Il fintech come aiuta a selezionare i fondi?

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Luca Berlanda ed Edoardo De Nigris, fund selector di Euclidea Sim

La tecnologia è il nucleo delle scelte di investimento di Euclidea Sim, ed è la colonna portante del processo di selezione dei fondi e degli etf da inserire nei portafogli. “Ad oggi il lavoro di fund selection della società consiste nello sviluppare e monitorare i tool di analisi quantitativa legati ai fondi, eseguire la due diligence e controllare le analisi”, spiegano Luca Berlanda ed Edoardo De Nigris, fund selector della società fintech italiana. I modelli operano su circa 40.000 fondi ed etf con oltre 135.000 share classes, e non effettuano nessuna distinzione esplicita tra fondi attivi e passivi.

La finalità ultima del fund ranking è quella di creare, per ciascun peer group, delle classifiche che mettano in ordine i fondi dal migliore al peggiore. Si compone di due fasi sequenziali: la prima fase è quella del data pre-processing mentre la seconda è rappresentata dall’algoritmo di classificazione vero e proprio.

Nella prima fase si ottiene un database pulito e uniforme sulla base del quale poter analizzare i fondi; essa si compone di un blocco di algoritmi che hanno lo scopo di selezionare per ogni fondo la classe istituzionale che abbia inoltre delle caratteristiche idonee ai fini dell’investimento (share class in euro o in dollari, hedged o unhedged, etc.). In questa fase viene inoltre creata per ogni fondo una serie di prezzi ‘astratta’ chiamata hyper-price, depurata dalle commissioni, estesa fino al limite possibile in termini di track record e resa omogenea in termini di valuta e copertura all’interno del peer group.

L’algoritmo di Fund Ranking si divide a sua volta in due classi di modelli, relativi a due approcci diversi. Il primo modello ‘tradizionale’ suddivide le caratteristiche di un fondo di un determinato peer group in 4 categorie, a loro volta divise in diverse sotto aree. Le 4 macro-categorie sono: rischio, costo, rendimento e flussi.

Ogni fondo ottiene un punteggio su ciascuna di queste macro-aree e in quelle gerarchicamente sottostanti. Questi punteggi sono poi pesati per ottenere un punteggio finale per ogni fondo. I pesi sono determinati tenendo in considerazione l’esperienza dei gestori e la letteratura riguardo le determinanti delle performance (intese in senso lato) dei fondi.

“Per migliorare la predittività del modello e per ridurne i confini di arbitrarietà, abbiamo deciso di affiancare alla parte tradizionale del fund ranking un altro insieme di algoritmi afferenti al machine learning.” spiega Berlanda. Nello specifico, vengono utilizzate tre tipologie di algoritmi: regressione logistica, foresta randomica e reti neurali. I tre algoritmi concorrono ad una stima della probabilità che un determinato fondo sia nel primo quartile nell’anno successivo in termini di una serie di due metriche risk-adjusted (Ritorno su Drawdown e Sharpe Ratio) ed in proporzione all’abilità del modello di effettuare tale predizione. I due modelli sono poi combinati al fine di ottenere un punteggio onnicomprensivo.

“Quando il team di gestione desidera investire in un fondo appartenente ad un determinato peer group, non seleziona ciecamente il fondo che si è aggiudicato il primo posto nel ranking, ma ne integra l’output con un’analisi di dettaglio sui primi 5-10 prodotti in termini di classifica. Per i più interessanti, si procede ad un attento e approfondito processo di due diligence fino alla scelta finale.” aggiunge De Nigris.

La costruzione dei portafogli

Anche l’asset allocation si basa su modelli che calcolano l’esposizione ottimale ad un numero esteso di asset class, e solo successivamente vengono scelti i fondi più adatti da inserire. In particolare, la costruzione del portafoglio avviene in due step:

  • Risk Budgeting: viene ottimizzato il rischio e non il capitale allocato (ad alcuni livelli di portafoglio viene applicato il metodo di risk parity);
  • Recepimento dei segnali di mercato: incrementando i risk budget quando questi sono positivi e viceversa.