Il rialzo dell’inflazione è davvero una minaccia?

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Giorgio Fata

Diversi sono gli operatori di mercato che reputano che il principale rischio fondamentale riguardi le sorprese al rialzo dell’inflazione. Ma quali sono le aspettative e le potenziali minacce? Funds People ne ha parlato nella terza parte della tavola rotonda organizzata con i country head di cinque asset manager internazionali operanti in Italia.

“Con livelli di bassa inflazione da record, un mercato potrebbe facilmente cadere preda di un sell-off qualora le prospettive future di questa transizione dovessero in qualche modo fallire. Che i mercati obbligazionari non amino essere sorpresi da banchieri centrali aggressivi è cosa nota: i pochi casi di rendimenti negativi negli ultimi decenni sono riscontrabili in anni in cui le Banche centrali hanno innervosito i mercati con annunci anticipatori delle loro politiche”. È quanto affermato da Marcello Matranga, responsabile per l’Italia di Robeco, il quale vede un rischio da tenere in considerazione in quella che è solitamente nota come l’asset class a basso rischio.

Deciso è Luigi Brunetti, country head Italy di La Française AM: “Gli operatori hanno ragione. L’inflazione si è mantenuta su livelli molto contenuti malgrado la crescita del PIL mondiale ed il calo della disoccupazione avrebbero lasciato prevedere una sua recrudescenza ben più decisa. Ne sono conseguiti tassi d’interesse bassi e politiche monetarie benevole, se questo ciclo virtuoso dovesse interrompersi i rischi di tassi d’interesse in rapida crescita aumenterebbero significativamente. Le conseguenze su tutti i mercati finanziari sarebbero allora piuttosto negative”, commenta. 

Secondo la casa francese, questo non rappresenta comunque lo scenario atteso per il 2018. Per Brunetti, in realtà, vi sono ragioni strutturali importanti che spiegano la bassa inflazione globale. “E oggi se vi sono potenziali rischi inflazionistici si tratta di fattori ancora modesti dovuti al buon momento ciclico e limitati solo ad alcune economie che hanno scarsa capacità di crescere senza pressioni sui prezzi come gli USA. I nostri analisti ritengono che l’inflazione sarà un fattore al centro dell’attenzione e le sue attese saranno fonte di volatilità. Ciononostante La Française non ritiene che l’inflazione costituirà una reale minaccia nel corso del 2018. In generale, comunque, il singolo fattore non rappresenta da solo l’elemento destabilizzante di mercato, anche quando può costituire una potenziale minaccia nel momento in cui dovessero emergere dati in rapida evoluzione”, afferma il manager.

Sul fronte azionario, Paola Pallotta, managing director di Capital Group, è fiduciosa sul fatto che tutti gli elementi della crescita si confermeranno al loro posto: “c’è un’inflazione relativamente bassa e i tassi di interesse si confermano altrettanto bassi. Infatti, non c’è da sorprendersi di quanto fa il mercato nel breve periodo, perciò un brusco storno non deve stupire. La severità del calo è stata parzialmente guidata dal trading algoritmico ma, detto ciò, è chiaro che la volatilità del mercato è in aumento e che questo trend continuerà verosimilmente ancora per un po’”, spiega.

La correzione dei mercati era quindi attesa da lungo tempo. “La causa più evidente è data dai timori degli investitori circa un’impennata dell’inflazione e quel che potrebbe significare in termini di politiche monetarie più aggressive”, come afferma Marco Palacino, country head Italy di BNY Mellon IM. A detta dell’esperto, i fondi obbligazionari globali e dinamici hanno la possibilità di variare il posizionamento in maniera flessibile spostandosi su mercati che si trovano in una fase diversa del ciclo, “e potranno anche beneficiare delle eventuali posizioni su titoli indicizzati all’inflazione. Non vediamo un forte aumento degli indici dei prezzi. Ci potrà tuttavia essere un recupero dell’inflazione in Europa, ma non rappresenterebbe una forte minaccia”.

Nei prossimi mesi gli investitori saranno focalizzati nell’osservare con attenzione le mosse delle Banche centrali americane ed europee. Tali istituti centrali avranno, secondo Simona Merzagora, managing director di NN Investment Partners, l’arduo compito di bilanciare, da una parte che le aspettative di inflazione si ancorino più saldamente all'obiettivo dopo un lungo periodo di bassi tassi di inflazione; d'altro canto, però, dovranno stare attente poichè la politica monetaria richiesta per raggiungere questo obiettivo potrebbe aumentare i rischi di surriscaldamento nell'economia reale e l'esuberanza irrazionale nei mercati. 

“In questo tentativo ci aspettiamo tensione da parte dei mercati che si tradurrà in una maggiore volatilità lungo il percorso. Questo contesto non sarà favorevole agli asset con durate più lunghe e potrebbe mettere sotto pressione quelli più rischiosi, che tuttavia, continuano a ricevere sostegno da una crescita globale sincronizzata e solida”, spiega la manager. 

Da NN IP, credono infatti che, “finché la crescita continua, è improbabile che il vento contrario soffi con forza”. A fronte di un rialzo del livello dell’inflazione, Merzagora specifica come dalla società ci si attende, nel suo caso base, che la Banca centrale europea manterrà, riducendo, il programma di QE da settembre a fine anno. “Il prossimo aumento dei tassi è previsto per metà 2019. È probabile che la Federal Reserve statunitense aumenti i tassi quattro volte quest'anno e ancora tre volte nel 2019, mentre continua a ridurre il proprio bilancio. La Banca del Giappone potrebbe anche rivedere la propria politica monetaria quando l'inflazione sottostante si muoverà sopra l'1%”, conclude l’esperta.