Nella seconda parte della tavola rotonda Liontrust targata FundsPeople il dibattito si è focalizzato sul ritorno dello stile value.
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Nella seconda parte della tavola rotonda Liontrust targata FundsPeople il dibattito si è focalizzato sul ritorno dello stile value.
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La contrapposizione di stili tra growth e value continua a essere un tema di dibattito. Negli ultimi mesi il value investing è tornato a brillare dopo anni di sottoperformance, mettendo in discussione alcune convinzioni e abitudini di investimento.
L’attuale contesto di ripresa dell’inflazione sta favorendo il ritorno di questo stile? E come inserire i titoli value all’interno dei portafogli?
Ne abbiamo parlato nel corso della seconda parte della tavola rotonda targata FundsPeople.
Nota: tutti i commenti sono riferiti al contesto del 19 ottobre 2022.
Gli investimenti value riguardano da vicino Tom Morris, gestore del global fundamental team di Liontrust e co-gestore del Liontrust GF Tortoise fund “Se guardiamo al passato, i settori value hanno sovraperformato quelli growth praticamente dagli anni Settanta fino al 2006 circa. Dal 2006 al 2020 hanno invece pesantemente sottoperformato rispetto ai titoli growth di circa il 60%, ossia del 6% l’anno. La nostra speranza è che in futuro gli stili value e growth raggiungano un certo equilibrio che renda le cose un po’ più facili per gli investitori value”. Tuttavia, il gestore ritiene valga la pena adottare un approccio value a lungo termine. “Sostanzialmente lo stile value trae vantaggio dalle reazioni eccessive degli investitori, ovvero, un titolo diventa troppo conveniente e abbandonato da tutti, un altro diventa troppo costoso e desiderato da tutti. Un investitore value non fa altro che aprire posizioni corte sui titoli che tutti vogliono, e aprire posizioni lunghe sui titoli più penalizzati”. Tom Morris ammette che non è stato facile rimanere fedeli a questo approccio in un contesto di crescita ridotta, bassi tassi di interesse, inflazione contenuta, austerity, trasparenza dei prezzi tramite Internet, eccesso di produzione di materie prime: “ma sono i problemi degli ultimi dieci anni, ritengo che i prossimi dieci saranno molto diversi. Almeno in base all’attuale scenario, nel prossimo decennio i livelli dell’inflazione saranno decisamente più alti. Verranno eletti politici che si impegnano ad aumentare la spesa pubblica, tagliare le tasse e attuare politiche populiste, anziché imporre l’austerity. Le banche centrali sono già molto più disposte a intervenire e stimolare l’economia in fase di rallentamento. Tutti questi fattori tracciano un quadro di inflazione strutturalmente più elevata nei prossimi dieci anni rispetto agli ultimi dieci, seppur non ai livelli attuali. Uno scenario favorevole ai titoli value, poiché un livello leggermente più alto sia dei tassi di interesse sia della crescita offre un certo margine di manovra alle aziende e permette ai mercati di tornare a seguire i fondamentali anziché limitarsi a scommettere sull’andamento dei tassi di interesse, che hanno governato i mercati finanziari negli ultimi 15 anni. Infine, value può anche significare qualità, un approccio che può aiutare a identificare aziende valide, mentre non ha senso investire in titoli value solo perché quotano ai prezzi più bassi del mercato”. In conclusione, Morris coglie l’occasione per una precisazione “Negli ultimi dieci anni circa si è diffusa la convinzione che value sia sinonimo di cattiva qualità, ma non è assolutamente così. Un’ottima società può risultare conveniente oggi perché non è popolare o perché magari qualcosa è andato leggermente storto a breve termine, ma resta un’ottima società In questo caso si spera che gli investitori cambino parere e tornino ad apprezzarla nei tre o quattro anni durante i quali deteniamo la posizione. Esistono diverse aziende davvero brillanti che quotano a prezzi estremamente convenienti, anche nel settore tecnologico”.
1/4“In generale quest’anno abbiamo cercato di costruire un portafoglio più bilanciato“ osserva Nicola Tommasini, head of fund research di Anima Sgr. “Negli ultimi anni ci siamo concentrati su un approccio quality growth e sui temi ESG, con ottimi risultati. Tuttavia, alla luce dell’elevata volatilità e delle nuove dinamiche descritte da Morris, quest’anno abbiamo cercato di equilibrare maggiormente il portafoglio a favore dei gestori value. Solitamente” prosegue il manager “non ci concentriamo in modo particolare su un determinato stile e tendiamo a essere agnostici su questo fronte. Cerchiamo di selezionare gestori che attuano stili diversi in base alle condizioni di mercato. Anche nell’ambito della selezione dei titoli preferiamo i portfolio manager che prendono in considerazione le valutazioni, ma anche la qualità e le caratteristiche ESG dei singoli titoli, nel quadro dell’approccio multi-manager e dei diversi stili di investimento. Lo stesso vale per i mercati: nel breve-medio periodo non siamo particolarmente positivi sugli investimenti value. Per quanto riguarda i settori value classici, puntiamo sulle banche sia perché, a parte alcuni casi specifici, al momento non presentano problemi particolari di qualità del bilancio, sia perché il margine di interesse netto dovrebbe contribuire alla redditività. Oltre il settore bancario, però, non abbiamo un orientamento positivo particolarmente pronunciato sul value”.
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Concorda Andrea Florio, manager di Zurich Bank “In questa fase sembra utile ragionare in termini di approccio”. Crediamo che le società con capacità di generare earning e cash flow positivi, non eccessivamente indebitate avranno buone capacità di sovra performare nei prossimi mesi. Oltre al value consideriamo anche il fattore quality, ovvero società che hanno una buona visibilità sulla loro struttura di conto economico e solida struttura del capitale combinata con un posizionamento di mercato che gli consente il poter di determinare prezzi in linea e di conseguenza tutelare i propri margine. In una logica di consulenza finanziaria ampia e completa è dunque sempre opportuno combinare differenti approcci al fine di sfruttare i diversi elementi positivi generati dai differenti fattori".
3/4Un approccio confermato da Roberta Rudelli, responsabile della fund selection del Gruppo Unicredit “Tendiamo a non basare le nostre decisioni sulla preferenza per uno stile in particolare, ma a costruire un portafoglio bilanciato. Ad esempio, nelle gestioni patrimoniali in cui i nostri specialisti azionari selezionano i singoli titoli, le decisioni vengono prese in base all’analisi fondamentale di tipo bottom-up e in base alle valutazioni delle società. Value significa investire in titoli a sconto rispetto al loro valore effettivo che deve tener conto anche del potenziale di crescita, dei dividendi futuri e della qualità dell’azienda in generale. Se invece parliamo di fondi comuni” prosegue la manager, “cerchiamo di mantenere una buy list stabile, selezionando per i nostri clienti fondi in grado di mantenere un solido profilo rischio-rendimento nel medio-lungo termine. Per questo la preferenza è per soluzioni blended, senza un chiaro stile value o growth perché più adatte a gestire le rotazioni settoriali del mercato. L’investitore può così rimanere investito nel fondo in qualsiasi contesto di mercato delegando al gestore le scelte di investimento. Nella selezione dei fondi prediligiamo la gestione attiva, soluzioni globali in grado di investire sull’intero spettro del mercato le cui scelte sono basate sull’analisi fondamentale. Pur avendo selezionato alcune soluzioni value e growth per i clienti più sofisticati che desiderano dare una connotazione di stile ai propri investimenti, in generale ci focalizziamo su gestori in grado di cogliere tutte le opportunità di mercato senza vincoli di stile, di area geografica o settoriale” conclude.
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