In occasione della terza parte della tavola rotonda con i responsabili dei principali player operanti in Italia, si è discusso sul futuro del settore bancario, e in particolare della banca depositaria. Diverse sono le sfide da affrontare.
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È da qualche anno ormai che il settore bancario italiano, e quindi delle banche depositarie, continua a vivere la sua fase di consolidamento. A tal proposito, in occasione della terza parte della tavola rotonda organizzata da Funds People con i responsabili dei principali player operanti in Italia, ci siamo chiesti quali fosse il futuro, nonché le sfide del settore nel medio-lungo termine.
L’asset management, il nuovo finanziamento bancario
Quello del risparmio gestito è tuttavia un settore in crescita, e ciò è sicuramente un fattore positivo, come spiega Frédéric Barroyer, CEO di Société Générale Securities Services: “Ad oggi, il nostro mestiere rappresenta l’ultimo anello della catena dei servizi finanziari in Europa a non disporre di un passaporto europeo. La sfida più interessante è quella di accompagnare le SGR sulle nuove asset class, sugli asset illiquidi. Ad esempio, qualche trimestre fa sono arrivati i PIR, che hanno riscosso un notevole successo, ma cosa arriverà dopo? Lo stesso riguarda i fondi pensione europei, armonizzati, ecc. Bisogna quindi accompagnare l’industria del risparmio gestito in questa strada di nuove asset class”, afferma il CEO.
Barroyer aggiunge come, recentemente, da SGSS abbiano accompagnato il primo fondo italiano di crediti al consumo cartolarizzati ed altre tipologie di fondi che contribuiscono anche al finanziamento dell’economia reale. “L’asset management sta per sostituire il finanziamento bancario e noi, come banca depositaria, accompagniamo questo sviluppo”, commenta.
Un processo di consolidamento europeo
Nel breve termine, da CACEIS Bank, non vedono all’orizzonte operazioni significative. Secondo Giorgio Solcia, managing director della branch italiana, molto è già stato fatto negli anni scorsi, come le tante operazioni di salvataggio di banche in crisi che hanno contribuito a rinforzare il sistema bancario italiano, “e servirà ancora un po’ di tempo per digerire queste acquisizioni. Per contro ritengo che il processo di consolidamento in atto sia tutt’altro che terminato. Vedremo sempre di più grandi gruppi bancari, che forti della loro solidità, assorbiranno realtà più instabili e a rischio sistemico. È un processo che penso sia in qualche modo auspicato dal Regolatore. In questo senso non escludo che il Gruppo Crédit Agricole, che ha già investito molto nel nostro Paese, possa fare la sua parte. Per il momento credo invece sia ancora troppo presto per parlare più seriamente di fusioni cross border. Sarebbe un bene per l’euro e per l’Unione Europea creare gruppi bancari sovranazionali, ma non sarà facile farle accettare da un punto di vista politico”.
A detta del managing director, nel mondo dell’asset servicing, indubbiamente il processo di consolidamento europeo sarà una delle prossime sfide. “Abbiamo visto, e lo vedremo anche in Italia, come il numero di player sul mercato si è ridotto e si ridurrà ulteriormente negli anni. L’ultimo decennio di crisi del mercato, con forte regolamentazione e pressione sui margini di interesse, ha messo a dura prova un’industria già caratterizzata da una bassa marginalità. Ritengo che un’altra grande sfida che dovrà essere colta da chi auspica di restare sul mercato sarà una forte innovazione tecnologica che vada nella direzione di una maggiore efficienza operativa, con riduzione di costi e rischi per la clientela, che possa incidere sulla profittabilità del business”, afferma. Solo chi riuscirà ad aumentare o mantenere profittabilità nel settore avrà quindi nel lungo termine una chance di restare sul mercato.
Non si può certo avere certezza di ciò che succederà nei prossimi anni, con specifico riferimento al settore delle banche depositarie italiane, ma la sfida più importante in un’ottica di cambiamento normativo, secondo Alessandro Casiraghi, head of Business Regulatory Affairs – head of Depositary Bank di BNP Paribas Securities Services, è certamente quella di “essere profittevoli con un sistema Paese, di regolamentazione talmente efficiente tale per cui le nostre case madri, nel momento in cui anche l’attività di banca depositaria potrà usufruire del ‘passaporto a livello europeo’, potranno pensare di scegliere l’Italia come domicilio ove impiantare il polo di expertise di quest’attività. Siamo, sia singolarmente che come industria delle banche depositarie nel suo complesso, realtà importanti che localmente offrono lavoro a molte persone. L’auspicio è quello di poter continuare a svolgere queste attività dall’Italia, seppur con accordi di esternalizzazione”, dichiara l’esperto.
