È necessario definire dei denominatori comuni per la valutazione degli ISR, in modo da poter selezionare le società migliori nel mercato. È stato questo uno dei temi trattati al Forum per la Finanza Sostenibile.
In occasione dell’evento del Forum per la Finanza Sostenibile sulla ‘Rendicontazione dei rischi climatici, aziende e investitori a confronto’, si è dibattuto sullo stato dei lavori degli ISR. Tra i vari temi trattati, è stato approfondito il punto di vista dell’investitore e quali sono ancora le difficoltà e le sfide del settore.
Secondo Maurizio Agazzi, direttore generale di Fondo Cometa, “In Italia, il grande assente della campagna elettorale dei partiti sono stati proprio questi temi”. La politica dovrebbe essere il motore che promuove e favorisce gli investimenti responsabili. Questo ci porta ad interrogarci su quali siano i leader: “Non può essere la finanza, dal momento in cui non è più il patrimonio dei pochi e nemmeno le imprese. In assenza di un apparato politico, i leader diventano i cittadini e gli azionisti diretti e indiretti. Sono loro che possono veicolare le scelte di noi investitori istituzionali”.
Sono diversi anni ormai che i cambiamenti climatici non sono più visti come un ostacolo, ma come un’opportunità. L’emergenza climatica è un’occasione per sviluppare le sinergie ed esperienze attraverso lo strumento dei fondi negoziali. “Per fare questo però è necessario un denominatore comune: bisogna creare dei criteri oggettivi di valutazione in modo da ricercare il valore aggiunto e che non creino dei misunderstanding”, spiega Agazzi. “Durante il processo dell’analisi di una società, l’analista deve informarsi sulla strategia della società nel lungo periodo, per esempio l’impegno sulla riduzione delle emissioni di CO2”. Tutto risiede nei criteri di governance della società, in quanto se questi non sono adeguati anche i criteri sociale e ambientale vengono meno.
L’analisi delle ISR ha una grossa porzione di valutazione qualitativa. Secondo Isabel Reuss, senior portfolio manager investimenti azionari europei SRI e membro del team conviction strategy di Allianz Global Investors, “non esistono ancora degli strumenti di analisi quantitativi comuni, anche se stiamo andando nella direzione giusta. Diventa un lavoro molto difficile studiare ogni singolo settore, a meno che non si prenda sotto osservazione un campione molto limitato. Noi come investitori possiamo agire su azioni quotate, ma ci serve un aiuto maggiore da parte della sfera pubblica per facilitare una maggiore trasparenza sui bilanci”. Lo strumento che rimane nelle mani degli investitori professionali è l’engagement: “Chiediamo quali sono le strategie ricercate e in che modo si intende raggiungere i target ambientali prefissati. Cerchiamo di capire qual è il livello più alto di responsabilità dell’azienda e quali sono le nuove tecnologie”, spiega Reuss.
Secondo Lorenzo Randazzo, institutional sales manager presso AXA Investment Managers, “Tra tutti gli strumenti che sono nelle mani della finanza per favorire una più rapida transizione energetica verso un’economia sostenibile, sono i green bond gli strumenti che servono a finanziare progetti con impatti positivi sull’ambiente”. Nei portafogli di AXA IM ci sono circa 2 miliardi di euro investiti sui green bond e il gruppo ha un impegno di raggiungere i 12 miliardi entro il 2020.
“Bisogna fare i conti delle difficoltà. Al momento un elemento che manca sono i benchmark di riferimento per poter capire se un investimento è migliore di un altro”, commenta Lucia Silva, group head of sustainability and social responsibility di Generali. “In Europa si è fatto molto in tema ISR, ma ci sono molti Stati che non sono allineati e viene richiesto a enti privati di prendere queste decisioni, sebbene sia l’Unione Europea che l’ONU non siano riuscite a far chiarezza sul tema. Dobbiamo cercare il modo di andare tutti nella stessa direzione", conclude Silva.