Sebbene le valutazioni sull'azionario siano relativamente meno care rispetto a quelle del reddito fisso non significa che anche sui listini azionari siano state raggiunte alcune situazioni critiche.
In questi giorni spesso si è sentito dire che le valutazioni dei mercati azionari ed obbligazionari sono state influenzate pesantemente dagli imponenti interventi di stimolo messi in atto da tutte le principali Banche centrali. Si tratta di una condizione che ci accompagna ormai dal periodo della grande crisi finanziaria del 2008 e che, in occasione della diffusione del Covid-19, ha conosciuto una poderosa ri-accelerazione.
“Indubbiamente, in ottica relativa l’interventismo delle Banche centrali ha portato a valutazioni maggiormente gonfiate sui mercati obbligazionari rispetto a quelli azionari, con livelli di rendimento sui governativi estremamente bassi (o addirittura negativi) e con premi per il rischio sui segmenti a spread storicamente contenuti (ancora superiori rispetto a quelli pre-Covid)”, spiega Mirco Bongiovanni, responsabile Unità Gestioni Patrimoniali di Cassa di Risparmio di Cento. “Il fatto che le valutazioni sui mercati azionari siano relativamente meno care rispetto a quelle del reddito fisso (ad esempio, gli equity risk premia sono positivi e su livelli importanti), non toglie che anche sui listini azionari siano state conseguite alcune situazioni che devono far riflettere. Definire quali siano i livelli effettivi dei fondamentali rispetto a cui formulare giudizi di convenienza è divenuto un esercizio ancora più complicato nell’epoca pandemica di estrema incertezza che stiamo vivendo”.
Anche secondo Fabrizio Carbone, responsabile gestioni patrimoniali di Banca di Asti, i mercati azionari sono cari valutati in relazione ai fondamentali. “In particolare, gli indici azionari americani sono sostenuti dalle politiche fiscali e monetarie espansive inedite rispetto al passato e trainati da nuovi settori che hanno beneficiato delle implicazioni economiche e sociali derivate dagli effetti della pandemia. La nostra attenzione è ora concentrata, in particolar modo, sul valutare e intuire come e quando i mercati azionari incorporeranno nuovi scenari post-Covid”, spiega. “Per quanto riguarda i mercati obbligazionari, riteniamo che i mercati del corporate investment grade e high yield. seguano logiche simili al mercato equity, mentre i titoli governati dei paesi sviluppati sono fortemente influenzati dall’azione coordinata delle principali Banche centrali”.
È chiaro quindi che ci troviamo di fronte a una fase di disallineamento e questo vale in generale sia sulle quotazioni dei titoli obbligazionari a spread che per i mercati azionari. “Se ragioniamo in ottica settoriale possiamo constatare che il rapporto tra prezzi e dati di bilancio risulta più coerente, ma emergono forti disallineamenti a livello di analisi geografica. La dispersione delle valutazioni rimarrà un tema importante di quest’anno. Sicuramente le forti iniezioni di liquidità nel sistema operate dalle autorità monetarie hanno contribuito a sostenere i corsi delle attività finanziarie in attesa che anche le economie possano ricominciare gradualmente a crescere”, afferma Marco Galliani, responsabile Servizio Wealth Management di Cassa Centrale Banca.
Secondo Denis Manzi, CFA, CIPM, head of Asset Management di Banca di San Marino quello che veramente sta facendo la differenza nell’attuale contesto di mercato, è il fatto che, con tassi di interesse sugli attivi meno rischiosi a livelli infimi, vi siano poche alternative all’investimento in risky assets. “Crediamo comunque siano rimaste delle sacche di valore in alcune categorie di investimento, come ad esempio l’obbligazionario High Yield e dei mercati emergenti, ma occorre essere estremamente selettivi”.