Si è tenuto il 5 dicembre a Roma il convegno di fine anno di Itinerari Previdenziali. Presenti alcuni tra i principali attori dell’investimento istituzionale previdenziale, per discutere delle prospettive sui prossimi mesi, e delle eventuali mosse in portafoglio, di ordine strategico e tattico.
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Il 2025 alle porte consegnerà al mondo economico e finanziario un riequilibrio politico in diversi Paesi. Si tratta del risultato degli appuntamenti elettorali che si sono concentrati in questo 2024, politicamente “caotico” e vede in testa le attese sul “mantenimento o meno” delle promesse fatte durante la campagna elettorale da Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti. A sottolineare ancora il peso del contesto geopolitico è il Centro Studi Itinerari Previdenziali nel corso del Convegno di fine anno, che si è tenuto il 5 dicembre a Roma.
Il titolo dell’appuntamento decembrino di quest’anno, appunto, Tensioni geopolitiche e disinflazione: quale outlook per il 2025, ha chiamato a raccolta alcuni tra i principali attori dell’investimento istituzionale previdenziale, per avviare una riflessione in merito alle prospettive sui prossimi mesi, e sulle eventuali mosse in portafoglio, di ordine strategico e tattico.
Punto di partenza: le sfide che attendono gli istituzionali, dalle previsioni sulla crescita (più volte nella mattinata di lavori si richiamerà il dato indicato dall’Ocse di un +0,7% per l’Eurozona e un risicato 0,8% per l’Italia nel 2024), al rapporto debito PIL che dall’attuale 135,8% è atteso in crescita al 137,8% nel 2026. Fondi pensione e casse di previdenza devono quindi mettere in atto strategie mirate non soltanto alla conservazione del patrimonio ma anche al suo accrescimento.
In questo contesto, le tre transizioni in atto (demografica, ecologica e digitale) restano ancora importanti opportunità di lungo periodo, e secondo le indicazioni presentate da Itinerari Previdenziali alla platea, la finanza può offrire un supporto in tal senso, anche in termini di sostegno all’economia reale.
Obiettivo: gestione attiva
Tra gli spunti emersi nelle tavole rotonde con gli operatori istituzionali torna, più volte, il tema della gestione attiva. A partire dall’intervento di Pierfranco Di Muro, responsabile investimenti fondo pensione del Gruppo BNL/BNP Paribas, che indica come l’identificazione del posizionamento tattico sul 2025 parta dall’analisi dei “fatti” del 2024. “E i fatti dicono: obbligazionario e azionario (pubblico e privato)”, in questo posizionamento “se non si ha un gestore attivo, la gestione attiva deve essere a livello di portfolio management”. Anche Carlo Nappi, chief investment officer Enpaf, riporta come l’ente sia orientato verso “una gestione attiva dei fondi, con l’obiettivo di creare alfa in modo persistente”. Il richiamo al contesto geopolitico arriva da Marco Lega, direttore generale Fondo Fopen, che ricorda come molti Paesi (e grandi economie) oggi siano governati “da soggetti divisivi ma influenti e attrattivi, portatori sani di dislocazione e fenomeni di coda, per questo motivo tutti i portafogli devono essere gestiti attivamente: per cercare l’alfa”. Condivide la “necessità della gestione attiva”, anche Andrea Mariani, direttore generale Fondo Pegaso “non perché si pensi a gestioni senza benchmark, perché è importante avere un orientamento al mercato, ma crediamo nei mandati a benchmark attivi che per noi rappresentano un trade off positivo”.
Crescita
Come anticipato, anche il tema della crescita (in particolare quella europea e italiana) ha dato l’abbrivio per una serie di riflessioni. Aldo Gentile, responsabile funzione finanza di Fondo Byblos, ricorda in proposito che l’Europa ha ancora una via d’uscita da questa situazione di stasi: “Uno strumento di debito comune”. L’obiettivo sarebbe il finanziamento di ricerca e sviluppo in modo da consentire di recuperare il ritardo accumulato rispetto agli Stati Uniti. Il tema della crescita si affianca alla già citata complessità del contesto generale. “In questo scenario stiamo cercando di proseguire il ciclo economico, restare alla finestra e pensare che dobbiamo fare i conti con una volatilità di mercato importante”, rimarca Ilaria Mortillaro, direttrice generale Fondo Pensioni del Gruppo Banco Popolare.
Revisione dell’asset allocation?
La domanda centrale, resta, infine, quella relativa all’asset allocation, e alle revisioni potenzialmente adottabili. Giuseppe Scolaro, direttore generale CNPR, indica come posizionamento sul 2025 un “rafforzamento della componente azionaria per la parte globale e governativa EMU che in ambito di complessiva allocazione sulla parte obbligazionaria (37%) dovrebbe attestarsi al 9%, ma anche sulla componente high yield in cui ci aspettiamo delle opportunità”, oltre a un “rafforzamento sulla componente alternativa su cui siamo ancora sottopesati”. Gli investimenti alternativi, certo, sono da tempo sotto lo sguardo attento degli istituzionali, e in alcuni hanno visto dei movimenti in termini di gestione. Enpav, ad esempio, ha operato uno spostamento degli alternativi dalla parte mobiliare a quella immobiliare, “abbiamo così definito un’unica componente illiquida del portafoglio”, afferma Riccardo Darida, responsabile area finanza dell’ente.
Un “maggiore attivismo” sull’asset allocation strategica ha interessato, invece, l’attività di Previndai. “Sei mesi fa abbiamo introdotto nuove asset class (materie prime e azionario globale infrastrutture) a fronte dell’andamento inflativo che aveva preceduto il periodo”, afferma Oliva Masini, direttrice generale del fondo. Una riflessione nata dalla necessità di rispondere a potenziali nuovi picchi inflativi, “per cui abbiamo pensato di sfruttare al meglio il nuovo scenario introducendo small cap e Paesi sviluppati, e riducendo dal 12 al 10% l’investimento in private market”. Una cosa è certa: gli investitori istituzionali operano con orizzonti di lungo, lunghissimo periodo: “Ogni anno c’è una revisione dell’asset allocation strategica, ma se si guarda così lontano, occorre definirla bene e restare allineati, prendendo i cambiamenti dei mercati come naturali”, afferma in chiusura Riccardo Rasi direttore finanza Enpap che però indica un cambiamento apportato dalla cassa degli psicologi: “La volontà di semplificare il più possibile la gestione del patrimonio, con una maggiore concentrazione sull’asset allocation strategica e meno enfasi su quella tattica”.