Investire in Cina? Serve un approccio selettivo

Il 2024 si prospetta come un anno di riscatto per l'azionario cinese, nonostante le sfide affrontate nell'anno precedente. Il 2023, spiega Antonio Ligori, responsabile asset allocation di Mediobanca SGR, “è stato un anno impegnativo soprattutto per l'equity cinese, anche in considerazione del fatto che altri mercati, in particolare quelli sviluppati, hanno registrato performance piuttosto positive”. Tuttavia, sottolinea l’esperto, in molti casi le crisi possono rappresentare “anche opportunità”. Pertanto, afferma, "considereremo questo punto come tale, soprattutto per il prossimo anno". Di conseguenza, Ligori prevede che "il peso delle azioni cinesi in portafoglio sarà superiore rispetto a quello del 2023", con il settore tecnologico che si profila come il più interessante per il prossimo futuro. Sul fronte dei criteri di selezione degli investimenti, Ligori pone l’accento sul ruolo crescente degli ESG nella selezione degli investimenti: “i criteri ESG diventeranno sempre più importanti”, afferma, “li stiamo considerando nel complesso dell'attività di gestione patrimoniale”.

Anche Carlo De Luca, head of asset management di Gamma Capital Markets, ritiene che l’azionario cinese rappresenti “un’opportunità d’acquisto”. De Luca cita, tra i vari punti di forza, “la valutazione molto bassa” dell’equity del Paese asiatico e la politica monetaria cinese accomodante. Per quanto riguarda i criteri di selezione utilizzati per i fondi azionari, De Luca solitamente predilige quelli con “una volatilità e un tempo di recupero minori”, perché preferisce “avere il controllo del rischio piuttosto che una performance maggiore. Quindi - sottolinea - a volte non è importante scegliere il fondo in base alla classifica della performance”.

Dal punto di vista del ruolo nei portafogli, quindi, sintetizza Massimo Ricatti, portfolio manager - multimanager division di BCC R&P, la Cina rappresenta “un’esposizione chiave nel mondo emergente, essendo il Paese più rappresentativo nell'indice di mercato”. Tuttavia Ricatti sottolinea una difficoltà venuta a galla negli ultimi anni, legata all’emergere di “sviluppi negativi in termini di questioni politiche e geopolitiche che hanno influenzato l'economia domestica”. In un’ottica di breve periodo l’esperto non si dichiara infatti eccessivamente positivo sull’azionario cinese in quanto ritiene che “il rischio di misure da parte del governo cinese possa minare la crescita di particolari segmenti del mercato”. Nel lungo periodo, invece, per il portfolio manager non c'è dubbio: la Cina e i mercati emergenti “hanno il potenziale per tornare a performare in linea con le aspettative degli investitori”.

Anche Roberto Bianchi, head of funds selector di Banor SIM, si mantiene cauto sull’azionario cinese e, più in generale, su tutto l’equity dei Paesi emergenti, alla luce dei venti contrari ancora presenti sul mercato. “Abbiamo un’esposizione davvero bassa ai mercati emergenti - dichiara l’esperto - e soprattutto dobbiamo dire che negli ultimi due anni non c'è stato alcun cambiamento nel portafoglio”. Bianchi ritiene che i principali cambiamenti si dovrebbero vedere a livello politico. Per quanto riguarda i criteri di selezione utilizzati per i fondi azionari cinesi, l’esperto dichiara che l’approccio è lo stesso per i mercati emergenti e per i Paesi in via di sviluppo. Innanzitutto, spiega, “cerchiamo di capire quantitativamente come funziona il fondo”. In seguito, prosegue Bianchi, si passa all’analisi qualitativa e infine si cerca “di confrontare esattamente il fondo con un indice, un benchmark o un ETF che si può trovare sul mercato”.

In ogni caso, a prescindere dai venti contrari di breve periodo, Matteo Campi, responsabile ufficio investimenti multimanager e alternative di Arca Fondi SGR, ritiene che strategicamente la Cina sia un elemento di fondamentale importanza per la diversificazione all’interno di un portafoglio globale. Come spiega l’esperto, “la Cina è un grande Paese con dinamiche interne non necessariamente legate all'economia globale e può rappresentare una fonte di diversificazione molto importante”. Campi pensa inoltre che “la storia dei consumi nei mercati emergenti, in particolare per Pechino, non sia finita. Quindi se i gestori riescono a trovare le aziende giuste, ci sono molte opportunità di investimento”.

Considerando le sfide che la Cina deve ancora affrontare nel breve periodo, Yi Du, senior investment manager di Pictet AM, invita gli investitori a essere selettivi. L’esperto ha una visione positiva sull’azionario cinese, e ritiene che per questo decennio il comparto più promettente per guidare la crescita delle aziende sarà quello ambientale.  “Abbiamo identificato cinque aree molto interessanti su cui concentrarci, che sono completamente diverse dalle opportunità di investimento in Cina negli ultimi due decenni”, prosegue Yi Du, che identifica tali segmenti nelle  energie rinnovabili, nel trasporto verde (veicoli elettrici e anche ferrovie ad alta velocità), nella decarbonizzazione industriale, nell’efficienza delle risorse (in cui si osservano le opportunità offerte dall'efficienza degli edifici) e nel controllo dell'inquinamento. Parlando in generale dell’azionario cinese, il senior investment manager spiega che l’economia cinese in futuro “non sarà più trainata dal mercato immobiliare. Al contrario, Pechino dovrebbe continuare a migliorare le proprie capacità industriali e manifatturiere, e per farlo, è necessario che il mercato dei capitali faccia dei progressi”. Per questo motivo, conclude Yi Du, il governo cinese “ha lanciato diverse politiche di stimolo”, rendendo il mercato azionario più accessibile e regolamentato.