Dopo gli importanti eventi che hanno coinvolto soprattutto banche di medio-piccole dimensioni e che hanno determinato significative operazioni di risanamento, probabilmente, la strada sarà quella delle aggregazioni/acquisizioni di consolidamento del mercato bancario, come concorda Maurizio Tacchella, responsabile Depositary Bank & Controls di DEPOBank. “Ci troviamo in una situazione in cui i margini saranno in diminuzione perché il mercato prevederà una riduzione rispetto alle attuali fee medie. Le sfide future sono quindi l’efficienza, la tecnologia e individuare delle soluzioni in grado di offrire servizi aggiuntivi, come la banca dati, che può offrire valore in termini di business”, aggiunge il manager.
I tre trend dell’evoluzione
È infatti ragionevole prevedere un consolidamento del mercato, soprattutto nei prossimi due-tre anni che, secondo Riccardo Dalfiume, responsabile commerciale di RBC Investor & Treasury Services, potrebbe portare ad avere tra i quattro e i cinque Gruppi bancari italiani. “È un trend partito già nel 2016. Ci aspettiamo un paio di anni di stabilizzazione della redditività per poi vedere una seconda ondata di fusioni. La realtà bancaria italiana è composta da strutture medio-piccole con un utile difficile da considerare sostenibile nel tempo, soprattutto a fronte di costi fissi e di adeguamento alla normativa in costante aumento”, afferma il responsabile.
L’evoluzione del nostro settore, secondo l’esperto, si baserà su tre trend: “I primi due sono la tecnologia e una costante ricerca di efficienza, trend comune tra i principali provider servizi agli investitori istituzionali. L’ultimo trend è l’adeguamento ai requirement regolamentari, che hanno impattato e continueranno ad impattare il nostro settore”.
Polarizzazione tra grandi e piccoli
Nello specifico, un consolidamento delle banche depositarie è quindi indispensabile. Guardando al mercato americano, quello più evoluto, gli operatori sono in pochi; a livello europeo invece,secondo Riccardo Lamanna, country head Italy di State Street Global Services, sono ancora in troppi. “La gestione della liquidità rappresenta un problema per un operatore focalizzato esclusivamente sui servizi amministrativi, perché pone delle limitazioni a livello di bilancio, che è esclusivamente dedicato alla protezione degli attivi dei clienti”, spiega.
“Il nostro è un mercato che cresce, un settore strategico per il Paese. Un buon settore del risparmio gestito è sintomo della maturità di un’economia, ma riteniamo che ci sia ancora molto da fare. Negli ultimi cinque anni il comparto è cresciuto ben oltre la necessità degli investitori di realizzare maggiori rendimenti rispetto agli investimenti diretti tramite la delega di gestione, e questo è avvenuto su spinta di fattori esogeni, cioè della necessità dei grandi distributori e delle banche di stabilizzare i propri ricavi. Dal punto di vista italiano, potremmo assistere a eventuali ‘tensioni’ qualora alcuni grandi distributori abbiano la necessità di rafforzare la patrimonialità attraverso emissioni proprie in concorrenza con la raccolta indiretta, così come già successo nel 2011, quando la crisi dei titoli di Stato colpì temporaneamente il risparmio gestito”, afferma Lamanna.
Per il country head, questo sarà potenzialmente il momento in cui il settore del risparmio gestito potrà dimostrare, senza incorrere nella perdita di attivi, di aver raggiunto la maturità che ci si aspetta, con investitori che guardano al servizio di gestione come a un elemento per garantirsi una adeguata protezione nel lungo periodo.
“Una delle nostre sfide è quella di seguire l’andamento dei nostri clienti per capire come aiutarli. I temi sono ancora quelli del consolidamento. Nel lungo periodo, infatti, ci sarà una polarizzazione tra grandi e piccoli operatori. In particolare i soggetti di dimensioni intermedie faranno più fatica, perché privi di specializzazione e di masse sufficienti per gestire adeguatamente la propria struttura di costo. Se i player di minori dimensioni si posizioneranno come operatori di nicchia su specifiche asset class o tipologie di attività, d’altra parte gli operatori molto grandi saranno in grado di svolgere operazioni sofisticate per prodotti a più basso costo, ma rivolti a una tipologia di clientela molto più ampia. Bisogna far evolvere le nostre applicazioni, i processi, le strutture, per essere in grado di seguire entrambe le tipologie di attività”, conclude Lamanna.