I 69 esistenti sono cresciuti fino a 6,3 trilioni di dollari dai 500 mld del 1995. E se, dal 1995 al 2010, il 40% del patrimonio dei fondi sovrani è stato investito in zona euro, ora si guarda di più ai mercati emergenti e di frontiera.
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Nel corso degli ultimi anni, sia i valori del patrimonio in gestione sia il reale numero di fondi sovrani sono cresciuti notevolmente. Alla fine del 2013, il portfolio delle attività dei 69 fondi sovrani esistenti sono cresciute fino a 6,3 mila miliardi di dollari Usa, dai 500 miliardi del 1995. Circa un terzo di questi fondi è partito tra il 2000 e il 2013. Il business delle materie prime, soprattutto dell’esplorazione petrolifera, rappresenta il 61% dei loro ricavi. Se si vanno a guardare gli ultimi vent’anni, i fondi sovrani hanno generato ottime performance e si sono diffusi in maniera molto più forte. E oggi sono considerati tra le più ricche fonti di capitale a sostegno dei mercati finanziari. È quanto emerge anche dall’ultimo White Paper pubblicato da Deutsche Asset & Wealth Management (Deutsche AWM). Gli autori, Valeria Miceli professoressa di economia dei mercati finanziari all’Università Cattolica di Milano e Asoka Woehrmann, CIO di Deutsche Asset & Wealth Management (Deutsche AWM), fanno sapere che “grazie al loro orizzonte di investimento di lungo termine e all’esposizione a un rischio più elevato, i fondi sovrani si comportano spesso come investitori anticiclici”. In quanto tali, investono anche nelle fasi di mercato in discesa e in asset scarsamente liquidi per trarre vantaggio dalla futura risalita dei prezzi e della liquidità. “Di conseguenza, gli investimenti dei fondi sovrani agiscono da stabilizzatori e hanno giocato un ruolo importante nel corso della crisi finanziaria”, commenta Asoka Woehrmann.
Prima dell’inizio della crisi finanziaria, infatti, i mercati guardavano ai fondi sovrani con scetticismo. Secondo gli esperti, questo era imputabile alla poca trasparenza e alla cattiva regolamentazione. In più, molti dei fondi sovrani erano di proprietà di paesi antidemocratici. Analogamente, erano visti criticamente gli investimenti in settori sensibili come la difesa, le infrastrutture e la fornitura di energia. I timori oscillavano dallo spionaggio industriale fino ai favoreggiamenti per le società nazionali che ostacolavano i loro competitor esteri. “Secondo le nostre osservazioni, non emerge un uso improprio dei fondi patrimoniali o una destabilizzazione del sistema finanziario. Anzi. A emergere è un certo effetto stabilizzante degli investimenti dei fondi sovrani, sia in termini micro sia macroeconomici”, ha sottolineato la Miceli. I fondi sovrani continueranno il loro passo positivo? A sentire gli addetti ai lavori pare proprio la risposta sia affermativa, sebbene non così energicamente come negli ultimi anni. “Questo in parte è dovuto ai bassi prezzi delle materie prime e al calo dell’export verso Paesi come la Cina. Inoltre, l’apprezzamento valutario e l’incremento dei salari hanno fatto sì che i paesi ridimensionassero i fondi messi a disposizione per gli investimenti", secondo Miceli.
Le stime suggeriscono che il patrimonio in gestione dei fondi aumenterà fino a 10 mila miliardi di dollari statunitensi entro la fine del 2016. In questo contesto i fondi sovrani stanno riesaminando le loro strategie di investimento e diversificando il proprio portafoglio. Fino a ora, i Fondi Sovrani hanno preferito investire in economie avanzate, con una sproporzionata allocazione di risorse in compagnie a grande capitalizzazione. Per due ragioni: la significativa liquidità e più alti standard istituzionali applicabili nei mercati avanzati. Dal 1995 al 2010, in media il 40% del patrimonio dei fondi sovrani sono stati investiti in Europa, di cui il 34% nell’Unione Europea e il 6% in Paesi extra-UE. Un ulteriore 27% è stato investito in Asia e il 16% in Nord America. Usando questa strategia di investimento i fondi sovrani sostengono di aver generato un rendimento medio annuo dell’8% dal 2010 al 2013. In futuro, gli esperti prevedono che i fondi sovrani investiranno sempre più nei mercati emergenti e nei mercati di frontiera. Potranno inoltre rivolgersi sempre di più a investimenti alternativi, in particolare nell’immobiliare, nelle infrastrutture e nel private equity. Anche altre tipologie di investimenti a reddito fisso, come le obbligazioni societarie ad alto rendimento potranno uscire allo scoperto. “I fondi sovrani sono sicuramente entrati nei circoli degli investitori istituzionali”, è la sintesi di Asoka Wöhrmann. “Grazie al loro orizzonte di investimento di lungo termine, la loro elevata tolleranza al rischio e a una limitata regolamentazione, possono acquisire o vendere esattamente al momento opportuno piuttosto che quando siano costretti dalle circostanze, contrariamente ai loro concorrenti istituzionali. Questo li rende un supporto ricco di capitale per i mercati finanziari”.