Gli effetti della Brexit sul risparmio gestito

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Le aziende situate nel miglio quadrato che accoglie la città di Londra (e che offrono principalmente servizi finanziari) rappresentano un importante motore di crescita e di ricchezza per il Regno Unito, cuore finanziario dell’Europa. È logico, dunque, chiedersi cosa potrebbe accadere con le società di gestione in uno scenario nuovo e senza precedenti. La Association of the Luxembourg Fund Industry (ALFI) ha emesso un comunicato nel quale esorta l’industria a “lavorare per creare soluzioni pratiche all’applicazione dell’uscita dall’UE”. Inoltre, afferma che “l’impatto del voto dipenderà da future decisioni politiche e trattative commerciali e, per evitare incertezza e continuare ad assicurare protezione agli investitori come sotto la regolamentazione dell’UE, è fondamentale che il periodo di negoziazione non si protragga e si assicuri una parità di condizioni”. 

Dall’ALFI ricordano che l’industria di fondi lussemburghesi ha un’ottima relazione con quella dei servizi finanziari del Regno Unito e che lavoreranno per salvaguardarla. Secondo dati dell’associazione, i fondi di investimento di diritto lussemburghese con asset provenienti da società britanniche rappresentavano il 16,5% del patrimonio in Lussemburgo alla fine di marzo del 2016, essendo secondi solo agli statunitensi. “Diverse società di gestione britanniche di grandi dimensioni hanno fatto del Lussemburgo una parte importante della propria strategia per la distribuzione globale dei fondi di investimento, situandovi importanti compagnie di gestione UCITS (e AIFMD).

Dalla European Fund and Asset Management Association (EFAMA) hanno fatto sapere che “consulteranno i propri membri europei per raccogliere feedback e reazioni e per determinare i passi successivi necessari nel corso degli eventi”.

Ma cosa pensano le società di gestione?

Da Amundi, Philippe Ithurbide, global head of Research, Strategy and Analysis e Didier Borowski, head of Macroeconomics ritengono che “i negoziati circa i servizi finanziari promettono di essere lunghi e difficili, in quanto sono strategici sia per il Regno Unito che per l'UE. Gli esperti ricordano che il Regno Unito è il centro finanziario leader a livello dell’UE: concentra quasi il 25% dei servizi finanziari dell’Unione e il 40% delle sue esportazioni di tali servizi che rappresentano attualmente l'8% del PIL del Regno Unito. “Sebbene sia improbabile che un altro mercato finanziario sostituisca Londra, la perdita di un passaporto europeo per le banche britanniche rischia di portare al trasferimento di alcuni segmenti di business (per l'Irlanda o alcuni mercati UE)”, prevedono gli esperti.

Anche se questi ultimi giorni sono stati i più intensi, non bisogna dimenticare che la campagna pro/contro Brexit era già iniziata un anno fa. Tra le società più favorevoli alla permanenza molte erano britanniche, come M&G Investments. Dalla società affermano che è troppo presto per determinare l'impatto che avrà il referendum sulla distribuzione dei fondi perché il Regno Unito potrebbe impiegare almeno due anni a lasciare l'UE dall’avvio della procedura contemplata dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona.

M&G ha portato avanti un grande lavoro di pianificazione in previsione del risultato ottenuto, realizzando molti progressi operativi in vista di ciò che accadrà una volta che il Regno Unito avrà lasciato l'UE. La società di gestione lavora da un anno per ampliare i suoi fondi domiciliati in Irlanda, strategia principale allo stato attuale per limitare i disagi per i suoi clienti. La società, inoltre, consoliderà il suo lavoro con i leader politici a Londra e Bruxelles per garantire la piena continuità e il minor turbamento possibile per gli investitori finali nel Regno Unito e nel resto dell'Unione europea".

"Non temiamo che i nostri affari dentro o fuori il Regno Unito subiscano conseguenze sostanziali per il risultato del referendum, anche se ci potranno essere modifiche normative nel lungo termine", hanno riferito da Aberdeen. “Restiamo concentrati sulla difesa degli interessi dei nostri clienti, azionisti e altri azionisti di riferimento, monitorando attentamente i negoziati per individare eventuali problemi che potrebbero richiedere cambiamenti nella struttura dei portafogli dei nostri clienti o fondi. "Siamo sicuri che riusciremo ad affrontare la sfida del risultato del referendum", concludono dalla società scozzese.

Da Allianz Global Investors ritengono che la Brexit non avrà un impatto immediato sugli affari. “Continueremo a lavorare per i nostri clienti come abbiamo fatto in passato”. Il più grande ostacolo sarà il cambio normativo sul passaporto europeo: “La principale considerazione da qui in avanti sarà come ci colpirà l’uscita del Regno Unito dall’UE, se in qualità di SGR continueremo a essere in grado di usufruire degli accordi sul passaporto europeo per prestare servizi nel Regno Unito”. Considerano, inoltre, che l’impatto di qualsiasi cambiamento sui detti accordi “probabilmente sarà limitato, visto l’importante ruolo del Lussemburgo come centro di registrazione di fondi in Europa”. La società ha già avviato il suo progetto per introdurre i propri fondi con formato OEIC nel Regno Unito.  

Secondo Giordano Lombardo, CEO e Group CIO di Pioneer Investments l’industria della gestione del risparmio, il Regno Unito e l’Europa in generale, si riprenderanno da questa decisione senza grandi danni permanenti, anche se nel breve e medio termine ci sarà inevitabilmente volatilità e incertezza come conseguenza diretta del voto”. Lombardo sostiene che Pioneer è ben posizionata, avendo le principali sedi in Irlanda e Italia.

L’esperto crede che ci siano due grandi considerazioni da fare sul voto a favore della Brexit all’interno dell’industria della gestione del risparmio: l’impatto sui portafogli dei clienti e sulla stessa industria e i suoi gestori. “Confidiamo nel fatto che non sarà dirompente sui portafogli dei nostri clienti, visti i passi fatti in termini di riduzione del rischio e diversificazione. Inoltre, da parte nostra c’è una totale fiducia nel settore”, afferma.