Israele, un mercato dal gran appeal

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Dennis Jarvis, Flickr, Creative Commons

Da poco più di un anno gli asset manager hanno un nuovo mercato in cui distribuire i propri fondi. Infatti da settembre dell'anno scorso Israele ha aperto le sue porte ai fondi stranieri (UCITS e US 1940 Act). “Sebbene il mercato israeliano sembri muoversi ancora in sordina, il suo appeal è grande”, spiegano Luca Bruni (Initio S.A.) e Namir Yeroham (Fundsquare). Nonostante i ritardi e i freni iniziali, il mercato israeliano rimane solido e con tutti gli indici in crescitaI criteri per l’ingresso di società straniere sono molto stringenti e gli alti costi di registrazione dei fondi rappresentano un’elevata barriera all’entrata. “Israele non si posiziona come un mercato aperto a tutti i gestori, ma solo a quelli di una certa dimensione, con un business stabile e consolidato da oramai diversi anni, che intendono sviluppare una strategia di medio/lungo termine  e possono quindi sostenere i costi - comunque significativi rispetto ai parametri europei a cui siamo normalmente abituati - per la registrazione e l’ingresso”. 

Per gli esperti “nonostante sia un’economia in linea con i Paesi OCSE, un titolo di stato locale, ad un anno, rende attualmente lo 0,1%, con i tassi previsti a breve in salita, decisamente sopra gli attuali tassi della Banca Centrale Europea , Americana o Giapponese vicini allo zero. È normale, quindi, che gli israeliani siano alla ricerca di attività con rendimenti ben più elevati rispetto alla media europea, il che li spinge a cercare rendimenti su classi azionarie o direttamente alternative, come commodity (diamanti, petrolio, oro),  il Real Estate o fondi hedge. Le SGR locali vendono le loro expertise, ovvero il mercato locale (bond ed equity), quindi lo spazio per operatori esteri è estremamente ampio, soprattutto in un’ottica di diversificazione del patrimonio previsto dai principali operatori istituzionali". 

Per Simone Rosti, head of Passive & ETF specialist sales Europe di UBS AM, “gli investitori istituzionali israeliani sono estremamente preparati e attenti alle nuove dinamiche e ai trend di mercato. Gli ETF e i prodotti passivi sono stati sempre presenti nei loro portafogli ma negli ultimi 18/24 mesi questo trend ha accelerato e sta crescendo la componente di strumenti indicizzati all'interno delle loro allocazioni. Sia in termini di prodotti tradizionali, quali esposizioni core equities su indici cap weighted, che per quanto riguarda strategie quali smart beta e multifactor. Infine, l'attenzione ai criteri di selezione dei prodotti passivi è estremamente elevata e fa leva principalmente sulla qualità del tracking, i costi, la struttura del prodotto e i volumi sul mercato”.

“Noi riscontriamo un interesse sempre maggiore nei confronti dei fondi esteri e in particolare di prodotti indicizzati e passivi. Notiamo un interesse verso i fondi UCITS non presente prima sul mercato, quando infatti gli ETF venivano principalmente acquistati sulla borsa a stelle e strisce. Sulla parte di book proprietario (definito localmente Nostro Porftfolio) l'utilizzo dei fondi ed ETF è limitato ma ciò deriva dalla regolamentazione (assorbimento di capitale) più che da scelte strategiche”, conclude il manager.