Secondo uno studio di Morgan Stanley e Oliver Wyman, “una situazione esacerbata dai tassi negativi da una parte aiuta i fondi indicizzati come gli ETF e dall’altra spinge il collocamento di comparti con periodi di sottoscrizione minimi”.
Gli asset manager dovranno adattare processi e strategie di prodotto per imparare a vivere in un mondo caratterizzato da una liquidità più scarsa e più costosa anche a seguito di una regolamentazione più stringente, dopo la crisi del 2008. Dallo studio elaborato da Morgan Stanley e dalla società di consulenza Oliver Wyman, emerge che attualmente la pressione sui costi per reagire a questo nuovo scenario sia di circa il 3%. “Il Qe e gli esperimenti di tassi negativi stanno inasprendo gli effetti della presenza di una liquidità più bassa sui mercati”, si legge nel report. E “temiamo che le banche centrali abbiano sottostimato gli effetti dei tassi ultra bassi e sotto lo zero sulla liquidità dei mercati obbligazionari. Una situazione esacerbata dai tassi negativi da una parte aiuta i fondi indicizzati come gli ETF e dall’altra spinge il collocamento di comparti con periodi di sottoscrizione minimi”.
A creare problemi ai gestori dei fondi obbligazionari è la minore attività delle banche nel mercato dei bond tanto che alcuni gestori fanno notare che l’ammontare totale dei corporate bond detenuti dalle investment bank è ai minimi storici e c'è quindi preoccupazione che questo minor potenziale di acquisto da parte delle banche faccia venir meno il loro ruolo di ammortizzatori di shock nel mercato. Le due società hanno svolto un’analisi sulle sfide che politiche monetarie ultra espansive delle banche centrali, tassi ai minimi, aumento della regolamentazione stanno ponendo alle società di gestione a livello internazionale.
Cosa è emerso ancora?
Che la situazione non è destinata a migliorare perché le nuove regole allo studio non porteranno a cambi significativi. Di qui le stime di un calo dei ricavi per il settore globale dell'asset management dopo il boom degli ultimi anni. “Dopo un +45% di crescita dei ricavi dal 2008, sulla scia di un aumento delle masse del 55% circa da 50 mila a 80 mila miliardi di dollari, prevediamo che nel 2016 scenderanno con scarse prospettive di crescita fino al 2018”, spiegano Morgan Stanley e Oliver Wyman. Concludono: “stimiamo che un maggior focus sulla gestione del rischio ridurrà del 5% i profitti dei prossimi due/tre anni. E questa riduzione potrebbe raddoppiare, sia come risultato della pressione sui margini, soprattutto per i gestori attivi tradizionali, sia per via di uno spostamento verso investimenti indicizzati nelle asset class liquide”. La pressione sui margini “sarà maggiore sulle società di gestione tradizionali di media taglia. Oggi sono più avvantaggiati i grandi gruppi che hanno economie di scala e gli operatori alternativi che possono creare nuove strutture di prodotto per affrontare un mondo a liquidità ridotta”, conclude lo studio.