Il risparmio gestito nel segno di fusioni e acquisizioni

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Olga Berrios, Flickr, Creative Commons

Aberdeen e Standard Life; Henderson e Janus Capital; Amundi e Pioneer Investments… Il numero di matrimoni nel settore del risparmio gestito è in aumento. I movimenti dell’industria stanno mostrando tutto ciò cui un gestore patrimoniale dovrebbe far fronte. L'inarrestabile aumento degli ETF, la persistente pressione delle commissioni, i rendimenti aggiustati dei fondi, i crescenti costi normativi e di compliance, e infine i più elevati requisiti patrimoniali, stanno complicando la vita alle società di gestione. La necessità di economie di scala non è mai stata così evidente in un settore che è dominato da pochi giganti, ma che è altrettanto composto da tanti piccoli player. Trovare il partner giusto e accorparsi ad esso sembra essere la strategia ricercata da molti team di gestione, e, come riconosciuto dagli stessi asset manager, la tendenza verso fusioni e acquisizioni nel settore crescerà sempre più.

"La necessità di economie di scala è fondamentale. Le economie di scala sono necessarie in un ambiente in cui i margini di profitto sono in calo e i costi di gestione vanno nella direzione opposta. Come risultato otteniamo che è necessario essere più grandi, è necessario disporre di economie di scala globali, essere presenti in tutti i principali centri del mondo, con annesse infrastrutture in tutte le sedi, disporre di una vasta gamma di servizi di investimento azionari, obbligazionari e multi-asset per servire la clientela. Oppure essere piccoli, e fare solo una o due cose, ma farle molto, molto bene, con un team contenuto ma allo stesso tempo con margini molto elevati", dice Grant Leon, head of Sales Department di Asia ed Europa di Capital Group. A suo avviso, la tendenza è un pò più lenta del previsto, anche se ritiene che questa accelererà sia quest'anno che il prossimo. "Nella gestione del risparmio, è necessario essere grande o piccolo. È all'interno della frangia di media dimensione del mercato che si verifica il consolidamento", afferma il manager.

Ciò che si cerca è la complementarità nelle operazioni, ovvero ci si chiede quali siano i punti di forza sia propri che dell’entità con il quale si cerca l’accorpamento, con l'obiettivo che l’unione apporti più beneficio possibile ad entrambe le parti, e che il processo di integrazione riduca al minimo le possibili vittime date dalla sovrapposizione che si produce, in misura maggiore o minore, in alcuni settori. Lo stiamo vedendo, per esempio, con la fusione tra Henderson e Janus Capital. Entrambi presentano modelli di business altamente complementari: Janus è forte nell’equity statunitense e nel fixed income, mentre Henderson presenta ottime capacità nell’azionario europeo ed in quello emergente. Duplicazioni tra le funzionalità saranno quindi molto basse, anche se queste - come segnala Phil Wagstaff, responsabile globale della Distribuzione di Henderson - si verificheranno comunque, come ad esempio succederà agli uffici europei di entrambe le entità, per lo più situati negli stessi Paesi. "Stimiamo che solo tra il 10% e il 15% dei nostri dipendenti non saranno incorporati nella società risultante dalla fusione", rivela Wagstaff.

Il problema cui alcuni esperti devono far fronte, nell’eseguire operazioni di questo tipo, è che queste si verificano in fretta. Secondo Michael Clements, responsabile dell’Equity Europeo di SYZ Asset Management, le banche di investimento sono impegnate nel cercare di assemblare modelli con ogni possibile combinazione di imprese e di bussare quindi alla porta di diversi CEO. "La gara nel farlo, per paura di essere lasciati indietro, da soli e senza pretendenti, può costringere i team a realizzare operazioni imprudenti. Trovare un accordo in un business di individui con diverse culture e con personalità forti è complicato. A causa quindi di tutte queste particolarità, cominciano a prodursi alcune crepe nei processi di integrazione". Clements le vede, per esempio, nella fusione tra Janus ed Henderson, dove, a suo parere, si è verificata "una raffica di uscite di alto profilo".

La necessità di acquisire economie di scala farà si che il processo di consolidamento continui. "I player che rimarranno nel mezzo probabilmente saranno quelli che soffriranno di più. In un contesto di pressione normativa, di maggiori costi e di margini in calo, questi saranno limitati nella loro capacità di investimento. Non vi è alcun numero magico nel risparmio gestito. Dipende da quanto redditizia è la società e dal proprio modello di business", afferma Andreas Utermann, CEO di Allianz Global Investors. Ma questo movimento verso l'integrazione tra le entità non deve verificarsi a qualsiasi costo. "Se siamo in un periodo di consolidamento, perché Allianz Global Investors e PIMCO, entrambe appartenenti al gruppo Allianz, non si fondono?", ha chiesto un giornalista a Utermann, in una conferenza stampa tenuta di recente dalla società in Francoforte. La risposta è stata molto diretta. "Quando si tratta di operazioni di fusione bisogna stare molto attenti. Allianz Global Investors e PIMCO sono due entità con modelli e culture molto differenti, quindi un’operazione di questo tipo non avrebbe senso", ha risposto il CEO.

Christian Schoen, membro del Consiglio e responsabile Institutional Sales di Erste AM, non ha alcun dubbio che la pressione regolamentare che si sta verificando nel settore, la pressione che i prodotti low cost stanno esercitando efficacemente sulle commissioni, e la grande concorrenza che esiste nel segmento, risulteranno in una compressione dei margini per le entità, e anche in una netta separazione tra la gestione attiva (alfa) e la gestione passiva (beta). A suo avviso, questo costringerà l'industria ad ottimizzare le risorse e adottare strategie di marketing diverse, mettendo il cliente al primo posto. "I tempi delle singole vendite di prodotti sono finiti. Ora, la chiave del successo è mettere il cliente al primo posto. Questo significa che non è più possibile presentarsi davanti all’investitore offrendo semplicemente il proprio fondo, ma chiedendogli innanzitutto di cosa lui abbia bisogno e quali sono i suoi target di investimento, con l’obiettivo finale di proporre e creare una soluzione personalizzata. Si tratta in primis di chiedere, e in secondo luogo di offrire la soluzione, non il contrario", spiega Schoen.