Secondo i dati di Refinitiv, come conseguenza della guerra sulle commissioni che ha coinvolto i provider negli ultimi anni, il margine per continuare a tagliare i costi dei fondi che replicano gli indici core sembra essersi esaurito.
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Negli ultimi anni, i fornitori di ETF sono stati impegnati in una competizione per rendere disponibile il fondo passivo quotato in borsa più a buon mercato per i propri clienti. L'obiettivo: usare il total expense ratio (TER) come incentivo per raccogliere capitale. Guardando al quadro generale, il prezzo medio degli ETF in Europa è sceso di anno in anno. Dallo 0,38% che, secondo i dati di Refinitiv, si pagava in media nel 2016, si è passati all'attuale 0,35%.
Tuttavia, questo taglio dei prezzi non è stato applicato in modo uniforme. Le riduzioni più aggressive si sono verificate su quegli ETF che rientrano in categorie dove la concorrenza è più alta. È il caso di alcuni prodotti azionari che tracciano indici come l'S&P 500 o l'EuroStoxx 50, che ora sono scambiati tra i tre e i cinque punti base. Gli elevati volumi gestiti in questa classe di strategie hanno permesso ai provider di ottenere licenze di questo tipo.
Se gli ETF azionari che replicano la performance dei principali indici borsistici sono molto simili. Diversamente, i fondi negoziati in borsa che coprono asset class di nicchia spesso sono difficilmente comparabili. Di conseguenza, non è una rarità osservare i fornitori mescolare nella propria offerta prodotti con TER molto vicini allo zero ed altri in cui la commissione è molto più alta. Questo spiega perché, in media, il TER di un ETF azionario sul mercato europeo oggi è vicino allo 0,39%. Mentre cinque anni era dello 0,42%.
MARGINI SEMPRE MINORI
Sul versante dell'equity, gli ETF tematici e quelli che applicano criteri di sostenibilità sono le tipologie di strumenti in cui le case di gestione stanno sviluppando maggiormente nuove filosofie di investimento, approcci alla costruzione dei portafogli inediti e metodologie distintive per difendere le commissioni. Tuttavia, sopratutto per quanto riguarda le strategie che replicano gli indici core, dopo la vertiginosa corsa all'abbassamento dei prezzi, il margine per continuare a insistere su questa linea appare sempre più risicato.
Esiste ancora la possibilità di percorrere la strada pericolosa di offrire prodotti con commissioni negative ma, per ora, tranne in casi aneddotici molto specifici, questo è un percorso che i fornitori evitano di percorrere. Anche se l'impatto sul mercato potrebbe essere clamoroso, si tratta comunque di una manovra molto rischiosa.
In primo luogo, perché i selezionatori di queste strategie sono già consapevoli che il TER non è l'unica variabile da analizzare. In effetti, ci sono stati casi di prodotti con rapporti più alti che hanno registrato rendimenti netti maggiori di prodotti comparabili con costi inferiori. In secondo luogo, perché potrebbe seminare dubbi nel cliente sulla trasparenza del prodotto e sul modo in cui il fornitore guadagna. E infine perché, in un'industria dominata da pochi grandi player, potrebbe mettere in allerta le autorità di regolamentazione su pratiche monopolistiche nel settore.
Evoluzione dei prezzi degli ETF sul reddito fisso
Sul lato del reddito fisso, il quadro è un po' diverso. La riduzione delle tariffe applicate negli ultimi cinque anni non è stata altrettanto pronunciata. Cinque anni fa il TER medio di un ETF che replica un indice obbligazionario era dello 0,212%, ora è dello 0,207%. Il cambiamento è stato minimo, pari a solo mezzo punto base, rispetto ai tre punti base per le azioni nello stesso periodo. Tuttavia, si può notare un parallelismo tra le due asset class.
Come per gli ETF azionari core, ci sono stati costanti tagli di prezzo da parte dei fornitori dei fondi negoziati in borsa che tracciano i principali indici a reddito fisso. Questa guerra dei prezzi per ridurre le commissioni per attirare i flussi è stata compensata dai TER più alti dei prodotti di nuova creazione lanciati per coprire obiettivi d'investimento più specializzati o temi specifici, come l'ESG. Ovvero lo stesso fenomeno che si è osservato per gli strumenti passivi sulle azioni.
CONCLUSIONI
La conclusione appare quindi chiara. Per quanto riguarda gli ETF azionari e obbligazionari che tracciano l'andamento degli indici di mercato più rappresentativi, dove si concentra la maggior parte del patrimonio gestito dall'industria, tutto fa pensare che il prezzo del prodotto abbia toccato il fondo. D'altra parte, in quei segmenti di mercato in cui l'offerta di prodotto versa in una fase iniziale, la probabilità di ulteriori cali di prezzo è maggiore. Di fatto, attualmente il nuovo è più costoso del vecchio.
Nel mondo degli ETF, i costi più alti da un punto di vista relativo sono per i prodotti di gestione multi-asset e alternativi. Il TER medio per il primo segmento è dello 0,442% e dello 0,425% per il secondo. Queste sono categorie in cui, tuttavia, i fondi negoziati in borsa hanno difficoltà a penetrare. La loro crescita è stata trascurabile, perché in Europa la maggior parte del denaro è ancora destinata verso gli ETF core.
Chiudiamo con un dato: delle 171 categorie in cui Refinitiv Lipper suddivide l'universo ETF, solo 18 hanno più dell'1% del patrimonio. E in totale, queste 18 categorie rappresentano quasi il 70% delle attività complessive. Sono per la maggior parte categorie core, sia azionarie che a reddito fisso.