Greenwashing nei portafogli ESG, la difesa degli investitori
Il greenwashing è un fenomeno sempre più centrale nelle analisi ESG. Nell’ultima parte della tavola rotonda di Hub ESG ecco le modalità con cui gli investitori identificano le pratiche ingannevoli, affidandosi anche a strumenti di intelligenza artificiale.
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Il greenwashing è un fenomeno sempre più centrale nelle analisi ESG. La crescente attenzione verso la sostenibilità ha condotto gli investitori a una maggiore vigilanza rispetto alle potenziali pratiche ingannevoli che possono compromettere l'integrità dei portafogli dichiaratamente sostenibili. Secondo un recente sondaggio condotto da PWC, l'82% degli investitori istituzionali ha espresso preoccupazione rispetto alla potenziale presenza di greenwashing nei portafogli ESG, un aumento significativo rispetto al 70% segnalato nel 2022. Questa crescita riflette maggiori consapevolezza e attenzione alla trasparenza e alla veridicità delle informazioni fornite dalle aziende. Identificare i casi di greenwashing, quindi, rappresenta una sfida complessa ma fondamentale per mantenere l'integrità degli investimenti ESG. Intelligenza artificiale e machine learning vengono sempre più utilizzati per analizzare grandi quantità di dati e identificare incongruenze tra le dichiarazioni delle aziende e le loro pratiche operative reali. Inoltre, gli investitori stanno facendo maggiore affidamento su valutazioni indipendenti e certificazioni per garantire l'autenticità delle credenziali ESG delle aziende. Di analisi e individuazione delle possibili pratiche di greenwashing si è discusso nell’ultima parte della tavola rotonda di Hub ESG.
I commenti si riferiscono al contesto del 19 giugno 2024.
"La tematica del greenwashing è tra le più importanti per noi, soprattutto come rappresentanti di gruppi bancari votati alla sostenibilità", dichiara Ilaria D'Ascenzio ESG Specialist Sustainability Center, Investments&Advisory BNL BNP Paribas. "Da sette anni - ricorda -, in BNL BNP Paribas ci siamo dotati di un rating proprietario per analizzare qualitativamente prodotti, fondi, titoli azionari e obbligazionari, assegnando un rating chiamato ‘clovers’ per valutare la sostenibilità di ogni strumento finanziario e prevenire situazioni di greenwashing. La volontà delle autorità di imporre maggiore trasparenza e regolamentazione per evitare il greenwashing ha portato però a fenomeni contrari. Vorrei evidenziare due termini: greenhushing e greenbleaching. Molti fondi, pur essendo sostenibili, evitano di dichiararsi tali per non dover sottostare a regole stringenti, risultando in greenhashing o greenbleaching. Questi fenomeni sono osservati da ESMA e IOSCO, che stanno sollevando preoccupazioni. Viviamo in un mondo sostenibile senza un'accademia consolidata come nei mercati finanziari tradizionali. Stiamo ancora scrivendo le regole e definendo il percorso. Il regolatore conosce la traiettoria, ma non tutti i dettagli del percorso. L'eccessiva richiesta di trasparenza può portare a una non disclosure, contraria all'intento originale del regolatore".
1/5Secondo Roberto Arosio, responsabile investimenti e Wealth Management di Banca Aletti la governance "è essenziale". In Banca Aletti "abbiamo una due diligence dedicata alla componente ESG. Se un società di asset management non raggiunge un livello intermedio avanzato, i suoi prodotti non possono essere inseriti nelle nostre liste ESG", evidenzia Arosio ricordando che "oltre a una due diligence sulla società verifichiamo gli investimenti sottostanti attraverso il look-through, applicando criteri di negative screening; a oggi con questi filtri escludiamo nell’ambito dell’offerta ESG Art. 8 e 9 circa il 25% del catalogo". Per considerare un prodotto ESG "è importante non solo la classificazione del prodotto, ma anche verificare se gli investimenti sono coerenti con la tassonomia Eu, la quota degli investimenti sostenibili oppure la presa in considerazione dei PAI. Questo finora ci ha protetto dal greenwashing. Inoltre la gestione del greenwashing a nostro avviso viene effettuata allineando le preferenze dichiarate dai clienti con il livello di sostenibilità e di caratteristiche dei prodotti ESG. A tal fine adottiamo un sistema di categorizzazione dei prodotti in base alle preferenze ESG dei clienti e tre gradienti di sostenibilità (basso, medio e alto) che alla fine non è molto differente rispetto a quanto si sta discutendo in ambito di revisione SFDR. Stiamo lavorando infine anche per avere, a fianco dei nostri criteri di classificazione, una second opinion da parte di società che utilizzano metodologie differenti per valutare la coerenza del naming e della proposizione ESG con le politiche di investimento attuate. In tale ambito l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, anche in considerazione dell’enorme quantità di dati necessari per valutare le strategie di investimento, fornirà un supporto fondamentale", conclude Arosio.
