Nella terza parte della tavola rotonda organizzata da Funds People sulle strategie quantitative Alessandro Beber (BlackRock), Matteo Campi (Arca Fondi SGR), Teodor Naoumov (Pramerica SGR) e Filippo Stefanini (Eurizon) si confrontano sul corretto approccio ad una modalità di allocazione dalle grandi potenzialità ma che presenta anche alcune criticità.
L’idea di fondo dello studio e dell’analisi di grandi quantità di dati, grazie alle nuove tecniche rese possibili dall’evoluzione informatica, consiste nel tentativo di prevedere in modo scientifico gli andamenti economici fondamentali. “Introdurre”, spiega Alessandro Beber, membro del Global Equity Research team - Systematic Active Equity business di BlackRock, “un cambiamento nella catena degli eventi per individuare i segnali che possono contrassegnare l’andamento di fattori in grado di muovere i titoli azionari come ad esempio vendite e utili”.
“Ma quanti sono”, si chiede Teodor Naoumov, Responsabile del Team Quantitative di Pramerica SGR, “i veicoli disponibili che fanno utilizzo di Big Data in modo veramente sistematico e possono vantare sia un solido e comprensibile processo scientifico che un life track tale da renderlie investibili?”
Criticità e loro soluzione
Overfitting, data mining, adattamento sono le tre problematiche fondamentali individuate dai partecipanti alla tavola rotonda organizzata da Funds People sul tema dell’investimento quantitativo con particolare attenzione all’ambito Big Data. La prima si riferisce al fenomeno statistico per cui un modello si adatta ai dati solo in forza della loro quantità. In sostanza, non è l’accuratezza del modello ad essere premiata dal test ma la sua genericità che riferita ad un numero molto grade di casi lo fa apparire vero. Per data mining si intende invece la restrizione dell’ambiente di test con ricerca di quei casi che confermano il modello, dando vita ad un procedimento che mette in crisi profondamente la scientificità del risultato. La terza criticità fa invece riferimento alla non stazionarietà dei dati economici, quelli cioè rilevanti in un’ottica di investimento. Non è detto che un modello funzioni nel futuro solo perché si è dimostrato vincente in passato, dal momento che mutate condizioni macroeconomiche o movimenti idiosincratici dei mercati potrebbero metterne in crisi la validità. Come proteggersi dunque e come individuare le migliori strategie tra quelle oggi disponibili?
“Quattro aspetti sono importanti nella selezione delle strategie quantitative”, afferma Matteo Campi, responsabile dell’Ufficio Investimenti Multimanager e Alternative di Arca Fondi SGR. “Il primo è il processo di ricerca, in particolare valutiamo quanto data mining e overfitting ci sia nell’analisi che ci viene presentata a prescindere dai risultati di back test. È molto rilevante inoltre la capacità di execution e che il prodotto sia di una dimensione adeguata per la strategia in esame. In terzo luogo valutiamo l’infrastruttura informatica e come punto conclusivo il risk management. Un eccessivo uso di leva o un approccio al risk management che non ci soddisfa rende non investibile anche la migliore strategia”, spiega spiega il responsabile dell’Ufficio Investimenti Multimanager e Alternative di Arca Fondi SGR. Particolarmente concorde sulla necessità che i produttori di strumenti di investimento in ambiti innovativi si allineino con le esigenze del mercato Filippo Stefanini, head of Multimanager Investments & Unit Linked di Eurizon Capital SGR. “È fondamentale”, sottolinea, “sviluppare strategie che abbiano senso per l’investitore finale”. “Nel mondo hedge”, aggiunge Stefanini, “ci sono ad esempio strategie market neutral che sembrano interessanti e che però utilizzano una leva finanziaria non compatibile con un’amplia platea di investitori”. “L’aspetto di selezione”, prosegue, “deve essere molto concentrato nel trovare prodotti che utilizzino i segnali in modo quanto più possibile sicuro per l’investitore finale”. “Si tratta nel complesso”, fa notare Naoumov, “di un ambito di investimento ancora sperimentale, dove non sono molte le realtà in grado di soddisfare tutte le necessità dei fund selector che devono inoltre essere messi in condizione di comprendere nel modo più completo possibile i dettagli delle strategie, anche delle più innovative”. “È proprio per la consapevolezza di queste criticità”, specifica sul punto Beber, “che all’interno del Systematic Active Equity business di BlackRock poniamo massima attenzione tanto alla scientificità del processo di ricerca quanto alla costruzione del prodotto sia da un punto di vista di risk management che di composizione dei costi”. “Per ottenere un risultato finale che possa davvero fare la differenza per l’investitore”, afferma inoltre, “è infatti fondamentale la collaborazione fra il nostro team di ricerca e i team di analisi economica fondamentale, risk management e struttura di trading interni a BlackRock.”