Secondo un sondaggio di Candriam più del 60% delle SGR che offrono prodotti di stampo SRI credono nel valore aggiunto di questa tipologia di investimento.
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Investire nei prodotti SRI è diventato ormai un trending topic nell’industria del risparmio gestito. È anche vero, però, che quest’ultima si sta sviluppando velocemente offrendo nuove opzioni agli investitori e non sempre è facile scegliere quella più adeguata. Candriam, che ha appena compiuto 20 anni di esperienza nel settore, ha condotto uno studio tra le società di gestione di otto Paesi europei da cui è emerso che “l’investimento socialmente responsabile in Europa è in un momento cruciale”.
Secondo lo studio, più del 60% delle SGR che offrono prodotti SRI credono nel valore aggiunto di questo tipologia di investimento e più del 70% prevede l’aumento di questi fondi nei prossimi dieci anni. Allo stesso tempo, Candriam rileva che “la distribuzione dei fondi in questione è ancora limitata a causa della poca domanda da parte dei clienti, della scarsità dell’offerta e dell’esiguo livello di informazione disponibile”. La società crede che questa tendenza cambierà: “Nei prossimi cinque anni, gli analisti prevedono un incremento significativo dei prodotti SRI e della domanda da parte dei clienti grazie a una maggiore trasparenza sui processi di investimento e all’aumento dell’informazione disponibile”.
“Il mondo è in piena evoluzione: i cambiamenti climatici, le variazioni demografiche, le innovazioni tecnologiche e l’aumento delle disuguaglianze sono solo alcune delle sfide con le quali dobbiamo confrontarci. Di fronte a esse, gli attori economici svolgono un ruolo fondamentale per assicurare lo sviluppo di un’economia sostenibile e responsabile”, osserva Naïm Abou-Jaoudé, CEO della società. Si dice, inoltre, convinto che investire in prodotti di tipo SRI “è il miglior modo per agire sul comportamento delle aziende e aiutarle a generare un migliore impatto ecologico e sociale”.
Come selezionare una strategia ESG
Da Robeco, il gestore Willem Schramade si dice scettico rispetto all’integrazione di strategie ESG (environmental, social and governance) nei portafogli degli investitori. “Può essere una scelta difficile perché il marketing spesso è più forte dell’esecuzione. Le classificazioni e i rating mostrano solo una faccia della medaglia e la confusione rispetto ai concetti rende il tutto più complesso”, sostiene l’esperto. Per questo, Schramade propone di applicare un sistema di quattro domande chiave per selezionare adeguatamente i prodotti socialmente responsabili.
La prima riguarda la motivazione che spinge a implementare una strategia ESG nel proprio portafoglio. “In mancanza di una risposta diretta, bisogna capire se questa motivazione dipende dalla volontà di migliorare il processo decisionale, la valutazione del rischio, la prospettiva degli asset posseduti, l’assunzione di responsabilità o semplicemente dall’intenzione di assecondare i clienti”, specifica l’esperto.
Il secondo passo riguarda l’approccio: bisogna capire in quale fase del processo di investimento è più importante integrare i fattori ESG, che funzione svolge l’analisi ESG e se l’approccio si basa solo sul rischio o ricerca anche un andamento favorevole potenziale. Per quanto concerne la società di gestione, bisogna prestare attenzione a come realizzare l’integrazione ESG nella gamma dei prodotti: qual è il filo conduttore, che asset class considerare e se c’è un adattamento alle diverse necessità di investimento.
La terza questione che analizza è l’effetto del processo decisionale sul portafoglio. L’esperto raccomanda di chiedere in che modo influisce l’analisi ESG sull’opinione degli analisti rispetto all’attrattività di un’industria, le loro aspettative sulle valutazioni e raccomandazioni, se apportano modifiche nelle valutazioni in base all’analisi ESG e in che modo lo fanno. Considera importante anche sapere il grado di coinvolgimento del gestore nei confronti dei suoi investimenti e in base a quali criteri lo esprime.
L’ultima questione riguarda l’esperienza nell’integrazione di fattori ESG nel portafoglio. L’esperto ritiene che questo sia il fattore determinante per distinguere un’autentica strategia ESG da un prodotto di marketing. Gli investitori devono chiedere ai gestori quanto tempo hanno impiegato per realizzare l’integrazione, che incentivi hanno ricevuto, quali ostacoli hanno affrontato e che ruolo ha avuto il team di gestione nella fase di implementazione. Consiglia anche di soffermarsi su quali tematiche ESG emergono con più frequenza nell’analisi e di fornire esempi concreti di rischi o opportunità ESG che si sono realizzati più velocemente del previsto.
SRI applicata alle nuove generazioni
Secondo un recente sondaggio condotto da BlackRock, il 67% dei millennial affermano che il loro modo di investire riflette i propri valori sociali e la protezione dell’ambiente. Se si tratta di donne, la cifra raggiunge il 76%. “Investire nelle tue convinzioni è una grande idea. Quello che non è molto saggio è ignorare il risparmio pensionistico e questo, sfortunatamente, è un atteggiamento abbastanza diffuso tra i millennial”, afferma Anne Ackerley, head of BlackRock U.S. e Canada Defined Contribution Group. Secondo il sondaggio, solo il 36% dei millennial monitora i propri risparmi per la pensione e un 38% di loro li aumenta quando può.
La buona notizia secondo l’esperta è il fatto che stanno nascendo opzioni che permettono di scegliere strategie di investimento sostenibile, applicabili al risparmio per la pensione. “L’approccio di investimento sostenibile non è una novità. I fondi di pensione e gli endowments hanno usato strategie simili per decadi. La novità sta nel fatto che le strategie sostenibili stanno diventando sempre meno care e più disponibili che mai”, chiarisce. Ackerley indica che la crescita annuale di questo tipo di strategie è aumentata a un ritmo del 33% annuo in America del Nord negli ultimi anni. Il suo consiglio è che l’investimento in strategie di stampo SRI sia complementario al risparmio pensionistico.