L'investimento ideale per gli italiani? Non proprio il fondo comune

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Pictures of money, Flickr, Creative Commons

Italiani, popolo di santi, poeti e navigatori. E anche di correntisti. Sondaggio su sondaggio, ricerca su ricerca, lo confermano tutti gli istituti e le società di analisi. Da ultimo, a chiusura della 94ª Giornata Mondiale del Risparmio, l’Acri ha presentato i risultati dell’indagine sugli Italiani e il Risparmio, che da diciotto anni realizza insieme a IpsosLa preferenza degli italiani per la liquidità resta sempre elevata e riguarda il 62% (in lieve calo rispetto al 67% del 2017), anche se aumenta chi desidera investire una parte minoritaria dei propri risparmi, che passa dal 22 al 26%.

Rispetto al 2017, la situazione presentata dall’indagine Ipsos è sostanzialmente costante: stabile la quota dei possessori di certificati di deposito e di obbligazioni (8%, come l’anno passato), di assicurazioni sulla vita/fondi pensione (25%, come nel 2017), di buoni postali (10%, come nel 2017), mentre calano lievemente i fondi d’investimento (12%, -1 punto percentuale rispetto al 2017) e diminuiscono i libretti di risparmio (18%, -5 punti) e il numero di correntisti (81%, -3 punti). Sembra che l’investimento ideale, per gli italiani, non esista più: il 30% ritiene che l’investimento ideale proprio non ci sia (in lieve calo, -3 punti rispetto al 2017), il 32% lo indica negli immobili (+1 punto sul 2017), il 31% indica gli investimenti finanziari reputati più sicuri (+2 punti rispetto al 2017). Ultimi, con il 7%, sono coloro che indicano come ideali gli strumenti finanziari più rischiosi (stabili rispetto all’anno passato), ossia fondi comuni d’investimento e azioni.

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La dinamica degli investimenti immobiliari segna comunque una crescita per il quarto anno di fila; siamo al 32% (nel 2014 era il 24%, nel 2015 il 29%, nel 2016 il 30%, nel 2017 il 31%, ma molto lontani dal 2006, quando la percentuale di coloro che vedevano nel mattone l’investimento ideale era il 70%). La crescita della tensione all’immobiliare si registra solo al Sud e nelle Isole (38%); nel Nord, e soprattutto tra chi ha accumulato risparmi nel 2018, la preferenza va alle forme d’investimento più sicure. Il risparmiatore italiano rimane attento alla (bassa) rischiosità del tipo d’investimento: il dato è in crescita rispetto all’anno scorso (dal 39% del 2017 al 43% di oggi) e torna quasi al livello del 2016 (era al 44%). Diminuisce invece la rilevanza della solidità del proponente (dal 30% del 2017 al 26% di oggi). In lieve crescita l’attenzione ad attività che aiutino lo sviluppo dell’Italia (il 20% nel 2018 contro il 17% nel 2016). Il risparmiatore italiano è preoccupato del sistema di tutele messo a difesa del suo risparmio: il 64% ritiene poco efficaci regole, leggi e controlli (era il 66% lo scorso anno), mentre il 36% li ritiene efficaci (erano il 34% nel 2017). Il 48% si aspetta che in futuro il risparmiatore sarà ancor meno tutelato, dato comunque in contrazione rispetto al 52% del 2017; gli ottimisti in fatto di tutela passano dal 19 al 24%, con un bel balzo di 5 punti percentuali; il 28% non si sbilancia: tutto resterà come ora, o non sa proprio che previsioni fare.

Quello che si delinea è il ritratto di un risparmiatore che rifugge il rischio, ma questo atteggiamento – pur tranquillizzandolo – non riesce a renderlo pienamente soddisfatto: il 13% è molto soddisfatto (+2 punti rispetto al 2017) di come gestisce i suoi risparmi, il 54% è abbastanza soddisfatto (come lo scorso anno), il 28% è poco o per nulla soddisfatto, il 5% non si esprime.