Ecco il segreto del successo degli ETF

colosseo
Tatyana Dobreva, Unsplash, Creative Commons Zero

“Iphone, Facebook, Deliveroo. Qual è il motivo del loro successo?” A chiederselo è  Vincenzo Sagonehead of ETF, Index & Smart Beta Business Unit, Amundi ETF. “Semplice, prima di loro non c’era niente che offrisse gli stessi servizi". 10 anni fa, un investitore privato come poteva investire sull’oro? Una gestione patrimoniale come poteva prendere una posizione corta sul mercato azionario europeo? Un fondo bilanciato come poteva costruire un’esposizione intraday sui mercati emergenti? "Questo è il vero motivo del successo degli ETF: hanno permesso agli investitori di allargare il panorama delle scelte di investimento e hanno resto l’universo investibile alla portata di tutti, in modo semplice, trasparente, a costi contenuti e facilmente negoziabili". 

Il 2017 è un anno record per il mercato degli ETF. Al 30 settembre 2017 infatti la raccolta complessiva in Europa è stata di 75 miliardi di euro, quasi il doppio di quanto era confluito negli ETF nello stesso periodo del 2016. L’Italia ha fatto decisamente la sua parte con oltre 11 miliardi (dati Borsa Italiana al 30 settembre) a conferma del grosso interesse che questi strumenti stanno riscuotendo anche nel nostro Paese. Inoltre secondo un recente studio di PwC ("Asset & Wealth Management Revolution: Embracing Exponential Change"), gli asset globali gestiti dall'industria del risparmio gestito raddoppieranno in dieci anni, crescendo da 84,9 trilioni di dollari del 2016 a 145,4 trilioni di dollari entro il 2025. In particolare i gestori passivi guadagneranno quote di mercato, crescendo dal 17% nel 2016 al 25% entro il 2025. "Le prospettive sono estremamente incoraggianti considerando che il mondo dei prodotti a gestione passiva è ancora oggi dominato dalla clientela istituzionale, in particolare fondi di fondi, gestioni patrimoniali e assicurazioni che fanno la maggior parte dei volumi”, commenta Mauro Giangrande, director – head of Passive Distribution Southern Europe Deutsche Asset Management. “Conseguentemente un maggior utilizzo degli ETF da parte dei retail potrebbe non solo consolidare questi tassi di crescita anche per il futuro ma costituire un vero e proprio volano per gli strumenti a gestione passiva così come è avvenuto negli Stati Uniti".  

Per Francesco Lomartire, responsabile di SPDR ETFs per l’Italia, gli ETF si sono imposti negli ultimi anni come scelta obbligata per molti gestori che hanno dovuto utilizzare uno spettro sempre più ampio di asset class per poter incrementare la diversificazione del portafoglio e migliorarne la redditività. “Gli ETF possono contare su un circuito di liquidità aggiuntivo rispetto a quello dei titoli sottostanti e il loro mercato secondario rappresenta una fonte di informazioni per capire la direzione degli investitori, l’appetito per il rischio e il gradimento di un’asset class”. E continua: “La diffusione degli ETF viaggia di pari passo con la maggiore sofisticatezza delle soluzioni di asset allocation proposte dagli intermediari. La scelta di come ‘coprire’ un’asset class, se direttamente in titoli, tramite ETF o con un gestore attivo, deve essere ben ponderata, tenuto conto dell’impatto che avrà nel lungo periodo sui costi - siano essi tasse, costi di transazione, amministrativi o di gestione – e, inevitabilmente sulle performance del portafoglio”. 

Antonio Sidoti, director of Italian Sales, WisdomTree Europe, evidenzia un’altra tendenza in atto in Italia: quella dei consulenti finanziari a costruire i portafogli dei clienti facendo sempre più uso di ETF come elementi base. “Questo trend è stato incentivato dal basso costo, dalla trasparenza e dalla flessibilità offerti da questi strumenti rispetto ai fondi tradizionali. Il mercato ETF in Italia è dinamico anche in termini di scelte dei prodotti disponibili, oscillando in un range che varia da prodotti nazionali che dominano lo scambio, come quelli che replicano l’indice FTSE MIB, a una gamma diversificata di ETF Smart Beta e alternative weighted”. E aggiunge: "Inoltre, gli investitori italiani sono anche diventati sempre più interessati a ETF con copertura valutaria, in seguito alla recente volatilità dell’euro rispetto alle altre valute, in particolare il dollaro.

