temi strutturali che possano essere tradotti adeguatamente in una strategia di investimento (sufficiente numero di aziende quotate i cui ricavi sono direttamente collegati al tema in oggetto). L’analisi di un peer group tematico presenta però delle peculiarità, perché tipicamente i rendimenti dei fondi tematici sono soggetti a un’elevata dispersione dato che i gestori spesso utilizzano criteri molto diversi per definire l’universo investibile. Diversi studi infatti mostrano un divario di performance anche del 20% a tre anni tra i fondi migliori e peggiori che investono in un numero simile di società all’interno dello stesso tema. È chiaro quindi che non è facile individuare i prodotti tematici vincenti e per questo motivo cerchiamo di diversificare in più di un fondo”, conclude l’esperto.

Un processo rigoroso che vale per molte società: “Il nostro punto di partenza è un’analisi macro di tipo top-down su asset class, geografie e settori, con una collaborazione molto stretta tra strategist, gestori e analisti sulle singole asset class”, commenta Paolo Schiavini, portfolio manager di Euromobiliare Advisory SIM. “Integriamo la view macro top-down con un approccio bottom-up fondamentale, finalizzata a ricercare valore nelle principali geografie, settori e stili di investimento a livello globale”, prosegue Schiavini, ricordando che in questo momento “preferiamo un approccio molto diversificato e globale, con una presenza dei settori growth legati alla tecnologia e ai temi dell’intelligenza artificiale, affiancati a settori più resilienti, a sconto e di qualità come le utilities e l’healtcare. Nei portafogli troviamo anche titoli legati alle tendenze destinate a diffondersi sempre più, come i veicoli elettrici, la mobilità, la sostenibilità, l’invecchiamento della popolazione. Analizziamo tutti questi trend e li integriamo nella nostra analisi a partire dalla valutazione dei fondamentali. L’ultimo aspetto, ma non per importanza, è l’integrazione dei fattori ESG. Cerchiamo di offrire ai nostri clienti un numero sempre crescente di prodotti ESG applicando il nostro modello proprietario basato su esclusioni, adesione ai criteri di sostenibilità e allineamento agli SDGs e ai PAI, che tende a scegliere le società con le migliori caratteristiche di sostenibilità sul mercato”.

La selezione delle migliori realtà in portafoglio è un processo altrettanto sfidante. “Il nostro approccio alla selezione degli strumenti è altamente differenziato, perché applichiamo la prospettiva del private equity ai mercati quotati”, sostiene Simone Hirschvogl, portfolio manager degli investimenti Listed Private Equity di SEB Asset Management. Il team di SEB Private Equity conta 25 professionisti che da 20 anni effettuano investimenti diretti nel private equity. “Abbiamo una profonda conoscenza di questo settore e, oltre a investire direttamente nel private equity, sappiamo chi sono i migliori gestori specializzati e abbiamo accesso ai loro profili di investimento. Attualmente siamo più esposti ai gestori di private equity che offrono accesso al debito a tasso variabile e al credito privato. Nel complesso, però, si tratta di un’esposizione di qualità ai gestori di private equity del primo quartile”, sottolinea la manager. Per quanto riguarda invece la componente della strategia diretta, “dipende dalle singole operazioni. Collaboriamo con un gestore che investe in società quotate in Borsa con l’obiettivo di promuovere direttamente la creazione di valore operativo. Siamo estremamente selettivi ed effettuiamo solo due o tre investimenti l’anno, dopo aver svolto un’analisi approfondita a livello di gestore. Inoltre, prediligiamo gli investimenti in aziende esposte a solidi temi di sostenibilità, che offrono fonti di crescita capaci di sostenere la performance nelle fasi di mercato più impegnative. Cerchiamo quindi di abbinare la creazione di valore operativo alla crescita strutturale a lungo termine. In entrambe le componenti utilizziamo lo stesso processo rigoroso e strutturato, che prevede anche l’elaborazione di un memorandum di investimento e l’applicazione di criteri di esclusione ESG”, conclude Hirschvogl.