Il Giappone, di nuovo sulle mappe degli investitori

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"Inizialmente nessuno voleva sentir parlare della storia azionaria giapponese, ma in seguito all’Abenomics, molti investitori hanno iniziato a interessarsi al mercato nipponico", spiega di Reiko Mito, investment manager e gestore del Julius Baer Multistock Japan Stock Fund di GAM. "È proprio grazie all'Abenomics che il Giappone è tornato ad essere sulle mappe degli investitori" sottolinea il gestore che iniziò la sua carriera come analista presso la Bank of Japan osservando la deregolamentazione finanziaria del Paese, quella che all’epoca era definita come il 'big bang'. Dopo un'esperienza in Goldman Sachs come gestore azionario giapponese e alcuni anni vissuti a New York, Mito realizza il suo sogno di vivere in Europa e da qui osserva e spiega l'economia del suo Paese. "Gli investitori stranieri sono soliti considerare il contesto macroeconomico prima di investire sul mercato azionario di un Paese, e il Giappone non fa eccezione. In particolare gli investitori europei di solito cominciano con un approccio top-down nei confronti del Giappone. Ed è per questo che sono preoccupati della riduzione demografica nel Paese e del deficit di bilancio". Al gestore non preoccupa invece il fatto che S&P abbia di recente abbassato il livello il rating del credito nipponico, in quanto Mito non pensa che si producano effetti sul mercato azionario giapponese. "Le società in cui siamo investiti sono indipendenti rispetto al governo nipponico e quindi non sono colpite dal downgrade. Tuttavia, riteniamo che i prezzi azionari siano principalmente guidati dalla situazione finanziaria delle società e non cambiamo quindi il nostro posizionamento solo perché è arrivata la notizia del downgrade". 

Impatto dell'Abenomics

Nonostante abbia il merito di aver riportato il Paese sotto i riflettori degli investitori, sono molti in Giappone quelli che pensano ancora che la cosiddetta terza freccia dell’Abenomics abbia avuto fino ad oggi un impatto molto ridotto. "Sto dicendo agli investitori che la terza freccia, quelle delle riforme strutturali, avrà bisogno di tempo per produrre un impatto dopo le prime due frecce – il programma di QE e lo stimolo fiscale". Per esempio, il governo giapponese ha cominciato a ridurre le imposte societarie, con l’obiettivo di portare il peso fiscale al di sotto del 30% entro cinque anni. Il tasso di lavoro femminile è aumentato di pochi punti percentuale nello scorso biennio. "E quindi la terza freccia qualche effetto lo ha prodotto, ma ancora insufficiente a soddisfare le aspettative della popolazione. Tuttavia, il sentiment è in miglioramento", spiega il gestore. Affrontando la questione del rallentamento cinese e alla luce di cosa sia diventata l’economia giapponese, "non possiamo ignorare il contesto internazionale. Fino a quando il mercato azionario è fonte di preoccupazione, gli investitori rispondono al rallentamento cinese tendendo a ridurre la loro posizione nelle società che sono esposte alla Cina. Ancora non mi sento di immaginare un aumento della volatilità sul mercato nel caso di notizie macroeconomiche negative sul fronte della Cina. Dopo tutto, non sono molte le società ben stabilizzate in Cina". Il 20% delle esportazioni giapponesi sono dirette in Cina e molte società assemblano parti fatte a mano e materiali in Cina per ulteriori esportazioni a Paesi terzi. Quindi, metà dell’oltre 20% può essere visto come esportazioni dirette a Stati Uniti ed Europa. Inoltre, a prima vista, "il Giappone può essere inteso come dipendente dalla Cina, ma io ritengo che Stati Uniti ed Europa in verità siano più vivaci". 

Dal punto di vista settoriale "prestiamo particolare attenzione al settore dell’automazione industriale. Fino ad ora il settore è stato utilizzato per aumentare la produttività nei Paesi sviluppati. Tuttavia, l’inflazione salariale negli Emergenti sta spingendo le società ad adottare il settore dell’automazione industriale anche nel loro contesto. La domanda di automazione industriale è in crescita così da farci ritenere il settore come un ambito in crescita. Invece, non investiamo nel real estate: si tratta di un settore altamente ciclico con un flusso di cassa che tende a essere instabile. Evitiamo anche il settore dei materiali legati alle commodities, dato che è anche questo è molto ciclico e volatile. Mentre prestiamo molta attenzione nella selezione dei titoli del settore finanziario dato che è fonte di preoccupazioni", conclude.