Gli investimenti value riguardano da vicino Tom Morris, gestore del global fundamental team di Liontrust e co-gestore del Liontrust GF Tortoise fund “Se guardiamo al passato, i settori value hanno sovraperformato quelli growth praticamente dagli anni Settanta fino al 2006 circa. Dal 2006 al 2020 hanno invece pesantemente sottoperformato rispetto ai titoli growth di circa il 60%, ossia del 6% l’anno. La nostra speranza è che in futuro gli stili value e growth raggiungano un certo equilibrio che renda le cose un po’ più facili per gli investitori value”. Tuttavia, il gestore ritiene valga la pena adottare un approccio value a lungo termine. “Sostanzialmente lo stile value trae vantaggio dalle reazioni eccessive degli investitori, ovvero, un titolo diventa troppo conveniente e abbandonato da tutti, un altro diventa troppo costoso e desiderato da tutti. Un investitore value non fa altro che aprire posizioni corte sui titoli che tutti vogliono, e aprire posizioni lunghe sui titoli più penalizzati”. Tom Morris ammette che non è stato facile rimanere fedeli a questo approccio in un contesto di crescita ridotta, bassi tassi di interesse, inflazione contenuta, austerity, trasparenza dei prezzi tramite Internet, eccesso di produzione di materie prime: “ma sono i problemi degli ultimi dieci anni, ritengo che i prossimi dieci saranno molto diversi. Almeno in base all’attuale scenario, nel prossimo decennio i livelli dell’inflazione saranno decisamente più alti. Verranno eletti politici che si impegnano ad aumentare la spesa pubblica, tagliare le tasse e attuare politiche populiste, anziché imporre l’austerity. Le banche centrali sono già molto più disposte a intervenire e stimolare l’economia in fase di rallentamento. Tutti questi fattori tracciano un quadro di inflazione strutturalmente più elevata nei prossimi dieci anni rispetto agli ultimi dieci, seppur non ai livelli attuali. Uno scenario favorevole ai titoli value, poiché un livello leggermente più alto sia dei tassi di interesse sia della crescita offre un certo margine di manovra alle aziende e permette ai mercati di tornare a seguire i fondamentali anziché limitarsi a scommettere sull’andamento dei tassi di interesse, che hanno governato i mercati finanziari negli ultimi 15 anni. Infine, value può anche significare qualità, un approccio che può aiutare a identificare aziende valide, mentre non ha senso investire in titoli value solo perché quotano ai prezzi più bassi del mercato”. In conclusione, Morris coglie l’occasione per una precisazione “Negli ultimi dieci anni circa si è diffusa la convinzione che value sia sinonimo di cattiva qualità, ma non è assolutamente così. Un’ottima società può risultare conveniente oggi perché non è popolare o perché magari qualcosa è andato leggermente storto a breve termine, ma resta un’ottima società In questo caso si spera che gli investitori cambino parere e tornino ad apprezzarla nei tre o quattro anni durante i quali deteniamo la posizione. Esistono diverse aziende davvero brillanti che quotano a prezzi estremamente convenienti, anche nel settore tecnologico”.
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