L’importanza dell’innovazione
"Gli ETF hanno cavalcato l’innovazione di prodotto", spiega Marcello Chelli, referente per i Lyxor ETF in Italia. "Oggi a Piazza Affari un investitore può scegliere tra un vasto numero di ETF che permettono di esporsi a tutte le asset class e le aree geografiche attraverso diversi approcci, replicando indici più tradizionali (a capitalizzazione di mercato) come anche più in linea con specifiche esigenze di portafoglio (es. ESG, Risk Factor, Tematici, Smart Beta) o per supportare nuovi trend di mercato. Nel 2017 l’innovazione più importante dell’offerta di ETF in Italia è stata certamente data dagli ETF PIR, rivolti principalmente agli intermediari che hanno realizzato per i loro clienti soluzioni PIR come fondi comuni, polizze assicurative, Unit Linked e Gestioni Patrimoniali.

"Da qualche tempo anche investitori istituzionali come i fondi pensione, le casse di previdenza, i desk che gestiscono gli asset proprietari di banche e assicurazioni si sono avvicinati al mondo della replica passiva", spiega Francesco Branda, head of Passive & ETF Specialist Sales Italy, UBS AM. "Si tratta di tipologie d’investitori con esigenze molto diverse tra loro e che necessitano di soluzioni e di servizi realizzati su misura. Per far fronte ai diversi bisogni di questa moltitudine di attori è necessaria un’evoluzione anche da parte degli asset manager passivi. Fino a ieri, condicio sine qua non per il successo era avere solide expertise di replica passiva e un’ampia gamma di strumenti. Poi la crescente competizione ha iniziato a premiare i player in grado di portare una notevole capacità d’innovazione. Oggi occorre anche un ulteriore elemento: la capacità di offrire un altissimo grado di servizio a questa tipologia di investitori, all’interno di un contesto sempre più dinamico e regolamentato (COVIP, Solvency II, Mifid II).

Passivo vs attivo, una discussione ormai superata
L’adozione degli ETF è un trend in forte crescita e uno dei maggiori temi dibattuti all’interno dell’industria del risparmio gestito degli ultimi anni. Alla luce di questo sviluppo, "si sente spesso parlare di attivo verso passivo ma si tratta di una discussione ormai superata”, commenta Emanuele Bellingeri, responsabile per l’Italia di iShares. “Di fatto, il presupposto da cui partire è che ogni portafoglio è per definizione attivo. Tutti i portafogli richiedono decisioni di investimento attive, pensiamo anche alla scelta del benchmark. Fatta questa premessa, notiamo oggi una maggiore consapevolezza nell’importanza dell’asset allocation e del suo apporto dominante al rendimento di un investimento. Il mercato comincia a ritenere sempre meno rilevante il contributo della security selection, in passato delegata per lo più a gestori attivi ma oggi sempre più assorbita della gestione indicizzata”.
Massimo Siano, head of Southern Europe per ETF Securities per sapere se gli ETF ed ETC sono meglio della gestione attiva sottopone il risparmiatore al seguente quiz: Sono capace di comprare in Borsa? Sono capace di valutare il rischio del mio investimento? Sono capace di diversificare il portafoglio del mio investimento? Sono capace di valutare i costi dei prodotti finanziari? Sono un investitore di lungo periodo? “Se il risparmiatore ha risposto SI a tutte queste domande allora potrebbe trarre considerevoli vantaggi di costo nell’acquisto di un ETF o ETC. Se viceversa il risparmiatore ha risposto NO anche a solo una di queste domande allora credo sia meglio che deleghi il risparmio ad una gestione attiva fatta da professionisti del settore”.