Interpretare gli sviluppi del mercato con un orizzonte di un anno, per creare un’impalcatura su cui impostare la gestione (attiva) del portafoglio. E per delineare il perimetro entro cui muoversi nei 12 mesi, ossia l’universo investibile, è necessario un robusto processo di selezione dei fondi. L’attività di investimento dell’Ente Previdenziale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati (EPPI) si affida a un percorso in cui ogni passaggio, ogni attore, conosce il proprio ruolo. Da lì l’importanza non soltanto del processo di selezione, ma anche dei professionisti che si muovono in assonanza all’interno della partitura. D’altronde, “la selezione è un lavoro a cui dedichiamo annualmente uno o due mesi, successivamente ci si focalizza sulla gestione”, afferma Danilo Giuliani, chief financial officer e vice direttore di EPPI*, che sottolinea come il team di fund selection dell’ente sia nato nel 2015 e oggi si trovi “nella fase più matura” del suo percorso.
Giuliani (EPPI): "La fund selection? Base solida per la gestione (attiva) del portafoglio"
Quattro elementi, con un background comune (ed expertise differenti), sotto la guida Giuliani. “Si tratta di professionisti specializzati in ambito finanziario e quantitativo”, specifica l’esperto indicando come alle “profonde conoscenze finanziarie, sia in termini di strumento sia in termini di asset allocation” si sommi “una competenza per noi necessaria: saper trasformare modelli finanziari in software e conoscere a fondo i provider finanziari”. Raggiunto da FundsPeople presso la sede di EPPI, a Roma, il CFO e vice DG descrive le caratteristiche salienti del processo di selezione dei fondi operato dall’ente e specifica come le competenze dei suoi collaboratori derivino da un’impostazione “proattiva” di EPPI, che da anni ricerca le professionalità necessarie in un bacino già individuato: “L’Università di Roma, Tor Vergata ha un corso di laurea che dà ai suoi studenti le competenze richieste nella nostra struttura”, afferma Giuliani. E questo, oltre a dare vita a una sinergia tra ente privato di primo pilastro e mondo universitario, smussa anche “una difficoltà” che l’esperto rileva in attività così “tecniche” come la selezione dei fondi, ossia: “la gestione dei professionisti, che hanno necessariamente mentalità e caratteri differenti. Nel caso di EPPI la scelta è stata creare un team omogeneo, sia per età, sia per esperienza e specializzazione”. Ciò che cambia, come detto, è l’expertise. Diego Floreano Dominguez, financial analyst, e Marco Di Cosmo, financial analyst avevano già una solida esperienza alle spalle in ambito private equity (il primo) e consulenza (il secondo). In particolare, Floreano è più specializzato sull’infrastruttura informatica (“ha contribuito alla creazione della quarta release dell’intero sistema informatico della funzione finanza”), mentre Di Cosmo, professionista che vanta la maggiore esperienza accanto a Giuliani nella squadra, “partecipa su tutte le attività dell’ente”. La squadra si è completata a marzo dello scorso anno, con l’ingresso di Domenico Leone, junior financial analyst. A ogni modo, afferma Giuliani, “tutti partecipano in modo proattivo a interviste con i gestori”.
1/5Su questa impostazione di base si incardina il processo di selezione, che in EPPI segue una dinamica il cui avvio è dettato, annualmente, dall’aggiornamento dell’asset allocation. Segue una revisione (e il successivo monitoraggio) dell’intero portafoglio. Il primo passaggio è di tipo quantitativo: “In primis la funzione finanza contatta le diverse case prodotto, a cui invia la composizione, in termini di benchmark, del portafoglio di EPPI. In questo modo i nostri interlocutori possono rispondere con l’invio dei dati richiesti (Isin, codici e commissioni)”. Una volta ottenute le informazioni, tramite un software interno si procede alla verifica dei dati: “Si eliminano i fondi con track record inferiore ai tre anni e i prodotti con masse inferiori ai 100 milioni di euro”. Il risultato, continua Giuliani, “è la creazione di un’analisi quantitativa per peer group suddivisa non soltanto per asset class ma anche per sottoclassi”. Nel processo sono inclusi anche i fondi già investiti dall’ente. “Nel caso in cui i fondi in portafoglio non figurino nella short list per peer group, il CdA può deliberare lo switch (esce il fondo dal portafoglio e ne entra uno nuovo). Questo ci permette di individuare sempre i fondi migliori anno per anno”.
2/5Una volta creati i peer group, il passaggio successivo è la valutazione dei trend di mercato a livello quali-quantitativo che consente, come anticipato, di definire la composizione di portafoglio di lì a un anno. Il procedimento, anche in questo caso, segue passaggi ben definiti: “Il Cda delibera gli Isin e l’esposizione massima per ciascun fondo”, afferma Giuliani che sottolinea più volte il tema dell’esposizione massima (“non media”) indicando come questo consenta alla funzione finanza di “andare da zero al massimo per singolo fondo” all’interno di quelle che definisce “bande di oscillazione”. Elemento fondamentale per gestire in modo attivo il portafoglio: “Non ci sono più delibere di investimento nel corso dell’anno, con la delibera quadro si crea tutto l’universo investibile con cui la funzione finanza opera in modo attivo tutti gli strumenti quotati”.
3/5Una volta definita la struttura portante, il monitoraggio dell’andamento di portafoglio è l’ambito in cui si esplica l’aspetto qualitativo della selezione. “Tutti i fondi su cui si ha la delega sono monitorati quotidianamente a livello quantitativo mentre, sotto il profilo qualitativo, il team si impegna a dialogare a rotazione con tutti i gestori, anche per discutere le view di mercato più tecniche sul fondo o gli aspetti generali più macro”. La composizione del portafoglio è estremamente varia e comprende tutte le asset class liquide (obbligazionario, azionario e alternativo) e tutta la parte del portafoglio illiquido, in particolare private equity, venture capital, infrastrutture e immobiliare. Sul fronte dell’investimento illiquido, Giuliani sottolinea poi come si tratti di una gestione “più strategica, su cui si cerca di utilizzare l’esperienza maturata nella gestione dei fondi liquidi”.
4/5Un ultimo elemento scaturito dall’incontro con l’esperto di EPPI va in direzione della sostenibilità. “Quando selezioniamo un fondo quotato – afferma Giuliani – individuiamo strumenti tradizionali e strumenti che rispettano i parametri di sostenibilità: a parità di ranking quantitativo, andiamo sempre a preferire quello ESG”. Il manager ricorda come nell’ultimo periodo ci sia stata maggiore attenzione verso i fondi compliant con SFDR. Tuttavia, “da un’analisi sull’intero portafoglio abbiamo notato l’assenza di una relazione biunivoca tra fondi articolo 8 o 9 e ranking ESG, quindi stiamo lavorando per individuare una potenziale relazione, capire come il processo ESG, a livello alto, politico, determini un certo andamento”. Obiettivo complesso, ammette Giuliani, ma via via più realizzabile, anche per i dati disponibili che in pochi anni sono diventati “più numerosi e granulari”, conclude l’esperto.
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