Gli strumenti passivi influenzano la volatilità di sistema?

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Chad Rakvin, Global head of Index Funds di Legal & General IM

Gli ingenti afflussi nei fondi passivi, hanno alimentato le preoccupazioni sul ruolo che questi strumenti potrebbero svolgere durante la prossima recessione economica. I dati a disposizione accrescono i timori per i possibili effetti sulla volatilità, la crescita dei volumi sia infragiornalieri sia in chiusura di mercato, una maggiore ownership da parte dei gestori passivi e flussi irregolari durante i periodi di stress.

“La volatilità del mercato, in realtà, aumenta e diminuisce, a seconda delle fasi, in modo apparentemente decorrelato rispetto all'accresciuta popolarità degli investimenti passivi. Alcuni ricercatori sostengono che l’aumento degli asset gestiti passivamente porti a una maggiore correlazione con il mercato azionario e quindi in generale a un incremento della volatilità”, spiega Chad Rakvin, global head of Index Funds di Legal & General IM.

I dati di Bank of America Merril Lynch suggeriscono che i prodotti passivi non hanno alcuna influenza su questa correlazione e quindi sulla volatilità; piuttosto, poiché gli investitori durante i periodi di volatilità sono più concentrati su marco trend che sulla selezione di singoli titoli, i prodotti passivi sono preferiti perché permettono di evitare l’allocazione su un singolo prodotto. Gli stessi dati inoltre suggeriscono che una maggiore ownership passiva non abbia impatti sensibili sulla volatilità infragiornaliera per i titoli large cap e, infatti, diminuisce la volatilità infragiornaliera dei titoli small cap.

Gli esperti si dicono preoccupati dalle allocazioni passive per via del forte aumento dei volumi alla chiusura del mercato e il timore che l’unicità del trading degli ETF possa portare a un massiccio sell off di mercato. “Innanzitutto, c’è una diffusa percezione negativa rispetto all’aumento dei volumi giornalieri in chiusura, dinamica che si attribuisce all’aumento degli investimenti passivi. Sorprendentemente, lo shift dei volumi all’asta non sembra guidato dai fondi indicizzati”, spiega Rakvin.

I dati mostrano che l’ownership passiva corrisponde a circa il 10% del volume market-on-close (MOC) per i titoli large cap. “Osservando i trend storici notiamo che lo shift verso il volume d’asta compare durante le crisi poiché i trader preferiscono concludere gli ordini prima della fine della giornata di negoziazioni per evitare il rischio dell'overnight”, fa notare il gestore. “In secondo luogo, la struttura unica degli ETF permette agli investitori di negoziare i portafogli indicizzati su base infragiornaliera. Quindi, l’acquisto e la vendita di quote di ETF dovrebbe comportare l’acquisto e la vendita dei titoli sottostanti. I fondi passivi rappresentano in totale solo il 17% del volume giornaliero di mercato”.

I gestori passivi hanno ottenuto un controllo significativo del mercato che ha creato preoccupazioni sul tema della ownership. Se questi trend proseguiranno, i gestori passivi potrebbero presto detenere la maggioranza dei voti delle grandi aziende. “La preoccupazione è che questi gestori saranno meno incentivati a far valere i loro diritti di voto, perché la singola azienda ha un influsso piuttosto relativo sui risultati complessivi di un indice”, spiega. "LGIM(A) si distingue in quanto mantiene il suo valore come azionista di rilievo e attivo. Utilizziamo la nostra posizione per stimolare e promuovere le best practice nelle società e nel mercato". 

“Gli investitori in fondi comuni indicizzati storicamente hanno avuto un effetto stabilizzante durante i episodi di stress. I dati riferiti alla crisi finanziaria globale del 2008 sostengono questa tesi poiché gran parte dei flussi durante il periodo si sono mossi verso fondi indicizzati ed ETF, non al di fuori di questi”. Secondo le stime di Bloomberg, oltre 205 miliardi di dollari americani sono stati investiti in fondi passivi. Sembra che la crisi finanziaria e il sell off azionario conseguente del 57% ci possano dare una buona idea di come chi investe in fondi passivi debba comportarsi quando i mercati crollano, ossia diventare compratori netti.