2/5Anche per Fabrizio Quarta, Advisory portfolio manager, ESG Investment analyst di Euromobiliare Advisory SIM, "la risposta al greenwashing è la governance. Da anni analizziamo fondi e case di investimento, concentrandoci su come sono organizzati i processi di investimento. La regolamentazione autonoma degli investitori ha migliorato la capacità di identificare la sostenibilità reale. I PRI (Principles for Responsible Investment) sono fondamentali, fornendo framework per integrare la sostenibilità nell'analisi dei fondi di terzi. Abbiamo standardizzato un modello per analizzare la governance della sostenibilità delle società, considerando team di investimento sostenibile, risorse allocate, CSR, KPI a livello di management, stewardship e trasparenza". Secondo Quarta "questo approccio ci aiuta a discriminare potenziali casi di greenwashing e a favorire le società con processi sostenibili ben definiti. Questo metodo ci ha permesso di evitare grandi casi di greenwashing. Quando abbiamo riscontrato problemi, li abbiamo valutati nel nostro framework per comprendere l'impatto sull'investment case. Utilizziamo vari indicatori per identificare il greenwashing, tra cui la governance della sostenibilità, l'analisi dei team di investimento sostenibile, risorse allocate, CSR, KPI a livello di management e attività di stewardship. Valutiamo come viene fatta la stewardship, il livello di trasparenza e l'adesione a regolamentazioni e associazioni. Questo ci aiuta a creare una visione olistica di un processo, una casa o un fondo, fornendo ai clienti prodotti realmente sostenibili, evitando problematiche legate al greenwashing. La chiave è sempre la governance".
3/5Sul tema greenwashing "c’è un’attenzione sempre maggiore da parte del mercato e dei media". Ne è convinto Gianluca Lonero, head of ESG integration and active ownership di Fideuram AM SGR. "Il contrasto al greenwashing - afferma - è inoltre una priorità nell’agenda dei regulators internazionali. Le ESAs (European Supervisory Authorities) hanno recentemente pubblicato i loro rapporti finali coordinati sul greenwashing nel settore finanziario ed ESMA ha pubblicato il rapporto finale contenente le ‘Linee guida sui nomi dei fondi che utilizzano termini ESG o legati alla sostenibilità’, Linee guida che avranno un impatto molto rilevante sul settore dei fondi ESG. Le società di asset management devono analizzare e valutare le strategie che utilizzano per gli investimenti per poter mitigare i rischi di greenwashing, che crescono con l’aumentare delle disclosure e dei sustainability claims degli stessi prodotti finanziari". Per Lonero "nel caso di utilizzo di prodotti di terzi, il nostro processo di valutazione sia sull’asset manager sia, con maggior granularità, su singole strategie avviene attuando un modello proprietario di valutazione quali-quantitativa, sviluppato tra team Multi Manager e team ESG, che è volto a valutare la solidità dell’approccio utilizzato e ad identificare anche eventuali punti di debolezza. Partendo da una valutazione della governance complessiva degli aspetti ESG, delle policies ESG del gestore passiamo poi a valutare la effettiva integrazione dei fattori ESG nel processo di investimento dei prodotti e si ricerca la robustezza e la coerenza tra quanto viene comunicato e quanto è effettivamente attuato, sia nelle dichiarazioni e disclosure fatte a livello di entity, sia in quelle fatte a livelli di prodotto. Nei casi di possibili segnali di non coerenza, vengono effettuati approfondimenti anche attraverso un dialogo attivo con la casa interessata. E nei casi di segnali più concreti e persistenti di disallineamento le strategie vengono messe under review e si può arrivare alla esclusione delle stesse". Inoltre, "informazioni utili per l'analisi di coerenza tra dichiarazioni e situazioni effettive vengono messe a disposizione sia dai data provider che stanno ampliando le loro soluzioni in questa direzione, sia dagli asset manager terzi mediante la compilazione dello European ESG Template e la messa a disposizione della composizione aggiornata dei portafogli. Naturalmente si tratta di un processo in costante evoluzione che procederà di pari passo con la evoluzione della normativa e della rilevanza del rischio di greenwashing", conclude Lonero.
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Antonio Forte, international sales director Italy di Liontrust ricorda infine che "il greenwashing è un fenomeno che esiste da sempre, una pratica che riduce i costi per l’azienda che lo mette in pratica. Ma è eticamente discutibile. Per noi, ad esempio, sono 23 anni che il team sostenibile non investe in titoli energetici, anche quando sarebbe stato attraente farlo per migliorare le performance. Ci sono vari modi per identificare il greenwashing. Uno dei più immediati è l’analisi dei titoli in portafoglio. Ad esempio, se troviamo un titolo di un’azienda produttrice di combustibili fossili in un fondo registrato come 9 SFDR, potrebbero sorgere dubbi sulla sua conformità alle normative ESMA. Anche altre aziende del settore energetico, materiale e industriale possono essere indicativi". Secondo Forte "è importante aggiunger anche che non esiste una società completamente sostenibile; è dunque fondamentale che un gestore attivo calcoli il contributo netto alla sostenibilità con una definizione discrezionale. Altri elementi da considerare includono il numero di membri del team: un team con meno di cinque persone difficilmente può svolgere tutto il lavoro richiesto. La qualità e quantità di engagement sono fondamentali. L'integrazione della sostenibilità nell'analisi economica deve essere fatta dalla stessa persona".
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