Nel corso del 2017 i gestori azionari non hanno dovuto fare i conti solamente con eventi di natura politica, tra cui le elezioni europee, il referendum catalano, le tensioni geopolitiche con la Corea del Nord, il processo di attuazione di Brexit e delle riforme di Trump, ma anche con alcune dinamiche di mercato come il rafforzamento dell’euro e il forte calo della volatilità del mercato azionario.
Volatilità del mercato azionario
Le politiche monetarie implementate dalla Fed, BCE, Banca d’Inghilterra e Banca del Giappone hanno portato ad un calo della volatilità dell’azionario, che tra fine agosto e inizio settembre ha registrato valori più bassi rispetto alla volatilità dell’obbligazionario. Dando uno sguardo all’andamento della volatilità, il primo movimento di aumento di volatilità è avvenuto sul mercato dei cambi. Secondo Pierluca Beltramelli, responsabile comparto flessibili e developed markets di Aletti Gestielle SGR, i cambi sono solitamente l’elemento che anticipa un eventuale movimento di volatilità delle altre asset class. “A nostro avviso le azioni delle banche centrali sono positive in quanto avvengono in condizioni finanziarie espansive, dove il rischio maggiore non è prezzato nell’asset class obbligazionaria. A questo proposito stiamo riducendo l’esposizione corporate, gli spread lato corporate non prezzano alcun tipo di rischio. Lo spread di volatilità non ci sorprende, abbiamo solo un’esposizione positiva sull’high yield industriale e sui subordinati finanziari”, dice Beltramelli.
In termini generali, secondo Fabio Fabbi, gestore equity internazionale di Ersel AM SGR, il mercato azionario non considera dei rischi che potranno essere prezzati in futuro impattando negativamente sui prezzi. “La bassa volatilità ma soprattutto la bassa correlazione tra le asset class, sono positive per lo stock picking e offrono ai fondi la possibilità di sovraperformare. I risultati aziendali sono il driver principale della scelta dei singoli titoli rispetto a un contesto come quello del 2011, dove i mercati erano guidati da situazioni di risk-on e risk-off”, spiega Fabbi. Per Claudio Marchetti, responsabile equity di Eurizon Capital SGR, il movimento sui mercati obbligazionari è stato fondamentale per cogliere opportunità riguardanti la rotazione dei portafogli azionari in termini di esposizioni settoriali. Nelle ultime settimane abbiamo assistito a un forte movimento di rotazione a livello di indici, con i settori bond proxy che hanno sofferto, a scapito dei settori che risultano favoriti da un livello di tassi un po’ meno compresso. “Il livello di volatilità dei mercati obbligazionari è fondamentale in quanto, qualora questo movimento e il livello dei tassi diventasse eccessivo, potrebbe dar luogo a delle ripercussioni non solo a livello di rotazione degli indici ma anche a livello aggregato sui mercati azionari. È fondamentale che questo movimento sia contenuto e non prosegua in maniera disordinata e eccessiva”, afferma Marchetti.
In un contesto caratterizzato da un livello di volatilità molto bassa, storicamente sui minimi, secondo Massimo Aloi, portfolio manager di Euromobiliare AM SGR, non si percepisce nessun tipo di rischio. “Nonostante i tassi rimangano bassi per un periodo abbastanza consistente, nei prossimi mesi prevediamo un aumento della volatilità abbastanza forte sul mercato obbligazionario”, afferma Aloi. Nonostante il movimento sia stato relativamente importante, “questa dinamica non ha cambiato le aspettative sulle imprese su cui investiamo e nemmeno la nostra convenienza relativa dell’investimento azionario rispetto a quello obbligazionario”, spiega Andrea Re, gestore azionario di UBI Pramerica SGR. Infine, Giuliano Gasparet, head of equity total return di Generali Investments, sottolinea come in questo momento ci siano molti venditori di volatilità sul mercato, in quanto è un modo per generare ulteriore rendimento. “Non stiamo prezzando nessun potenziale rischio e non sappiamo quanto durerà questo contesto di bassa volatilità ma è destinato a tornare su livelli più elevati. Un livello più alto di volatilità può favorire le gestioni più attive”, conclude Gasparet.
Rafforzamento dell'euro
Secondo i gestori, il rafforzamento dell’euro ha avuto un impatto soprattutto sui portafogli globali, in particolare quelli con esposizioni verso mercati che hanno realizzato performance positive in valuta locale. Per Generali Investments, il cambio euro/dollaro è stato un driver importante per le strategie di investimento dal punto di vista tattico. “Fintanto che vedevamo un rafforzamento dell’euro, abbiamo deciso di non incrementare l’esposizione azionaria. Questa decisione è stata motivata dai flussi che hanno alimentato il mercato da inizio anno e che erano legati agli investimenti sui mercati americani e non al possibile impatto negativo sugli utili aziendali. Abbiamo deciso di rientrare nel mercato azionario non appena abbiamo visto un segnale di stabilizzazione del cambio euro/dollaro”, spiega Gasparet.
Il rafforzamento dell’euro ha avuto un impatto sui portafogli che investono prevalentemente in valute diverse dall’euro, soprattutto in dollari. “Questa dinamica ha impattato tutti i portafogli azionari globali o quelli specializzati sui mercati nord americani o emergenti, dove si sono registrate buone performance in valuta locale, una volta convertite in euro sono diventate meno interessanti, mentre sui portafogli total return l’impatto è stato nullo”, osserva Marchetti. Per quanto riguarda i portafogli azionari globali, secondo Fabbi l’apprezzamento della moneta unica ha un impatto sugli utili societari, che può essere positivo o negativo a seconda della valuta di denominazione della società. “Vista la rilevante diversificazione dei nostri portafogli in termini settoriali e geografici, monitoriamo il movimento delle valute ma non facciamo movimenti tattici. I fattori di scelta sono i driver delle società e molto meno i movimenti valutari. Inoltre, le stesse società fanno attività di hedging sulle valute per limitare l’impatto dei movimenti valutari sugli utili aziendali a livello di costi o ricavi, quindi in molti casi si rischierebbe l’effetto opposto”, afferma Fabbi. Secondo Beltramelli, il mercato non ha scontato a pieno l’intervento delle banche centrali. "Abbiamo ridotto in modo consistente l’esposizione al dollaro nella prima parte dell’anno, ritenendo il rafforzamento già scontato dal mercato. Stiamo ricomprando in maniera consistente l’esposizione al dollaro in quanto c’è stato un overshooting negativo, dovuto soprattutto a fattori come le delusioni per l’effetto Trump", sottolinea Beltramelli. Nonostante il movimento violento dell’euro, soprattutto in estate, UBI Pramerica SGR non ha modificato le proprie idee di investimento. “Non facciamo analisi valutaria e pensiamo che il movimento dovrebbe rientrare parzialmente nel corso dei prossimi mesi”, precisa Re. Anche Euromobiliare SGR non copre l’esposizione valutaria, ma “pensiamo che l’indebolimento del dollaro possa continuare ancora un po’ di tempo”, conclude Aloi.